IL TACCUINO DI NUCCIO FAVA
L’inquietudine di Londra dopo l’attentato alla vigilia delle elezioni. A Roma scarica barile sul voto anticipato
di Nuccio Fava
 Lo
sgomento e il dolore restano invincibili e cresce l’inquietudine per l’attentato
– ancora a Londra – alla vigilia di nuove elezioni. Anticipate per discutibile
scelta del premier, signora May, superficialmente certa di accrescere il
consenso ai conservatori e rafforzare la trattativa sulla Brexit. Le cose non
sembrano andare nella direzione auspicata dalla May, apparsa restia ai faccia a
faccia in TV, appesantita dall’eccessivo appiattimento su Trump e le sue
discutibili iniziative, forse non troppo apprezzate specie dopo l’uscita degli
USA dall’accordo di Parigi sul clima. Anche la politica può avere rovesciamenti
di prospettive, in tempi brevi, e, comunque, saranno gli elettori a decidere. A
Roma, continuano le baruffe sul “tedeschellum”, che di sicuro complicano e
rendono più ardua la comprensione di quanto accade da parte dei comuni
cittadini che saranno, in ogni caso, in Italia chiamati a un voto anticipato.
Non si spiegherebbe, altrimenti, questa maratona massacrante durante il tempo
di Pentecoste. Avrebbe potuto rappresentare tempo prezioso di riflessione e di
ricerca non banale e propagandistica, ma per interrogarsi laicamente sul corso
misterioso della storia, sui veri bisogni del Paese e le domande autentiche di
maggiore solidarietà e giustizia senza le quali non c’è vero sviluppo interno e
internazionale.
Il
presidente Gentiloni non combina danni e stramberie e si barcamena come può.
Una sorta di Pilato che rinuncia a scegliere. Si rimette alle decisioni del suo
partito, ribadendo la piena osservanza delle proprie responsabilità
istituzionali nella prosecuzione del lavoro e dei compiti che il Parlamento gli
consentirà di compiere. Ci mancherebbe che avvenisse il contrario! Forse, però,
un presidente del Consiglio, in una situazione grave e confusa come l’attuale,
potrebbe non limitarsi a fare il notaio. Almeno, sul tema sconcertante delle
elezioni anticipate a ogni costo. Sembrano quasi il puntiglio ostinato del
leader confermato del Pd, alla ricerca di una personale rivincita, a ogni costo,
nonostante la batosta referendaria e la fine ingloriosa del suo “porcellum”.
Solo il sottosegretario Boschi e il ministro Lotti si muovono con pluriennale
coerenza sulla stessa linea catastrofica del grande capo. L’ex ministro, ora
potente sottosegretario, si muove come controfigura autorevole di Renzi, sua
diretta rappresentante e come lui con disinvoltura pretende l’autorevole
collocazione a Palazzo Chigi.
Analogamente,
con devozione e fedeltà, dichiarava in tv che avrebbe seguito il capo sino alla
fine, lasciando la politica nel caso avessero vinto i No al referendum del 4
dicembre. Gli italiani possono, invece, continuare a vederla accanto al
presidente della Repubblica durante la sfilata del 2 giugno. Quanto a Lotti, i
dubbi sui suoi comportamenti sulla vicenda Consip potranno risultare non
penalmente rilevanti, ma continueranno ad aleggiare criticamente ombre
inquietanti e mai realmente chiarificate di fronte all’opinione pubblica. Tanto
più da parte di un ministro che dovrebbe risultare autorevole e credibile
specie nei confronti dei giovani che amano e praticano lo sport con grande
impegno.
Sono
solo degli esempi che fanno comprendere, però, l’inutilità controproducente di
tanto sforzo compiuto sulla nuova legge elettorale indispensabile, specie dopo
la sollecitazione del capo dello Stato che ha detto a chiare lettere, sia pure
nel suo stile equilibrato tanto da apparire fin troppo riservato nel
sollecitare parlamentari e forze politiche. Ma leggendo dello scontro tra
Angelino Alfano e Matteo Renzi è inevitabile avvertire un senso di scoramento.
Non perché la polemica sia infondata, ma perché offensiva e smisurata: nessuno
può dubitare che il segretario Pd dimissionario dal solo governo, facesse
pressioni su Alfano per fare cadere il governo; ma ancora più sconsolante che
le pressioni renziane fossero avvenute già a febbraio scorso e che il nuovo
ministro degli Esteri si sia tenuto “in pancia” l’intimazione del segretario Pd
per utilizzarla quattro mesi dopo allo scopo di squalificare l’avversario
deciso a tornare a Palazzo Chigi in ogni modo.
Sono
questi aspetti devastanti della politica, non meno della corruzione, della
crisi della giustizia, del lavoro che allontanano dalla partecipazione civile
anche i giovani e le donne. Colpiti da una crisi che procede lentissimamente
verso un qualche miglioramento non incoraggiato in alcun modo, stenta, però, a
trovare collocazione e prospettive rassicuranti nel mondo del lavoro e delle
professioni. Per quanto indispensabile e urgente, tutto questo costringe i
maggiori partiti a varare il “tedeschellum”, ciascuno con obbiettivi e
motivazioni differenti, puntando soprattutto a elezioni anticipate che
aggravano, inesorabilmente, tutte le nostre difficoltà e accentuano le
preoccupazioni dell’Europa nei nostri confronti. Le forze politiche tutte
rischiano di apparire inaffidabili, lontane dalla sensibilità della gente, tentata
pericolosamente, ma comprensibilmente dalla rabbia, dalla paura e dalla
accresciuta sfiducia verso i partiti e le stesse istituzioni.
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