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 domenica 2 febbraio 2014

RECENSIONI LIBRARIE

Giuseppe Finocchio – Versificare invernale

di Redazione


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La silloge poetica dal titolo Versificare invernale di Giuseppe Finocchio, edita dalla casa editrice il Gabbiano nel Settembre 2010 nella collana I nuovi poeti 45 si compone di un’introduzione a cura di Maria Froncillo Nicosia.

I versi servono a scaldare certe inquietudini “invernali” dell’anima ma anche a farle sbocciare, le tematiche sono le più disparate, si svolgono in un periodo poetico molto ampio che mostra una certa evoluzione cromatica dello stile, il sentimento adolescenziale che si accende di tinte mature, la natura letta con una sensibilità simbolista e vivificante ma sicuramente è presente anche l’amore per Messina a partire dalla foto scelta per la copertina, riguardante uno studio preparatorio per una crocifissione attribuito ad Antonello da Messina e la poesia De Nuntiata, che rappresenta una lettura poetica, un’ekfrasis dell’Annunciata di Antonello.

Il mito diventa poi argomento di poesia nella riproposizione del volo di “Icaro” (Oraci)

Lo stile è ermetico ma anche profondamente sanguigno, battagliero, passionale e mostra sentimenti vissuti nella loro profondità emotiva e riflessiva, tranchant (La stazione degli addii).

Questa raccolta di versi di Giuseppe Finocchio, come scrive nella prefazione Maria Froncillo Nicosia, sembra svelare un progetto di vita che ai margini del tempo invernale tenti di volare verso una primavera dolorosamente lontana. È un poetare quasi notturno, che si snoda come un canto “velato” dentro una voce simile al grano coperto/per una pioggia minacciosa”.

E velato è lo sguardo del poeta che di notte disperatamente anela alla luce di un nuovo giorno ove incontrare “l’asfalto bagnato e del verde rampicante/il cuore ed il confine del silenzio/ il tremulo dipanarsi del giorno/ nel lento rincorrersi delle ore”.

Questo bisogno di luce, questo dissidio che diventa creazione è anche una continua ricerca di sé, in un contesto che sembra quasi nemico dei sogni ma che induce il poeta ad intraprendere un cammino aspro e doloroso oltre “ la rete dei ricordi/ e il fiato del presente”, un percorso che possa ricondurlo al suo amore in bilico.

E di notte, il suo poetare d’inverno lo porta al fatale incontro con “gli occhi disarmati e disarmanti” della sua amata, una presenza che a volte diviene dolorosa “assenza”.

Tenace, nell’oscurità della notte, un bisogno di radicarsi nella realtà, come un albero dopo la tempesta.

Il poeta ritrova così, nella coppa di un brindisi alla vita: “ una goccia amara/ un rivolo malinconico” ma anche “ la rete dei ricordi/il fiato del presente”. E perfino in una città che sembra “voler divorare sé stessa” questa silloge sembrerebbe sigillare un amore ritrovato, la speranza della rinascita di un’identità perduta.

Scrive Piero Ferrucci: “Le parole della poesia hanno il potere di evocare la bellezza e senza bellezza l’anima muore”.


 


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