PERSONAGGI
Chi era Giacomo Galatti
di Alfonso Saya
Poco conosciuto
il nostro illustre concittadino. Questo nome è legato ad un’importante e
storica scuola del centro di Messina, nei pressi del Tribunale, che gli fu
dedicata. Fatto sta che paradossalmente la Scuola è più nota del personaggio
cui è stata intitolata. Ma chi era Giacomo Galatti? Questa eredità, lo
contraddistinse sin da quando era in vita, una vita, nascosta e sempre infelice
e travagliata. Questa volta è proprio adatto il “Nemo propheta in Patria” dei Vangeli. Giacomo Galatti nacque a
Messina nel 1850 e passò a miglior vita nel 1906, due anni prima del terremoto,
a soli 56 anni. Ebbe particolare propensione, sin da giovane, per la Storia e
per la Letteratura. Sotto la guida di valenti maestri, e per il suo “nobile, vigoroso
ingegno”, si affermò negli studi storici. Compose, difatti, numerosi, saggi,
drammi e romanzi. Vasta la sua produzione di libri a carattere storico, fra
cui: “L’Italia al Mille”, su Federico
II e l’Italia dei suoi tempi, monografie, ma il suo capolavoro che diede gli fama
fu “La Rivoluzione di Messina contro gli
Spagnoli (1674-1678)” in cui tratta dell’importanza dei Mulini della Vallata
di Larderia. Nel 1834, erano censiti, nella provincia di Messina, 386 mulini ad
acqua, di questi, ben 24 si trovavano nella Vallata di Larderia (Messina) Questi
mulini davano farina a tutta la città e distruggerli, ovviamente, significava affamare
la città, per cui furono inviate delle truppe per proteggerli. Aveva, quindi,
una straordinaria importanza la Vallata di Larderia. Fu collaboratore assiduo
di periodici e riviste del tempo, fra cui, la Rivista d’Italia, e la Rivista messinese Sicania in cui apparve il suo ultimo scritto: “L’Italia nelle Crociate e la politica coloniale”. Non molti sanno
che la via del centro storico cittadino chiamata della Munizione, porta il nome
di uno dei due teatri che vivacizzavano la vita culturale e sociale messinese.
Proprio in questo teatro, fu il nostro Galatti assieme al fratello Antonio, giurisperito
e drammaturgo, che offrì un memorabile ricevimento in onore del grande Vincenzo
Bellini. In quell’occasione venne eseguita la celebre opera lirica del Cigno
catanese “La Norma” ed anche “Il Pirata”. Gli ultimi suoi giorni
furono raddolciti dall’onore che gli veniva dalla collaborazione alla prestigiosa
Rivista d’Italia dove ha scritto nel
tempo gente del calibro di Carducci, Pirandello, Pareto, Fogazzaro, Capuana, De
Amicis, Giovanni Gentile. La morte, spense questo nobile, vigoroso ingegno
nella sua piena maturità, all’età di 56 anni. Da Lui, gli studi storici aspettavano
nuovi contributi preziosi. Degna del patrio compianto, la sua morte fu degna
dell’onore che gli venne tributato. A ravvivare la sua memoria tra gli
studiosi, bastano i suoi libri, ove ha lasciato la parte migliore e più
splendente del suo spirito. A Lui tornerà spesso, il doloroso pensiero di
quegli amici sinceri, pochi, che poterono conoscere la nobiltà altera del suo
intelletto, non meno che la bontà della sua anima così onestamente e
semplicemente ingenua, così candidamente affettuosa, sotto apparenze e forme
esteriori che agli spiriti più grossolani e superficiali, pareva talora
indifferenza insensibile. Egli fu dotto, fu buono, fu sempre infelice. Queste
parole, suonino sulla tomba dello sventurato, rimprovero alla vita e agli
uomini che non hanno saputo comprenderlo. Voce postuma e lontana nel tempo, di
una sincera pietà. Messina Lo ha onorato con l’intitolazione di una Scuola, il
sottoscritto rende omaggio con questo suo povero contributo.
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