SINDROME DI MUNCHAUSEN
I disturbi fittizi: La sindrome di Munchausen per procura
di Barbara Cortimiglia
 Nel vasto panorama delle patologie
psichiatriche emerge una singolare sindrome, che rientra nell’ambito dei
disturbi fittizzi, ovvero, tutte quelle situazioni in cui, volontariamente, si
simulano o si procurano sintomi e segni clinici, distinguibili dall’ipocondria,
cioè l’eccessiva preoccupazione di soffrire di qualche malattia non ancora
diagnosticata, stiamo parlando della sindrome
di Munchausen.
Il nome della sindrome deriva da un
personaggio esistito, realmente, il barone di Munchausen, il quale amava
distrarre gli amici con racconti in cui si attribuiva straordinarie prodezze.
I pazienti con tale sindrome inventano una
storia clinica credibile e plausibile, anche, se i dettagli sono, quasi sempre,
vaghi e inconsistenti, spesso, nella narrazione dell’anamnesi si possono
trovare atti eroici.
Tali pazienti portano con sé una
documentazione clinica molto fitta, si sottopongono a continui esami clinici,
persino, a indagini invasive disturbanti, come una sorta di autolesionismo.
La sindrome
di Munchausen per procura, all’interno dei disturbi fittizzi, è il
risultato del desiderio della madre di essere al centro dell’attenzione del
personale medico, attraverso la malattia del proprio figlio, che viene
procurata. Ossia si tratta di sindromi provocate dai genitori, principalmente,
dalla madre sui propri figli. Sono state descritte situazioni endocrine
procurate attraverso somministrazione d’insulina o mancata somministrazione,
uso di steroidi anabolizzanti, cortisonici, aggiunta di adrenalina nelle urine;
metaboliche, attraverso abuso di lassativi, abuso di diuretici, abuso di
bicarbonato di sodio; ematologiche, attraverso ingestione di anticoagulanti
orali; gastrointestinali, attraverso eccessiva ingestione di olio, abuso di
lassativi e diuretici; infettive, attraverso ingestione di liquidi bollenti,
prima di misurare la temperatura, infezione batterica autoindotta.
Cosa spinge una madre a procurare segni
clinici che nel 10% dei casi conducono alla morte le vittime?
La crisi matrimoniale e il desiderio di
attaccare il partner, che risulta essere, a sua volta, un padre emotivamente
assente e, soprattutto, passivo, tale tesi porta a sostegno il motivo per cui
la madre, che, invece, è colei che decide all’interno della famiglia, progetta
una vendetta nei confronti del marito, attaccando il proprio figlio.
Nella letteratura psichiatrica emergono
casi clinici rappresentativi di madri, ma, anche, di baby sitter e casi di
infermiere, che riferiscono il desiderio di dover sentire la compassione degli
altri, di doversi sentire importanti, attraverso la malattia dei figli, o
pazienti ospedalizzati; le madri che procurano una patologia, sono madri,
apparentemente, attente ed affettuose, di norma con una preparazione medica o
infermieristica, ma, in realtà, è vero l’esatto opposto. La deprivazione
affettiva nell’infanzia, induce queste madri a procurare una malattia al
proprio figlio per soddisfare, indirettamente, i propri bisogni affettivi.
La diagnosi della sindrome di Munchausen è complessa, poiché, i sintomi riferiti dai
pazienti non sono ascrivibili a nessuna malattia conosciuta, pertanto, i medici
sono costretti ad approfondire, con ulteriori esami ed accertamenti; risulta
difficile credere o sospettare che una madre possa arrivare fino a tanto,
poiché, fino all’ultimo, essa appare come una madre premurosa e presente e,
sicuramente, necessita di un’accurata osservazione. Diversi autori sono
concordi nel rilevare un disturbo psichiatrico nel caregiver, cioè la madre, ascrivibile ad un
quadro depressivo, o una personalità bordeline.
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