VIAREGGIO
Carnevale, sfilano i problemi della nostra Italia
di Tiziana Santoro
 In occasione del
143esimo anniversario del Carnevale di Viareggio i festeggiamenti goliardici
che hanno avuto inizio lo scorso 7 febbraio si protrarranno sino al prossimo 5
marzo. Ben 5 vie principali ospiteranno sfilate, spettacoli e mascherate in
musica; non mancheranno rappresentazioni teatrali e degustazioni gastronomiche.
Gli artisti moderni, in continuità con la tradizionale costruzione dei carri in
maschera, hanno messo in scena le problematiche che assalgono l’Italia nel
nostro tempo. L’ispirazione è ironica e la rappresentazione grottesca. Quest’anno,
più che mai, dietro le maschere si celano le paure dell’inconscio collettivo
degli italiani, la crisi dei valori tradizionali della famiglia, della politica
e della comunicazione alle prese con le pressioni esercitate dalla moderna era
globale.
Tra i carri di prima categoria colpisce l’innovativo “Moby Duck Plastica Planet Show” di Alessandro Avanzini, che denuncia l’impiego
smodato della plastica a danno dell’ambiente. Il pubblico ha apprezzato anche
Massimo Breschi che, con “50 sfumature di
carnevale”, mette in scena un’orchestra di politicanti che suonano sempre
la stessa musica senza riuscire, tuttavia, a schiodare il bel Paese dall’impasse
dell’immobilismo socio-economico in cui versa. Sul carro di Lebigre e Roger, “Porca mediocrità si salvi chi può”,
siede al centro Matteo Salvini che con abiti da nobile esprime l’ondata
xenofoba della nuova destra europea. Simone Politi e Priscilla Borri hanno
rappresentato la problematica dell’immigrazione con l’opera “Male Nostrum”, in cui è rappresentato un
enorme pesce che ingoia i poveri fuggitivi. Umberto e Stefano Cinquini con la
creazione “Io sono Dio” ironizzano e
al tempo stesso smascherano il ruolo dei social massmediatici che esaltano l’ego
del singolo facendogli perdere la reale dimensione dello stare insieme agli
altri.
Luigi e Uberto Bonetti, invece, rappresentano “L’uomo in Gabbia”, prigioniero del sistema
economico globale. Carlo Lombardi è più attento ai primati italiani e con “Work in Progress” denuncia le numerose
morti avvenute sul lavoro nel nostro Paese. Il messaggio di Franco Malfatti, “In te son nato”, è tutto rivolto alla
città di Viareggio e alla semplicità perduta del vivere. Anche Roberto Vannucci
con “Bilderberg … l’altro volto del
potere” mette in scena la crisi dei valori morali della nostra società. A
dominare la scena è il carro “Barbarians”
di Fabrizio Galli per l’imponenza, il pathos e l’effetto scenografico con cui
ha saputo, magistralmente, denunciare l’imbarbarimento dei nostri costumi.
Dalla sua intuizione geniale nasce la rappresentazione animata di un barbaro
che decapita il David di Michelangelo e lascia oscillare nel vuoto la testa del
simbolo di Firenze e del suo primato culturale, mentre il corpo dilaniato della
statua giace steso ed inerme ai suoi piedi.
Nel corso della parata non mancano
i carri di seconda categoria: Jacopo Allegrucci rappresenta in “L’Alchimista” il Presidente del
Consiglio millantatore di illusioni, mentre Edoardo Gargioli con la “Bacchettona” ripropone l’antitesi tra
famiglia tradizionale e famiglia moderna. Emilio Cinquini, dal canto suo,
rappresenta con “L’ insostenibile
leggerezza dell’essere” lo squilibrio economico globale e la ricchezza
smodata dell’occidente. Luciano Tomei con “Naviga
il mio profilo” mette a confronto la moda dei selfie con le opere d’arte
vere e proprie. Si fanno propositivi Vania Fornaciari e Roberto De Leo che con “Il Mare in una Stanza” acclamano la
creatività come valore da incentivare per superare l’immobilismo dei nostri
tempi. Sia per Giampiero Ghiselli sia per Adolfo Milazzo, rispettivamente,
nelle opere “Gli illuministi” e “Ci stiamo riprendendo l’ammonimento” è
rivolto a tutti quei politici che si lasciano andare a dichiarazioni
ottimistiche sulla ripresa economica del Paese.
Non mancano quest’anno i
riferimenti letterari come nei carri di Libero Maggini “Che cosa sono le nuvole” con cui si cita Pasolini, e “La commedia dell’arte” di Giacomo
Marsili in cui Dario Fo invita i politici a togliersi la maschera. Michele
Canova con “L’Arsenale delle apparizioni”
cita “I giganti della montagna” di
Pirandello e rappresenta le paure umane, mentre Luca Bertozzi con “Un paese serio” mette in evidenza la
scarsa credibilità di cui gode la nostra classe politica. In questa 143esima
edizione non mancano le maschere singole con le loro coreografie, canti e
musiche a far da corredo alle sfilate.
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