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 sabato 21 maggio 2016

RITO SPECIALE

Patteggiamento della Pena

di Olga Cancellieri


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L’applicazione della pena su richiesta della parti (patteggiamento) si caratterizza per il raggiungimento di un accordo tra l’imputato e il Pubblico Ministero circa l’entità della pena da irrogare. Si tratta di un rito speciale, perché si “salta” la fase del dibattimento, cioè quella prevista come la fase naturale per l’acquisizione delle prove e si decide prima, immediatamente dopo la chiusura indagine. Ovviamente il patteggiamento ha carattere premiale, infatti, l’imputato che rinuncia alla fase dibattimentale vera e propria, beneficia dello sconto di pena fino al limite di un terzo. L’art. 444 c.p.p. prevede che l’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione: 1) di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria diminuita fino ad un terzo; 2) di una pena detentiva che, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino ad un terzo, non superi i cinque anni. Il Codice prevede inoltre che l’imputato possa “subordinarne l’efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena”. Cioè sceglie di patteggiare solo a condizione che possa beneficiare della non applicazione materiale della pena, scegliendo, quindi, che l’applicazione della pena venga sospesa, messa in un certo senso tra parentesi, se l’imputato non commetterà altri reati entro cinque anni, della stessa o diversa natura, vedrà cancellata la pena sospesa, altrimenti alla nuova pena da scontare si aggiungerà quella sospesa, la cui sospensione, appunto, non varrà più.

Tuttavia, se il giudice ritiene che la sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetterà la richiesta. C’è un tempo preciso entro cui formulare la richiesta di patteggiamento che va dalla chiusura delle indagini preliminari e fino al momento della conclusione dell’udienza preliminare. Dopo, salvo ipotesi eccezionali, non sarà più possibile avanzare tale richiesta. Chiaramente l’ultima parola spetta al Giudice, che può accogliere o rigettare la richiesta, ma non ha alcun altro potere. Non ha facoltà, nello specifico di modificare o integrare l’accordo cui sono pervenute le parti, né decidere sulla base di atti diversi da quelli di indagine, già acquisititi al fascicolo del PM. Nel caso di rigetto l’imputato può comunque rinnovare la proposta di patteggiamento fino al momento in cui non sia dichiarato aperto il dibattimento. I motivi del rigetto del giudice possono essere diversi, può ritenere non congrua la pena patteggiata, o che il reato superi le condizioni di ammissibilità del patteggiamento.

Infatti, per addivenire ad una pronuncia di accoglimento il giudice deve verificare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalla parti, la congruità della pena indicata e, in ogni caso, controllare che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (che è la formula immediata di proscioglimento che può essere pronunciata in qualunque stato e grado del procedimento qualora il giudice ritenga che l’imputato sia palesemente innocente). Non va dimenticato che la sentenza di patteggiamento del giudice è comunque una sentenza di condanna, con tutto cioè che ne consegue, anche se spesso ad una pena mite, comunque concordata dalle parti, pertanto, non sarà appellabile, ma solo impugnabile in Cassazione.


 


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