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 lunedì 9 settembre 2019

PATOLOGIE

Tumore al testicolo: Un solo ciclo di cure non fa perdere la fertilità

di Redazione


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Uno studio pubblicato dalla rivista “Annals of Oncology” regala speranza agli ammalati di tumore al testicolo. Sulla base dei risultati della ricerca guidata dall’oncologa svedese Kristina Weibring un solo ciclo di cure post operatorie non annulla la fertilità. Una notizia per i quasi tremila italiani che ogni anno sono colpiti da tumore al testicolo, tanto per le possibilità di guarigione come per la qualità della vita che li aspetta. Ne abbiamo parlato con il dottor Luciano Negri, andrologo del Fertility Center di Humanitas.

Effetti di uno o più cicli

Il fatto che la chemioterapia postoperatoria, se limitata a un ciclo, non impatti in maniera significativa sulla quantità degli spermatozoi prodotti dall’unica ghiandola rimasta, assume importanza perché del tumore in questione (il più diffuso al di sotto dei 40 anni) ci si ammala quasi sempre in giovane età. E questo significa dare a un uomo in cura la possibilità di pensare di avere figli, una volta completate le cure, in maniera naturale, senza l’obbligo di ricorrere al seme prelevato e conservato in un’apposita banca prima dell’inizio delle cure. Prima degli esiti di questo studio il parere della comunità scientifica sul singolo ciclo di cure non era unanime. Mentre è, infatti, opinione condivisa che più cicli di chemio o radioterapia, una volta asportato un testicolo, possano compromettere in modo irrimediabile la fertilità, non ci sono, al momento, conclusioni definitive per chi si è sottoposto a un unico ciclo di terapia, sia questa farmacologica o radiante. Il ciclo unico è un accorgimento adottato per quei pazienti con una malattia localizzata alla ghiandola e già asportata chirurgicamente per ridurre il rischio di un’eventuale recidiva. In questo modo, si riesce a ridurre l’impatto della terapia farmacologica, cercando nel contempo di minimizzare l’eventualità di una ripresa della malattia. Ciò che non era chiaro, finora, era quale impatto questa scelta potesse avere sulla fertilità del paziente.

Risultati rassicuranti

Ai pazienti, lo studio ha fornito indicazioni rassicuranti. “Indipendentemente dal trattamento somministrato, abbiamo verificato che la scelta di sottoporre o meno un paziente alla chemioterapia non determina ricadute sulla conta spermatica totale e la concentrazione degli spermatozoi” – ha dichiarato Weibring. Alla ricerca, hanno preso parte 182 uomini di età compresa fra i 18 e i 50 anni sottoposti ad asportazione chirurgica del testicolo e curati con la chemioterapia o con radioterapia e senza ulteriori trattamenti post-operatori. I ricercatori hanno prelevato il loro liquido seminale subito dopo l’intervento e, a seguire, sei mesi, uno, due, tre e cinque anni dopo. I risultati hanno dimostrato che la qualità dello sperma è rimasta nel tempo inalterata e questo indipendentemente dalla strategia terapeutica adottata. Serviranno ulteriori riscontri, perché si tratta in ogni caso di evidenze preliminari; evidenze che, per adesso, non scalfiscono quella che è la prassi nella pratica clinica: la conservazione del seme in una biobanca, cui ricorrere nel caso in cui il paziente non dovesse riuscire ad avere naturalmente un figlio con la propria compagna. (Humanitas)


 


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