IN GIRO PER L’ITALIA
La Certosa di Serra San Bruno
di Alfonso Saya
 Ho visitato la Certosa di Serra
San Bruno, così chiamata dal nome del suo fondatore, un pellegrino tedesco, di
Colonia, che andava su e giù per l’Europa, perché spinto da un’inquietudine
tutta spirituale, come quella del nostro Padre Dante, che quando gli si
chiedeva cosa cercasse, rispondeva: “Cerco Dio!”.
Il riposo, la quiete, l’approdo
in Dio lo trovò in Calabria, sulle Serre. Così, si concluse il suo viaggio, la
parabola del cammino dell’anima sempre tesa alla ricerca di Dio e della sua
volontà.
Mille anni sono trascorsi da
quell’arrivo in Calabria, ma il tempo qui si è fermato. I suoi seguaci, i certosini,
vivono la vita stessa del loro fondatore, seguendo gli ideali di povertà, di
solitudine, di silenzio, di contemplazione, distaccati dalle cose futili e
transeunti del mondo; vivono la stessa atmosfera mistica fatta di preghiera, di
lavoro (ora et labora) e di
contemplazione. San Bruno rivive nei propri figli, gli stessi che seguono lo
stesso ritmo del fondatore, nella più stretta clausura.
L’orologio del campanile,
costruito in Francia, scandisce le ore nel silenzio mistico della Certosa. I monaci,
vestiti di bianco e col cappuccio, sono, al dire del Beato Giovanni Paolo II,
le sentinelle del mattino, in attesa del dies
natalis, il giorno della morte, giorno della nascita vera alla vita eterna.
Sembra, veramente, che 10 secoli
non siano passati e si sente una “quiete contemplativa”, quella stessa che sentì
il “Pellegrino Bruno”, che qui si fermò, trovando Dio.
Il priore, intervistato da un
giornalista, il giorno in cui l’emerito, grande Papa Benedetto XVI, visitò la
Certosa, disse che lui aveva fatto lo stesso cammino del fondatore, dalle Alpi
francesi alle Serre calabresi, e che, in quel luogo mistico, aveva percepito,
lui che era un matematico, la “Tenerezza di Dio”.
Essere monaco, oggi, sembra fuori
dalla realtà, sembra follia! È
vero – commenta il priore – nel senso di essere “folle di Dio”.
E alla domanda se è contento
della sua scelta di vita, il priore risponde affermativamente, anzi, dice di
essere felice di essere certosino. La sua è una felicità piena e non è quella
che intende il mondo, ma è la felicità di chi vive alla presenza del Signore, di
chi cammina “pei floridi sentier della
Speranza, pei Campi Eterni… di chi vive nella Pace, che il mondo irride, ma che
rapir non può!”.
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