PERSONAGGI
Chi era Tommaso Cannizzaro
di Alfonso Saya
 A Tommaso
Cannizzaro, nato a Messina il 17 agosto 1838, è intitolata una delle vie
principali di Messina ed anche un Istituto scolastico. Chi era costui? Tommaso
Cannizzaro, è stato un grande poeta e conosceva e parlava diverse
lingue. Nacque a Messina da una famiglia nobile, compì i suoi studi sotto la
guida paterna, aveva la tendenza per le lingue, e ancora ragazzo, imparò il
francese. Ebbe come maestri, valenti letterati. Non volle diventare prete
nonostante le insistenze del padre, e neanche avvocato, i cadici per lui
puzzavano. Aveva, ripeto la tendenza per le lingue, erano il suo forte, divenne,
difatti, un famoso traduttore. Traduceva perfettamente, e a proposito,
ricevette da Victor Hugo, di cui era grande amico, una lettera in cui si
complimentava per la traduzione in francese, che gli scrisse: “Voi siete come me, poeta francese. Noi
siamo fratelli in poesia, con una differenza. Voi cantate presso il mare blu ed
io presso il mare scuro. Voi siete più vicino al sole. Vi invidio, ma vi amo”. Grande studioso di letteratura e di storia, lettore instancabile, di libri e
riviste in tutte le lingue europee. Gli studi che gli valsero di più, furono quelli
fatti sotto la guida dell’abate Giuseppe Crisafulli. Viaggiò molto, spinto
dalla sete di conoscere e di istruirsi. Giovane, si recò a Palermo, a Napoli, a
Roma, a Firenze e la visione di tante testimonianze di storia gloriosa e di
tanta affascinante arte gli toccarono il cuore e provò forti impressioni. I
poeti preferiti, furono Dante, Alfieri, Tasso, Petrarca, Leopardi e tra i
contemporanei, Alfonso La Matine ed Hugo. Fu autore, tipografo ed editore di se
stesso. Aveva la tipografia extra moenia, cioè dietro la cinta muraria della
Città, dalle parti di Via Santa Marta e nella Via che porta ora il suo nome. Sotto
il libro portava la scritta “per i tipi dell’Autore”. La tipografia poi, fu
trasferita al centro della città, in via Della Rovere 58. Partecipò all’Impresa
dei Mille, tra i “Cacciatori del Faro”. Lo studio fu però la sua attività
preferita. Lo appassionò lo studio delle lingue, si perfezionò nel francese,
nello spagnolo e nel portoghese. Colpito da tanti lutti specialmente, quello
della madre, rimase terribilmente solo nel suo dolore, con la sola compagnia
della sua “musa” poetica. I molti viaggi furono la sua distrazione ed
appagarono il suo spirito. Nel suo ricco epistolario, conservato nella
Biblioteca comunale, vi sono le firme dei più grandi poeti e scrittori. Della sua
grande fama internazionale, andava giustamente, orgoglioso e non montava in
superbia, era umile e schivo. Difatti, sebbene non fosse laureato, per la sua
celebrità, fu chiamato ad insegnare all’Università, ma, rifiutò. Nel 1869, si
ritirò a Marina delle Palme, nei pressi di Roccalumera, disgustato dalla
malignità degli uomini, nella sua campagna dove trovava rifugio e riposo.
Ritornava a Messina, per brevi periodi, nella casa di via Della Rovere. Era
affettuoso con i suoi familiari. Sposato con una svizzera, dei sette figli che
ebbe, gliene rimasero due. Aveva case e terreni anche a Zafferia e per
distrarsi dal pungente dolore per la perdita, nel giro di dieci giorni, di 5
figli, andava per le campagne e a contatto con la genuina semplicità dei
contadini, raccoglieva canti popolari, proverbi, racconti. Li raccolse in dodici
quaderni di una preziosa raccolta “I
canti popolari del messinese”. Per questa sua passione ebbe una
corrispondenza epistolare con alcuni studiosi di tradizioni popolari, basti
citare il notissimo Lombardi Satriani. Instancabile fu la sua attività
letteraria. La sua tipografia era, davvero, una fucina da cui uscivano volumi e
volumi, uno dei quali, “Foglie morte”,
fu recensito dalla poetessa Ada Negri, che ne scrisse: “Rifulge estro robusto, nobiltà d’animo e granitica fermezza di
sentimenti”. Innumerevoli le sue traduzioni di cui era maestro. Il suo
capolavoro, la traduzione della Divina Commedia in versi siciliani, fu stampato
nel 1904 dall’editore Principato. Il terremoto del 1908, sconvolse la vita del
poeta, che perdette la figlia Elisa. Profugo si trasferì a Catania. Nel primo
anniversario del terremoto, invitato a dettare una lapide commemorativa, entrò
in polemica con le Autorità cittadine, perchè, con un verso, tacciava il “colpevole
abbandono” della Città, da parte del Governo del tempo. Ritornato a Messina,
abitò in una delle nuove case del Quartiere Lombardo, fino alla fine dei suoi
giorni, fu colpito da un lacerante dolore, la morte dell’unico figlio l’avv.
Franz Adolfo che ha seguito le orme paterne. Chiuso tra i libri, stemperava il
suo dolore. Non aveva la “bella benefica Fede” del Manzoni anche se godette
dell’amicizia del grande Santo messinese, Annibale Maria Di Francia. La sua
operosità letteraria fu instancabile, fino al giorno della sua morte, che
avvenne il 25 agosto 1921. All’entrata del Gran Camposanto, si trova la sua
modesta tomba come fu la sua vita. Soleva dire: “Nascondi la tua vita, diffondi le tue opere”.
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