L’8 marzo, Giornata
internazionale della donna. Donne e uomini insieme per mettere fine alla
violenza contro donne e bambine. Impegno sempre più sentito da parte di tutti,
finalmente, se ne parla, davvero, e si cerca di risolvere il problema sempre
più impellente.
In Italia, ogni 3 giorni,
una donna viene uccisa da un marito, un amante, un fidanzato. La domanda è:
perché non ci si allontana al primo litigio violento, al primo schiaffo, perché
si subisce, forse la risposta è insita nel passato quando la donna era abituata
a seguire l’uomo in tutte le sue scelte e pensava che l’amore si manifestasse,
anche, così.
Una falsa interpretazione
della violenza, del disagio dell’uomo, che non riesce più a controllare il suo
territorio e qualcosa esplode nella coppia e brucia l’amore, così, come
dovrebbe essere.
L’amore non è fatto di
schiaffi, ma di carezze; non è possesso, ma protezione; non è dominio, ma
condivisione. Il potere maschile resta intrecciato a retaggi sociali del
passato.
Ora la legge riconosce la
parità e le pari opportunità sia all’uomo che alla donna, solo che tra la forma
e la sostanza c’è, sempre, un divario di attuazione, di “vita” più lento nella
sua evoluzione.
Non saranno né gli appelli
né una nuova Carta dei diritti” a fermare la violenza sulle donne, ma occorre
un percorso sociale e politico che riporti tutto su altre basi fatte di
consapevolezza, di accettazione e, soprattutto, del riconoscimento delle
differenze tra uomo e donna che sono un valore aggiunto e che, se veicolate in
maniera corretta, possono far raggiungere un equilibrio e una maturazione dei
due ruoli, l’uno senza annullare l’altro, senza lotte di potere della coppia e
così si agevolerebbe, anche, la sfera emotiva.
Per quanto riguarda il
contesto, la violenza sulle donne avviene, indifferentemente, in tutti gli ambiti
sociali sia semplici che non. Il problema rimane sociologico e riguarda la
cultura radicata degli uomini nella loro pretesa costante di assimilazione e di
possesso. La donna, spesso, non riesce a reagire perché non è supportata e si
sente isolata, e all’inizio sminuisce il problema e pensa che l’amore possa
vincere tutto: è questo è un grande errore.
Le soluzioni non sono
semplici, ma ci sono tanti gruppi come le donne delle Acli (Associazioni Cristiane
dei Lavoratori Italiani), che hanno una lunghissima storia d’impegno,
ascolto e solidarietà e sono pronte, ancora una volta, ad attivarsi,
ulteriormente, per cercare di promuovere e costruire una nuova qualità del
vivere civile, mettendo in campo tutta l’attenzione e la sensibilità per
penetrare la complessità sociale del presente e a decodificarla, secondo una
visione che porti al cambiamento sociale.
Carmen Cannata – resp.
prov.le Coordinamento Donne Acli, di
Messina
Antonio Gallo – presidente
prov.le Acli, di Messina