Dopo, oltre, 50 anni la Sicilia rivive lo
“sciopero alla rovescia”.
Il 2 febbraio 1956, Danilo Dolci, triestino
d’origine, ma siciliano nel cuore, mostrava al mondo intero, con lo “sciopero
alla rovescia”, le facce più tristi della Sicilia.
La facce della disoccupazione, dell’incuria,
da parte dello Stato, della fame e della povertà, si erano “armate” di vanghe e
picconi per reclamare il sacrosanto diritto al lavoro, Diritto, nonché, Dovere,
espressamente, dichiarato nell’art. 4 della Costituzione della Repubblica
Italiana.
Centinaia di disoccupati si ritrovarono, di
buon mattino, a lavorare nella trazzera vecchia, strada comunale nei pressi di
Partinico, abbandonata all’incuria dell’amministrazione locale. Intervennero le
forze dell’ordine e arrestarono Danilo Dolci per occupazione del suolo pubblico
e resistenza a pubblico ufficiale.
La storia della Sicilia vivrà, ma pochi
siciliani lo ricordano. Intorno allo sciopero alla rovescia un fermento di
notevole peso culturale, politico e popolare ed il processo a Danilo Dolci sarà,
da egli stesso, definito “Processo all’art. 4”.
Gennaio 2012: la storia con il “Movimento
dei Forconi”, del gennaio 2012, e dei lavoratori Servirail di Messina, sembra
ripetersi.
Dopo, oltre, cinquant’anni vengono mostrate
le stesse facce che reclamano lo stesso Diritto.
Seppure le motivazioni siano diverse, ma
pur, sempre, legate al sopracitato Diritto, i luoghi e la voglia di farsi
sentire non cambiano.
Come un déjà vu i cartelli dei manifestanti
riportano gli stessi slogan, le interviste sono appassionate, sui volti dei
disperati gli occhi brillano, perché rispecchiano quella sana soddisfazione di
essere generatori di “movimento culturale”, anche, se autotrasportatori, gente
semplice.
La stessa gente semplice di Partinico del
1956: contadini, pescatori, Siciliani che analizzando il problema, in piena
consapevolezza, decidevano di ribellarsi con forme di protesta “nonviolenta”.
La storia si ripete: le facce della Sicilia
sono rimaste le stesse e la “cosa” pubblica.. non risponde.
L’unica risposta è quella dell’opinione
“facebookiana” (ahimè, non pubblica) che, affetta da “panico da scaffale
vuoto”, partecipa tra un “Mi piace” condiviso e un “Non mi piace”, per chi “ci
ha lasciato a piedi”.
Noi cittadini siciliani riusciremo a dare
un valore positivo a questo momento di fermento che, sembra certo, si
prolungherà ancora un po’.
Alla gente semplice basta partecipare,
silenziosamente, alla protesta, senza troppe lamentele, ma cogliendo
l’occasione per riscoprire il gusto di camminare a piedi e apprezzare
l’essenzialità del frigo vuoto.
Essenzialità che, nel 1956, si chiamava..
povertà.