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 martedì 13 dicembre 2016

RECENSIONE

In cammino verso noi stessi: sulla strada di Paulo Coelho

di Tiziana Santoro


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Il “Cammino di Santiago” non è una novità editoriale e Paulo Coelho non ha, certamente, bisogno di presentazioni, tuttavia, se c’è un libro che merita un posto nelle nostre vite, oltre che sui nostri scaffali, questo è proprio il capolavoro dello scrittore brasiliano. Il “Cammino di Santiago” è la guida che tutti i viaggiatori dovrebbero consultare prima di affrontare il viaggio della vita. L’equipaggiamento è presto pronto: “un cappello per ripararsi dal sole e dai cattivi pensieri, un mantello per preservarsi dalla pioggia e dalle cattive parole e il bastone per proteggersi dai nemici e dalle cattive azioni”. Non serve altro, il cammino della conoscenza è accessibile a tutti. Basta solo “rinascere di nuovo” e spogliarsi di ciò che appesantisce la nostra vita, per accorgersi che – se osserviamo il mondo da un’altra prospettiva – possiamo scorgere nuovi paesaggi. Il primo insegnamento da apprendere è che dobbiamo essere più generosi verso di noi e che la paura, la mancanza di tempo, la pace e la certezza, fanno da argine ai nostri sogni, perché sono pretesti attraverso cui “neghiamo lo straordinario” a noi stessi.

Il viaggiatore dovrà essere disposto a compiere “il buon combattimento”: a lottare per realizzare i suoi desideri. Il cammino sarà, allora, il pretesto per imparare a comunicare con il mondo attraverso un nuovo codice e stabilire un equilibrio tra la parte illuminata e quella oscura, che alberga dentro la natura umana. Gli unici linguaggi necessari per giungere alla meta sono quello del cuore e quello della mente. Solo, così, il viaggiatore riscoprirà: il cammino, la verità e la fede che dimorano nel suo animo. Attraversando se stesso, il viaggiatore imparerà a distinguere tra Eros, Philos e Agape. Quest’ultima, da sola, è la “manifestazione del grande amore”: incarna la forma dell’entusiasmo e quando si dirige verso un’idea, conduce alla vittoria finale. Dando significato alle nostre vite, Agape “scuote le stelle e muta il corso della storia”, vince la morte e spinge l’uomo a compiere grandi imprese. Il viaggiatore deve essere coraggioso, ma anche generoso: deve percepire l’importanza dei viandanti che incontra, giacché “tutti gli uomini sono un’immensa tela di cause ed effetti, dove ogni piccolo gesto dell’uno si riflette nella vita dell’altro”.

Spesso accade – durante il cammino – che come il corso dei fiumi, anche gli uomini cambino i loro ideali e desiderino mutare la loro posizione. Per fare in modo che Agape fiorisca, insiste lo scrittore, non bisogna avere paura di cambiare la nostra vita. Infatti, l’obiettivo e “la ricompensa”, benché bramati, non possono costituire una costante immutabile né il fine del cammino, ma piuttosto il pretesto per interrogarsi su cosa farne e su come impiegarli una volta ottenuti. La sola conquista possibile è “diventare maestri di se stessi” e “trasformare ciò che facciamo in ciò in cui crediamo”. La pratica mistica del viaggiatore è un’esperienza accessibile a chiunque: è come quando in sella ad una bicicletta si va (…), si cade e alla fine si trova l’equilibrio perfetto, così, avviene il miracolo: la bicicletta diventa “tu che vai”.

Il “Cammino di Santiago” è il cammino della vita: c’insegna sempre la maniera migliore per arrivare e ci arricchisce mentre lo percorriamo. Tuttavia, il cammino di Santiago è quello che, più di ogni altro, ci conduce verso noi stessi, verso la consapevolezza che “là dove sarà il nostro tesoro, si troverà il nostro cuore”. Basterà seguire qualche accorgimento: saper ascoltare il presente, comprendere che l’unico modo per prendere la decisione giusta è sapere quale sia quella sbagliata e non temere mai la sconfitta, poiché, scrive l’autore: “Colui che trebbia il grano, deve farlo nella speranza di ricevere la parte che gli è dovuta”. Sulle parole di Coelho viaggiate con fiducia “prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” convinti che “arriverete sempre al momento giusto nei luoghi in cui siete attesi”.


 


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