“Un cane, mi affidai a
lei con tanto terrore, ma rifiutai d’aver paura”. Inizia, così, la poesia
che Matilde dedica a Norma, il “cane-terapeuta”, dopo il loro primo ciclo
esperienziale al Centro Diurno “Camelot”.
Ma.. “cosa ci fa un cane a
Camelot?”, si chiederà qualcuno. Nulla di eccentrico, in realtà:
rappresentato, già, nell’affresco della sala principale del centro diurno, era
solo una questione di tempo. Ora, il cane è arrivato a dare man forte alle
attività di terapia a cavallo del dott. Matteo Allone.
Lasciate che vi racconti
questa nostra, prima ed emozionante, esperienza con Matilde.
Matilde è un’utente “storica”
del Centro Diurno “Camelot”, con un
passato psichiatrico importante, oggi, ben compensata. Il suo disturbo
principale, attualmente, consiste in fobie generalizzate al contatto con la
natura, più in particolare, con gli animali, principalmente, cinofobia.
Norma (mio cane e collega)
ed io l’abbiamo conosciuta alla nostra prima visita di ambientamento al centro diurno,
per il tirocinio finale di interventi assistiti dagli animali del corso
triennale di formazione di Antropozoa
ONLUS (Castelfranco di Sopra, in provincia di Arezzo).
Mentre facevamo la
conoscenza degli operatori e di alcuni utenti, Matilde si affacciava alla porta
d’ingresso, un po’ terrorizzata, ma incuriosita. Inizialmente, molto impaurita
all’idea che il cane potesse essere libero da guinzaglio o che potesse, in
qualche modo, nuocerle, Matilde si è, successivamene, lasciata incoraggiare dal
dott. Allone ad avvicinarsi a noi.
Ciò che doveva essere un
incontro preliminare, si stava risolvendo, a tutti gli effetti, nel nostro
primo intervento assistito. Con l’aiuto del responsabile della struttura,
abbiamo, subito, lavorato sulla fiducia di Matilde verso me e Norma e sulla
prossimità di Matilde al cane. Così, già alla sua prima esperienza, Matilde è
riuscita ad avvicinarsi alla nostra coppia cane-operatore: mantenendosi alle
mie spalle, mi ha aiutata a “premiare” Norma accompagnando con la sua mano la
mia, che teneva il croccantino-premio. Il primo e più difficile passo era
compiuto!
Ad onor del vero, il
progetto preliminare prevedeva il lavoro con un soggetto affetto da disturbi
dello spettro autistico. Tuttavia, la richiesta di aiuto di Matilde, a lavorare
sulle sue paure, ci ha convinti, immediatamente, a cambiare rotta: di regola si
escludono, a priori, i soggetti fobici, come gli allergici, dagli interventi assistiti
dagli animali, ma Matilde era, altamente, motivata! Non potevamo ignorare la
sua richiesta! Solo più tardi avrei scoperto che la sua alta motivazione era
dovuta all’amore che Matilde nutriva per il suo compagno e al desiderio di
condividere con lui, anche, l’affetto per i cani.
Così, tra i mesi di maggio
e giugno abbiamo incontrato Matilde, ben, sette volte. Nell’arco di due visite
preliminari e cinque sessioni d’intervento assistito e, grazie alla
supervisione della dott. Mavilia (tecnico
della riabilitazione psichiatrica e psicosociale), del dott. Allone (psichiatra e dirigente responsabile del Centro
Diurno “Camelot”) e al monitoraggio a distanza, ma continuo, di Antropozoa ONLUS, abbiamo tutti fatto
passi da gigante.
Abbiamo puntato sulle
capacità cognitive di Matilde, sulla sua curiosità e determinazione e sulla
relazione. Così, tarando l’intervento con delicatezza e misura, bilanciando tra
aspetto relazionale e approccio tecnico, accudimento, esercizi e giochi,
Matilde è stata capace di frenare le sue paure istintive, a dar loro una
dimensione estranea alla relazione con Norma, a giocare con la sua nuova amica
a quattro zampe e.. ad averne cura.
