Fino a qualche anno fa, la strada
e la piazza pubblica erano i luoghi in cui ci si poteva incontrare per
conoscere persone, frequentare per socializzare e per confrontarsi, invece,
oggi interagiamo, perlopiù, attraverso chat, social network e community
virtuali; infatti, negli ultimi anni, è cresciuta l’utenza domestica della rete
ed è aumentato il numero di giovani utenti, bambini e ragazzi, che utilizzano
internet per divertirsi ed imparare. Niente di male se il progresso tecnologico
attuale aumenta lo scambio di informazioni e migliora la comunicazione, ma
siamo sicuri che per i bambini valga la stessa regola?
Il problema, piuttosto, è che
quando si verifica qualche imprevisto, gli adulti non ne sono informati, i siti
dovrebbero, invece, fornire più sistemi per bloccare e filtrare i contenuti e
per avvisare i genitori in caso di pericolo per l’incolumità dei figli. Queste
sono le conclusioni di un network di ricercatori coordinato dalla London School of Economics, che ha
condotto un’ampia indagine sulla sicurezza dei minori in Internet.
25.140 Internauti tra i 9 e 16
anni (con i rispettivi genitori) sono stati coinvolti dallo studio di EU Kids Online, finanziato dal Safer Internet Programme della
Commissione Europea, i cui risultati mostrano che solo una minoranza del
campione è andato incontro a qualche guaio serio. Di seguito una carrellata di
percentuali che fotografano la situazione nel dettaglio.
Con grande sorpresa gli
internauti sono sempre più precoci, la prima volta è a 7 anni (Danimarca e
Svezia), a 8-9 anni nella maggior parte degli altri paesi del nord Europa. Il
60% del campione si connette, quotidianamente, spendendo (in media) un’ora e
mezza al giorno in rete; i dati salgono al 93% per chi si connette, almeno, una
volta alla settimana.
Tra le motivazioni dell’uso dei
social network ve n’è una indicativa: è più facile essere se stessi online che
non ‘faccia a faccia’ (50%). Questo sarebbe vero, soprattutto, per i ragazzi
tra i 13 e i 14 anni, e, leggermente, di più rispetto alla media per i bambini
con un basso stato socio-economico. Con chi comunicano i ragazzi?
Prevalentemente, con persone della loro età, che hanno, già, conosciuto o che
sono amici di amici. Nel 25%, però, si hanno conversazioni con estranei,
specialmente, attraverso chat, giochi e mondi virtuali.
Sono due i problemi riportati, con
più frequenza, dai minori, riguardo l’uso di Internet: quello di imbattersi in
contenuti non adatti e, potenzialmente, pericolosi, e quello di trascorrervi ‘troppo’
tempo, con conseguenze sia sulla vita sociale che sulla salute psicofisica.
In particolare, il sondaggio
rivela che il 21% degli intervistati, tra gli 11 e i 16 anni, si sono imbattuti
in questi contenuti: messaggi di odio (12%); messaggi pro-anoressia (10% in
media, che sale a 19% tra le ragazze di 14-16 anni); incoraggiamenti all’automutilazione
(7%); incoraggiamenti al suicidio (5%); messaggi equivoci a sfondo sessuale
(15%).
Il 23% del campione, invece,
attribuisce a internet la colpa per aver perso interesse per i propri amici,
per la mancanza di sonno o per problemi a scuola. Il 9% dei ragazzi ha
incontrato persone conosciute online; nella metà dei casi, sono andati agli
appuntamenti con amici. Solo il 12%, comunque, ha dichiarato di essere rimasto
turbato da contenuti sgradevoli. Gli episodi di bullismo sono tra le esperienze
percepite tra le più negative. Ma si verificano nel 6% dei casi, contro il 13%
del “mondo reale”.
Appena il 28% dei genitori blocca
o filtra i siti e, appena il 24%, spia la cronologia. L’85%, invece, impedisce
la diffusione dei dati personali e il 57% i download. La maggior parte (il 70%)
parla con i figli di quello che fanno online e, più della metà, dà avvertimenti
e consigli. Un terzo ha aiutato i propri ragazzi quando qualcosa è andato per
il verso sbagliato. Oltre il 60% degli adolescenti ritiene che i genitori
sappiano molto di quello che fanno in rete; il 44% crede anche, però, che
questo non li fermi dal fare tutto ciò che vogliono (anche se solo il 13%
vorrebbe che mamma e papà si facessero i fatti propri).
Nonostante, tutte le precauzioni
e i controlli, però, il 40% dei genitori è convinto, erroneamente, che i figli
non siano esposti a immagini sessuali; nella metà dei casi, inoltre, non
vengono messi a conoscenza di episodi di cyberg-bullismo o di messaggi
pericolosi. E nel 61% non sanno che i figli hanno incontrato una persona
sconosciuta. Sebbene, il problema riguardi pochi casi, resta il fatto che i
genitori non ne sono a conoscenza. In questo panorama c’è posto, anche, per gli
insegnanti, che, secondo i ragazzi, svolgono un ruolo importante nel metterli
in guardia. Con delle differenze da paese a paese: pensa che il prof abbia un
ruolo fondamentale il 97% dei teenager norvegesi, ma solo il 65% di quelli
italiani.
Le nuove tecnologie offrono ai
giovani una serie di opportunità e potenzialità a livello educativo, sociale,
formativo ed affettivo, che, solo pochi anni fa, non erano disponibili. Accanto
alle risorse di internet s’incontrano, però, anche rischi e pericoli in cui i
giovani internauti possono incorrere; i più piccoli, sempre più vicini e
curiosi verso internet, ma inesperti tanto da vedere il cyberspazio solo come
divertimento, gioco e luogo di conoscenze, mai come spazio poco controllato
dove trovare, anche involontariamente, contenuti non adatti alla propria età. I
ragazzi più grandi, quasi sempre, sono più informati rispetto ai propri
genitori ed insegnanti sulle opportunità offerte dal web.
Per proteggere i giovani occorre
insegnare loro a navigare in modo vigile e responsabile, mantenendo grande
prudenza verso sconosciuti “incontrati” attraverso internet ed evitando di
divulgare informazioni personali proprie o di altri; ma servono, però,
politiche di prevenzione ad un uso corretto della rete, che è quello che oggi
manca, come afferma un rapporto Unicef, riguardo leggi adeguate a proteggere i
giovani dai rischi di questo strumento.