STORIA PATRIA
Manoscritto del XVIII secolo di Gaetano La Corte Cailler
di Marisa Frasca Rustica
L’esigenza,
tutta messinese, di recuperare la storia della Città, ha trovato un valido
riscontro nell’interesse di eminenti studiosi di Storia Patria, che non hanno
trascurato, alcunché, nel tentativo di conoscere meglio la storia di Messina e
la sua connessione con gli avvenimenti dell’epoca. Gaetano La Corte Cailler,
essendo venuto a conoscenza della presenza di un manoscritto del XVIII secolo,
ad Alì superiore, si recò sul posto e, in effetti, ebbe modo di esaminare
questo documento redatto da fra Serafino d’Alì, stimato e dotto cappuccino, che
detenne la carica di guardiano e maestro dei Novizi in Catania ed in Alì, dove
era stato nominato visitatore di tutte le chiese e procuratore generale. Il
testo presentava incongruenze storiche, non sempre, però, lontane dalla verità
degli avvenimenti documentati, e la fama di attento studioso che circondava il
frate aveva indotto l’abate Vito Amico a richiedere a fra Serafino una
relazione sulla storia di Alì, da inserire nel suo Lexicon topograficum
Siculum. L’1 maggio del 1754, infatti, il cappuccino consegnò il richiesto. Fra
le altre notizie reali e leggendarie, intese a valorizzare il suo luogo di
nascita, il nostro si compiaceva sottolineare la pietas dei suoi concittadini
che avevano contribuito alla costruzione di numerose chiese alcune, ormai,
scomparse. Nel luogo indicato esiste, ancora, la chiesa dedicata a San Giovanni
Battista, dove è ben visibile un marmo producente la croce ad 8 punte dei
cavalieri gerosolimitani, reduci afflitti dalla loro ultima sede: Malta. Nel
capitolo X, paragrafo 54, egli, così, scrive: “È una chiesa sotto la gloriosa
insegna della nobilissima religione dei Cavalieri Gerosolimitani ‘adornata’ di
una croce di marmo sulla quale sono incise le parole: ‘fuit missum a Deo cui
nomen erat Joannes’”. Accenna, anche, ad un quadro pregevolissimo raffigurante
il battesimo di Gesù: il fiume Giordano offre le sue limpide acque al Battista,
affiancato da due Serafini che tengono in mano una tovaglia; puttini ed angeli
scendono dal cielo illuminati dalla sfolgorante luce emanata dal Cristo.
Purtroppo, l’opera è scomparsa, afferma il La Corte Cailler. Fra Serafino è
orgoglioso della presenza, in Alì, dei Cavalieri Gerosolimitani e del rapporto
improntato alla gratitudine e all’amicizia intercorsa fra i suoi concittadini e
gli ospiti, i quali, prima di lasciare il paese, lasciarono al convento dei
Cappuccini una preziosa campanella che, egli asserisce, sia appartenuta allo
stesso Battista. Tale affermazione fu, duramente, contestata, ma il cappuccino
giustifica tale presa di posizione degli altri, dando la giustificazione di una
forte invidia per possedere un tale prezioso oggetto. Gaetano La Corte Cailler
lascia ad altri la possibilità di nuove scoperte, ci auguriamo che questo possa
avverarsi. Per correttezza professionale desidero chiarire che la copia del
manoscritto, su accennato, mi è stata fornita diversi anni fa dal dott. Nino
Sarica, conosciuto studioso della storia di Messina.
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