Nel precedente articolo, abbiamo analizzato
l’aerografo in ogni sua parte, la sua storia ed il suo inventore. Oggi,
scopriamo l’impiego di questo strumento misterioso e a molti sconosciuto.
Per capire l’utilità dell’aerografo, nei
suoi campi di utilizzo, bisogna, prima di tutto, soffermarsi a pensare il
perché vada usato un attrezzo che spruzzi del colore, piuttosto, che un
pennello: questo ci potrà aiutare a comprendere, non solo lo strumento in sé,
ma, anche, l’artista.
Possiamo osservare, attraverso, alcuni
disegni rupestri lasciati dai nostri antenati, la volontà di rappresentare la
realtà in modo dettagliato: si tratta di disegni realizzati con una mistura di
acqua e colore soffiata attraverso un osso cavo, dunque, un aerografo a tutti
gli effetti, e ciò, perché, attraverso questa tecnica, si ottengono delle
sfumature migliori e si può – volendo – anche, usare il proprio corpo come
mascheratura, il palmo della mano, il piede, etc..
La ricerca della perfezione e del reale, ci
ha portato alla fotografia e, oggi, a sistemi fotografici e video di qualità
eccellenti (si pensi al full HD o a sistemi come il 3D); rimanendo in campo
artistico pittorico, l’aerografo resta, ancora oggi, uno strumento valido nelle
mani di un artista, con determinate doti, ovviamente!
Particolarmente,
adatta per eseguire lavori di alta precisione, l’aerografia trova vasti campi d’applicazione,
tra cui: l’illustrazione pubblicitaria; la pittura; l’esecuzione di
murales; la decorazione di auto e moto, ma, anche, di qualsiasi altra superficie,
opportunamente, preparata.
Lavorando nel campo dell’aerografia da
diversi anni, ho avuto modo di sperimentare molte tecniche arrivando alla
consapevolezza che aerografare
significa imparare a conoscere tecniche pittoriche, che vanno oltre l’uso specifico
dell’aerografo – come ad esempio: lo stencil – e applicarsi nello studio della
preparazione dei materiali.
Oggi l’aerografia, in Italia, coinvolge un
grosso numero di artisti, operanti su tutto il territorio, ed è facile trovare
su internet (ma, spesso, anche per le strade nelle città) notizie e
informazioni di fiere dedicate, eventi a tema, o corsi di formazione.
Situazione diversa era, fino a qualche
tempo fa, quando, parlando di aerografia si rischiava di essere scambiati per
alieni, tanto che i pionieri di questa tecnica artistica hanno dovuto far
fronte a molti problemi e difficoltà nell’affermarsi, ostacoli che, però, li
hanno portati ad avere, oggi, un nome ed una qualità di un certo livello.
Di chi parlo? Sinceramente, non mi sento in
grado di parlarne, personalmente, e nominarne solo alcuni, rischiando, anche,
di dimenticarne altri, ma ho l’onore d’intervistare un artista che ha ispirato
tanti giovani nel campo dell’aerografia (in primis il sottoscritto): parlo di
Giorgio Guazzi, che, con la sua bravura ed esperienza, ci regala un intervento
prezioso.
Salve Giorgio, dopo una presentazione da
pioniere dell’aerografia in Italia, e non esagero se dico nel mondo, visti i
risultati, tu come definiresti la tua carriera artistica?
“La
mia carriera professionale è stata caratterizzata da una prevalente attività
artigianale, più che artistica (bisogna, sempre, distinguere le tecniche dai
valori espressi). Premesso ciò, devo precisare che lavorando per una
committenza, spesso, non preparata, raramente, questi individuavano anche la parte
creativa/artistica, perché, il loro scopo era, prevalentemente, quello di
promuovere i loro prodotti o i servizi che fornivano. Definire
una carriera è impresa ardua, e... detta alla Manzoni, lascio ai posteri la
sentenza! Devo però esprimere la soddisfazione di aver ottenuto risultati
gratificanti, anche se, tardivamente, che sono stati il frutto di sacrifici in
50 anni di lavoro. La
notorietà nell’aerografia è, anche, dovuta alle pubblicazioni su riviste
internazionali e nazionali, a internet, facebook e manifestazioni alle quali ho
partecipato, fin dagli anni ‘80. Concludo
con la seguente definizione: una carriera faticosa e tutto sommato
gratificante, ma che, per me, non è ancora terminata”.
Cosa ti ha spinto a fare dell’aerografia e
dell’arte, in generale, la passione della tua vita?
“L’aerografia
è una tecnica che ho appreso, gradatamente, che, unita ad altre, mi ha permesso
di esprimere con passione, ciò che sentivo. Un
inizio al buio, perché, tutti sappiamo che, 50 anni fa, non c’erano riferimenti
a cui attingere, quindi, per molti è stata una lunga salita, dove, forse, il
termine più appropriato è quello di ‘NAIF’”.
Credo sia inutile parlare di tecnica, in
quanto, non avremmo il tempo per approfondire bene l’argomento, ma voglio farti
una domanda più ‘intima’ che ti pongo come artista: “cosa provi nel dipingere
un lavoro personale?”.
“Ciò
che provo nel dipingere è di difficile spiegazione, però, c’è il desiderio
intimo di vincere la sfida e di goderne i frutti. Penso
sia una condizione comune”.
Come scegli il soggetto?
“La
scelta dei soggetti è legata agli ‘umori’ quotidiani, o ad alcuni stimoli
scaturiti dalle cose o persone che ti circondano. Poi
ci sono i ricordi, che per me rappresentano la parte più importante”.
Ti è capitato di riscontrare delle
differenze tra ciò che avresti voluto esprimere e ciò che, in realtà, gli altri
vedono nei tuoi lavori?
“Ciò
che esprimiamo è molto soggettivo ed è naturale riscontrare, nel prossimo,
reazioni diverse da quelle attese. Però,
se faccio dell’iperrealismo, difficilmente, ciò avviene, perché, prevale la
tecnica e il significato passa in terz’ordine”.
C’è qualcosa che vuoi dire e consigliare a
chi si affaccia, oggi, nel campo dell’aerografia?
“A
chi si affaccia in questo mondo per me fantastico, dico che.. LA FRETTA È
NEMICA DELLA QUALITÀ. Qualsiasi
forma d’arte, indipendentemente, dalle tecniche, ha un inizio, ma non se ne
conosce la fine!”.