IL TACCUINO DI NUCCIO FAVA
Elezioni europee: Una disfatta, un trionfo e un risveglio
di Nuccio Fava
Si è votato per l’Europa, ma mai come
stavolta si è guardato a Bruxelles per cogliere e verificare riflessi e
sviluppi politici possibili nelle rispettive situazioni nazionali. Noi italiani
non siamo rimasti certo delusi. Non perché il voto ci piaccia, ma perché chiaro
è il suo contenuto e altrettanto leggibili le conseguenze che dannosamente
potrebbero derivarne al Paese e all’Europa. Dopo gli scontri e gli insulti che
si sono scambiati reciprocamente ad urne aperte, è scoppiata una pax
sorprendente che contiene molta ipocrisia ed esprime al massimo un matrimonio
di interesse nel quale ciascuno intende rafforzare le sue pretese e il suo
ruolo, in ragione del peso profondamente mutato e della inesorabilità dei
numeri usciti dalle urne. Basterebbe del resto ricordare le dichiarazioni di
Salvini già subito dopo la chiusura dei seggi e quelle successive. Esprimono
sicurezza, compiacimento e orgoglio per i tanti voti che aveva avvertito quasi
fisicamente nel contatto con gli elettori durante l’ininterrotta campagna
elettorale che l’aveva portato spesso lontano dal Viminale. Giudizi di
giornalisti cattivi che non toccavano minimamente la convinzione salviniana di
avere, comunque, operato al meglio nell’interesse del Paese e di volere
proseguire con maggiore impegno sulla stessa strada dimostratasi vincente.
Di Maio è rimasto invece muto tutta
la notte mentre la situazione diveniva sempre più catastrofica. È apparso
innanzi alla tv solo in mattinata, sorridente e composto come al solito, ma con
dentro l’amaro evidente di un risultato abbondantemente peggiore di quanto
potesse temere. Una cosa singolare è che tutti e due i vicepresidenti hanno
insistito sul fatto che non sarebbe cambiato nulla e che il governo bicolore
avrebbe proseguito il suo lavoro e l’adempimento del contratto sulla base del
quale è nato il governo giallo verde. Insomma, uno sconvolgimento così
rilevante emerso dai risultati e dai mutamenti nei rapporti di forza non
avrebbe dovuto avere nessuna conseguenza: una sorta di mota quietare et quieta non
movere.
Diversa, invece, la valutazione degli
osservatori e delle altre forze che sottolineavano quasi unanimi che il governo
non avrebbe più considerato come presidente del Consiglio il professore Conte,
ma Matteo Salvini. Specie per il forte riflesso in Europa, dove il capo leghista
aspira, comunque, a rappresentare il riferimento dello schieramento sovranista
insieme alla Le Pen vincitrice di stretta misura sul presidente Macron con lo
stesso numero di europarlamentari. Sotto questo profilo, il timore del dilagare
dei sovranisti e di una loro possibile maggioranza è stata abbondantemente
scongiurata. Le consistenti perdite anche in Germania di democristiani e
socialdemocratici sono state compensate dalle affermazioni dei liberal
democratici e dei verdi. Questo voto europeo ha espresso una novità importante
in Italia da non sottovalutare. Il Pd ha superato di alcuni punti i
pentastellati e mostra di cominciare a reagire positivamente alla cura
Zingaretti. “È un punto di partenza molto
importante – dice il nuovo segretario –,
ma solo un punto di partenza.
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