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 giovedì 20 giugno 2013

CENTRO DIURNO CAMELOT – MESSINA

“Lasciandosi guidare dalla natura (…) il medico, più che curare, contribuirà allo sviluppo delle potenzialità creative del paziente” – C.G. Jung

di Matteo Allone


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è vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la bellezza? ..Quale bellezza salverà il mondo?”, chiede l’ateo Ippolit al principe Myskin, nell’Idiota, di Dostoevskij. Ma cosa c’entra la bellezza, l’estetica, nell’epoca della logica, della ragione, del potere, della prestazione, della produttività? Forse niente, o.. forse tutto. È chiaro che noi siamo concordi con la seconda ipotesi. E ad essa abbiamo dedicato, tempo, passione ed energie.

Ha senso dare qualità alla prestazione, quando questa non soddisfa i criteri della quantità e quando la stessa è rappresentabile solo se misurabile? Si può applicare al disagio mentale lo stesso paradigma concettuale che sottende il linguaggio dell’economia? È il prodotto salute, in generale (e mentale, in particolare), assimilabile ad un bene di consumo? Sono domande che qualcuno potrebbe definire filosofiche. E ha ragione. Sono interrogativi di fondo, che sottendono il nostro agire quotidiano. Ma queste domande che noi definiamo filosofiche, nella loro vera accezione di ricerca di una verità, non possono non riguardarci in un momento storico in cui assumono sempre più rilievo i problemi concernenti l’allocazione delle risorse e, in particolare, la scelta dei mezzi terapeutici più appropriati ed efficaci.

Da come si risponde dipende il modo in cui una società civile struttura i propri servizi sanitari ed il grado di recupero di una dimensione etica ed estetica.La bellezza non è qualcosa di effimero ed inutile. Gli antichi greci riconoscevano alle “cose belle” una qualità di bontà. Ecco perché all’ingresso della Cittadella Sanitaria “Lorenzo Mandalari”, gli utenti del Centro Diurno “Camelot”, in sinergia con il servizio civile nazionale, guidati da Graziella Mavilia e Claudio Militti, hanno voluto realizzare l’immagine di Afrodite, la Dea della bellezza, nell’atto di rivelarsi. È un’immagine che sta ad indicare che ciascuno è responsabile di creare bellezza, che non si può ‘sempre e solo’ delegare ad altri.

Che ciascuno nel suo piccolo può fare una “cosa bella”, una “cosa buona”, che, magari, è solo quello di fare bene il proprio dovere, il proprio compito con onestà ed impegno, nel rispetto di sé e degli altri. I fatti di cronaca, ci rimandano, invece, il persistente disprezzo per la vita umana e la devastante sopravvalutazione dell’individualismo, che ha l’unico scopo di distruggere la qualità delle relazioni ed impedisce di comprendere che l’unità e l’interconnessione, sottese alla vita, rappresentano uno stato di esistenza molto più importante e primario.


 


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