Norma, peraltro, non è un
cane immediato con qualunque persona incontri e tende ad adeguarsi alla
reazione spontanea di chi ha di fronte. Se incontra una persona gioviale e
affettuosa le si accosta, immediatamente, scodinzolando e “sorridendo” alla
maniera canina. Se incontra una persona riservata o timorosa, si limita ad
annusarla o la ignora del tutto. Con Matilde è stata una rapida evoluzione di
fiducia reciproca. Così, come Matilde aveva paura di Norma al suo primo
incontro, anche, Norma non era a suo agio con Matilde: spesso, i comportamenti
di paura espressi dagli essere umani, e, in particolare, gli sguardi di paura,
vengono letti dai cani come possibile minaccia.
Tuttavia, Matilde e Norma
hanno, pian piano, imparato a leggersi a vicenda e a fidarsi l’una dell’altra.
Il mio ruolo, al principio, è stato a tutti gli effetti di mediazione del
linguaggio e, con qualche accomodamento in corso d’opera, ha funzionato. Nelle
ultime sessioni Norma scodinzolava di continuo e rivolgeva la sua attenzione,
direttamente, a Matilde, senza referenziarsi prima su me, come era solita fare.
Stava funzionando! La relazione triangolare operatore-cane-utente, base
fondante del metodo Antropozoa, si stava svolgendo lì
davanti ai miei occhi!
Quanto a me, avrei,
davvero, tanto da scrivere per esprimere le emozioni, il lavoro personale e le
energie messe in gioco in questo intervento!
I primi giorni non ho
avuto la capacità di attivare il mio testimone.
Troppo immersa nel momento e nel controllo dello spazio circostante. L’ambiente
era nuovo non solo per Norma, ma, anche, per me. Anche io dovevo fare l’abitudine
a sguardi nuovi e diversi, a voci particolari, a modi di deambulare e a posture
nuove. Leggevo il mio livello di tensione, attraverso, il comportamento di
Norma e, alla fine di ogni sessione, eravamo soddisfatte, ma spossate.
Da quando abbiamo iniziato
a lavorare in uno spazio più tranquillo e a concentrarci più sulla “relazione”,
che non sulla “prestazione”, tutto è stato più facile. Frattanto, avevo, ormai,
conosciuto la maggior parte degli utenti, o, quantomeno, i più assidui
frequentatori del Centro Diurno “Camelot”
e avevo imparato come prevenire eventuali disagi di Norma nell’incontrare
sguardi particolari, per lei inusuali. Questo mi dava sicurezza!
La documentazione
fotografica e video è stata molto funzionale per l’autosservazione e per
guardare, attentamente, Norma e Matilde da una prospettiva esterna. La userò,
più spesso, in futuro per analizzare il mio lavoro, la postura, il
comportamento del cane o eventi particolari, per commentare con gli specialisti
e per valutare e programmare, mediante, una collaborazione multi-disciplinare,
il seguito del percorso.
Infine, la tristezza dell’ultimo
incontro, preludio di termine lavori e commoventi saluti, si è, invece,
trasformata nella leggerezza di un tipico “ultimo giorno di scuola”.
Una considerazione va
fatta: lavorare sulle fobie verso gli animali, attraverso, gli interventi assistiti
è possibile! Molti fattori, tuttavia, devono sussistere, primo fra tutti la
determinazione dell’utente a superare la propria paura. Nel caso di Matilde il drive
è stato l’amore, il mezzo Norma ed io, ed il lavoro non è ancora
finito!
Adesso bisogna aiutare
Matilde ad accrescere la sua esperienza con Norma, affinché, la relazione con
il cane diventi un’abitudine e a generalizzare la sua fiducia in Norma
estendendola ad un altro animale: il cavallo!
Quero, biologo Maria Elena – counsellor nella relazione d’aiuto, operatore di interventi assistiti dagli animali