La silloge poetica dal titolo Versificare invernale di Giuseppe
Finocchio, edita dalla casa editrice il Gabbiano nel Settembre 2010 nella
collana I
nuovi poeti 45 si compone di un’introduzione a cura di Maria
Froncillo Nicosia.
I versi servono a scaldare certe
inquietudini “invernali” dell’anima ma anche a farle sbocciare, le tematiche
sono le più disparate, si svolgono in un periodo poetico molto ampio che mostra
una certa evoluzione cromatica dello stile, il sentimento adolescenziale che si
accende di tinte mature, la natura letta con una sensibilità simbolista e
vivificante ma sicuramente è presente anche l’amore per Messina a partire dalla
foto scelta per la copertina, riguardante uno studio preparatorio per una
crocifissione attribuito ad Antonello da Messina e la poesia De Nuntiata, che rappresenta una lettura
poetica, un’ekfrasis dell’Annunciata di
Antonello.
Il mito diventa poi argomento di
poesia nella riproposizione del volo di “Icaro” (Oraci)
Lo stile è ermetico ma anche
profondamente sanguigno, battagliero, passionale e mostra sentimenti vissuti
nella loro profondità emotiva e riflessiva, tranchant (La stazione degli addii).
Questa raccolta di versi di
Giuseppe Finocchio, come scrive nella prefazione Maria Froncillo Nicosia, sembra svelare un progetto di vita che ai
margini del tempo invernale tenti di volare verso una primavera dolorosamente
lontana. È un poetare quasi notturno, che si snoda come un canto “velato”
dentro una voce “ simile al grano coperto/per una pioggia
minacciosa”.
E velato è lo sguardo del poeta
che di notte disperatamente anela alla luce di un nuovo giorno ove incontrare “l’asfalto bagnato e del verde rampicante/il
cuore ed il confine del silenzio/ il tremulo dipanarsi del giorno/ nel lento
rincorrersi delle ore”.
Questo bisogno di luce, questo
dissidio che diventa creazione è anche una continua ricerca di sé, in un
contesto che sembra quasi nemico dei sogni ma che induce il poeta ad
intraprendere un cammino aspro e doloroso oltre “ la rete dei ricordi/ e il
fiato del presente”, un percorso che possa ricondurlo al suo amore in bilico.
E di notte, il suo poetare
d’inverno lo porta al fatale incontro con “gli
occhi disarmati e disarmanti” della sua amata, una presenza che a volte
diviene dolorosa “assenza”.
Tenace, nell’oscurità della
notte, un bisogno di radicarsi nella
realtà, come un albero dopo la tempesta.
Il poeta ritrova così, nella
coppa di un brindisi alla vita: “ una
goccia amara/ un rivolo malinconico” ma anche “ la rete dei ricordi/il fiato del presente”. E perfino in una città
che sembra “voler divorare sé stessa” questa
silloge sembrerebbe sigillare un amore ritrovato, la speranza della rinascita
di un’identità perduta.
Scrive Piero Ferrucci: “Le parole della poesia hanno il potere di
evocare la bellezza e senza bellezza l’anima muore”.