VITTIME DELLA STRADA
Il reato stradale in Italia… giuste le pene?
di Olga Cancellieri
Da molti anni, si parla di
proposte di legge che mirino all’inasprimento delle pene per chi si mette alla
guida di un veicolo in stato di alterazione alcolica o di sostanze
stupefacenti. Tale tematica diventa, particolarmente, attuale in questo periodo
dell’anno, quando gli incidenti stradali si moltiplicano e, di conseguenza,
aumentano sensibilmente i decessi, molti dei quali causati da chi si mette alla
guida consapevole di non essere nelle momentanee condizioni per farlo.
Il reato stradale, oggi in
Italia, rientra nella fattispecie colposa ed è punito con la reclusione dai due
ai sette anni, pene aumentate da tre a dieci anni, nel caso in cui le vittime
siano più persone o l’incidente mortale sia stato causato da persona ubriaca o
drogata. Oggi, le pene appaiono quindi,
formalmente, eque; tuttavia, quasi mai vengono comminate nella loro totale
severità.
Per fare un unico esempio basti
pensare che, in caso di omicidio o ferimento, conseguente ad un incidente
stradale provocato da condotte di guida pericolose, non è prevista la
possibilità di procedere con l’arresto obbligatorio in flagranza, ma è solo
possibile il fermo in caso di omicidio colposo plurimo e di omicidio colposo,
in concorso con lesioni personali colpose.
In buona sostanza, oggi in
Italia, se completamente ubriaco ti metti sconsideratamente alla guida e superi
tutti i limiti di velocità, o non rispetti codice della strada, segnaletica
orizzontale e verticale ed ogni norma di normale diligenza o prudenza, in
carcere, comunque, non ci vai, né prima del giudizio, né dopo, soprattutto se
sei giovane e incensurato e hai un discreto avvocato. Appare superfluo sottolineare che
l’Italia è l’unico Paese europeo che punisce così lievemente coloro che
commettono tale tipo di reato.
Nessuno ha la pretesa di
sostituirsi al legislatore, ma non si può continuare ad essere inerti e
complici o, comunque, spettatori di un ignobile spettacolo di morte che, in
questo periodo dell’anno, si verifica quasi ogni giorno. Non si può però negare che la
normativa, attualmente, vigente nel nostro Paese per prevenire e punire tali
accadimenti è, assolutamente, insufficente e si fa sempre più urgente e
necessario un serio intervento normative in merito.
Fatte queste preliminari
osservazioni, è importante individuare alcune linee-guida che dovrebbero
sovrintendere ad un intervento normativo repressivo (abbinato, ovviamente, ad
un’azione preventiva educativa di ampia incisività, ma inutile se è l’unica
strada perseguita) che possa fungere da deterrente a chi intenda porsi al
volante in stato di alterazione psico-fisica dovuta ad assunzione di
stupefacenti od ingestione di alcool, e si proponga, quindi, quale fonte tutt’altro
che potenziale, ma concreta di incidenti stradali con vittime.
Appare corretto formulare alcune
ipotesi per rendere più seria e concreta la responsabilità di chi crea vittime
della strada, per chi si pone, sconsideratamente, alla guida in stato di
alterazione alcolica. Occorre, innanzitutto, porre l’attenzione
non solo sul momento della commissione del fatto, che è indubbiamente colposo,
ma al momento antecedente, quando chi si mette alla guida è consapevole di non
essere nelle condizioni per farlo.
Nessuno auspica che tale tipo di
omicidio sia paragonato al dolo di primo tipo, cioè all’omicidio commesso,
intenzionalmente, contro una persona determinata (magari con premeditazione), e
neanche avrebbe senso il paragone con il dolo di chi, ad esempio, mette una
bomba in una piazza in pieno giorno accettando il rischio e, quindi, l’altissima
probabilità di uccidere dei passanti.
Tuttavia, nel caso dell’omicidio
causato da chi guida in stato di ebbrezza alcolica, o da stupefacenti, si
tratterebbe comunque di dolo, ma di un tipo più “lieve” riscontrabile in chi
non aveva intenzione di uccidere nessuno, ma si è, volontariamente, messo in
strada in uno stato tale da avere sensibilmente alterati i riflessi, la
capacità di reazione, la lucidità, la limpidezza della vista, la coscienza di
capire che si sta svolgendo, in quel momento, un’attività altamente pericolosa,
come la guida di veicoli. Ciò premesso, bisogna precisare
che sono numerosi i disegni di legge succedutosi fino ad ora, volti ad
inasprire le pene per questo tipo di trasgressioni.
L’ultimo, in ordine cronologico,
in particolare prevede la condanna dell’omicida da 8 a 18 anni (notevole
aumento di minimi e massimi edittali), l’arresto in flagranza di reato ed il
c.d. “ergastolo della patente”. Tuttavia, fino ad ora nessuna
proposta di riforma è giunta ancora a concretizzarsi, ma ciò che bisogna
augurarsi è che il legislatore provveda non solo il prima possibile, ma nel modo
più opportuno, evitando d’incappare in incongruenze, potenzialmente, idonee a
creare discrasie nel nostro ordinamento giuridico.
Una prima proposta, suggerisce di
arrivare a considerare sempre doloso l’omicidio stradale, ma, a questo punto,
sembrerebbe incongruente prevedere un consistente aumento di pena solo per il
caso di reato di omicidio stradale e non prevedere un proporzionato ed
adeguato, se non addirittura uguale, aumento di pena anche per coloro che
causano la morte di persone violando, negligentemente, le norme di prevenzione
in materia di infortuni sul lavoro.
Del resto, procedendo come
suggeriscono alcune proposte di legge, si realizza una nuova fattispecie di
omicidio doloso, quid iuris. Così
operando, però, sembra quasi voler considerare doloso l’omicidio stradale, ma
connotato da una sorta di “dolosità attenuata”. Forse, il vero problema è che
varie sono le norme del nostro codice penale che andrebbero riformate per
garantire almeno un’adeguata risposta sanzionatoria in modo da soddisfare il
bisogno di giustizia che i familiari delle vittime della strada e i cittadini
tutti avvertono. Tutte le vittime hanno il diritto di ottenere giustizia e
tutela nel modo, giuridicamente, più adeguato e, soprattutto, senza creare di
fatto ingiustificate disparità di trattamento.
|