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Nota di Pippo Previti: Dai Liberi Consorzi alle Città Metropolitane. Epilogo di un dramma non ancora concluso
di Redazione
L’art.
15 dello Statuto Siciliano prevede, ancora oggi, che l’ordinamento degli enti
locali nella Regione si basa sui Comuni e sui Liberi Consorzi Comunali. Giustamente,
la Corte Costituzionale con sentenza di qualche anno fa, aveva definito le
Provincie Regionali, istituite con legge ordinaria (la legge regionale 9/86),
un “azzardo costituzionale”. Sentenza nota non solo ai giuristi, ma a tutto il
Parlamento Siciliano. Eppure lo stesso Parlamento, senza tenere in alcuna
considerazione il citato pronunciamento, perseverando, istituisce le Città
Metropolitane, sempre con legge ordinaria. I problemi si aggravano con la legge
voluta dal governo Renzi e con quella regionale di Crocetta. Pensare di
assegnare al sindaco del comune capoluogo anche le competenze del sindaco metropolitano
era, ed è, una pura follia di architettura democratica.Un
vero politico nelle sue piene facoltà mentali non può pensare, seriamente, di
assegnare due o addirittura tre ruoli a un sindaco. Al semplice cittadino,
interessa che i servizi funzionino, ma lo stesso non protesta se gli vengono
tolti diritti fondamentali qual è quello di eleggere direttamente chi lo amministra.
Salvo, poi, a recriminare. In questa confusione legislativa, “la Politica” ha
lasciato che gli enti intermedi scivolassero in un precipizio amministrativo,
mettendo in gravissime difficoltà i servizi erogati a discapito delle comunità
locali. Servizi che la gran maggioranza dei cittadini ignora e che vanno dalla
costruzione e manutenzione delle strade provinciali, assistenza e trasporto ai
soggetti diversamente abili frequentanti le scuole superiore, buoni scuola, turismo
(competenze anche su apertura e vigilanza su alberghi, bed e breakfast,
strutture recettive in genere, etc.), parchi e riserve, costruzione e
manutenzione Istituti Superiori, assistenza ad alcune categorie di disabili,
cultura, pesca in acque interne, scuole guide, monitoraggio ambientale e
relative autorizzazioni, polizia provinciale, etc.
L’asso
lo ha calato il governo nazionale precedente con la legge 190/2014 (Legge di
stabilità 2015), con la quale si è previsto il cosiddetto “prelievo forzoso”
per ripianare i buchi della finanza pubblica. Con il comma 400 dell’art.1, si
stabilisce che le Regioni a Statuto Speciale e le Provincie autonome di Trento
e Bolzano assicurano, per gli anni 2015/2018, un contributo aggiuntivo alle
finanze statali. Ma quello che salta agli occhi nella tabella allegata al comma
in parola, è UN’ENORME INGIUSTIZIA FISCALE che penalizza, particolarmente, la
Sicilia che, nella fattispecie, è chiamata a versare 273 milioni di euro nel
triennio 2015-2017 e altrettanti per il 2018. La ex Provincia di Messina doveva
versare, solo per il 2015, oltre otto milioni e mezzo di euro (€ 8.562.113,11,
per la precisione). Per un totale complessivo di oltre 81 milioni di euro nel
quadriennio (2015-2018). Una buona parte (oltre la metà) è stata versata e/o
prelevata autonomamente dallo stesso stato sulla RCA dovuta alla stessa ex Provincia.
Altrettanto rimane da versare. Ma il dramma diventa tragedia, perché gli uffici
comunicano che anche per anni a venire l’ente è costretto a versare 25 milioni
annui. Salvo che lo Stato, finalmente, receda dal prelievo di questo iniquo
balzello, così come sembra dalle ultimissime notizie che giungano da Roma. Ma
il dubbio rimane.
Di
converso, la Provincia autonoma di Trento doveva versare zero euro per gli anni
2015-2017 e solo per il 2018 euro 21 milioni; la Provincia autonoma di Bolzano,
25 milioni per il 2018, zero euro per gli anni 2015-2017; la Valle d’Aosta,
dieci milioni in totale per gli anni 2015-2017 e solo dieci milioni per il
2018; il Friuli Venezia Giulia, 87 milioni per il 2018 e altrettanto per il
triennio 2015-2017. Come un Robin Hood al contrario: “rubare ai poveri per dare
ai ricchi”. Ciò è ancor di più avvalorato, leggendo i dati relativi ai vari
trasferimenti statali verso le regioni e le provincie autonome. Si pensi che il
trasferimento annuale dello Stato, pro capite in euro, vede in testa la Valle d’Aosta
con 7.089 (settemila e ottantanove centesimi), poi il Trentino Alto Adige con
5.714, mentre la Sicilia (alla quale è stato chiesto di più) riceve 2.274 euro
pro capite. Meno della metà del Trentino.
Il
problema potrebbe, seriamente, aggravarsi ancor di più con la prossima
concessione di una maggiore autonomia finanziaria ad alcune regioni del nord,
con la conseguente rinascita delle infauste “gabbie salariali”. Già si paventa
un aumento di circa 200 euro in più ai docenti del nord rispetto a quelli del
sud. Riepilogando i problemi della nostra ex Provincia, sono da addebitarsi a
questo iniquo “prelievo forzoso” a fronte di servizi egualmente richiesti e
resi e, altresì, a una mancata e compiuta riforma strutturale dell’ente che
assegni funzioni nuove, delegate dalla regione (penso, solo ad esempio, ai
servizi resi dai centri per l’impiego che nel resto d’Italia sono a carico
delle Provincie e delle Città Metropolitane) e ridia ai cittadini il legittimo
diritto di eleggere i propri rappresentanti politici i quali dovrebbero essere
chiamati ad amministrare, esclusivamente, un solo ente, sperando di esserne all’altezza.
Nel
presidio permanente attuato dai dipendenti della ex Provincia di Messina, c’è
tutto questo è altro ancora. Una pazienza portata agli estremi in questi lunghi
anni di incertezze e ora mista a rabbia, delusione e incertezza per il domani. Ma
sul viso dei dipendenti, a volte stremato dalla stanchezza della notte passata
a vegliare, non è mai venuta meno la speranza. Questo sentimento è via via
cresciuto e ha unito ancor di più i dipendenti che hanno fatto muro contro
coloro che, dall’esterno, ma a volte anche dall’interno, hanno cercato di
mortificare e penalizzare ancor di più coloro che hanno – nonostante tutto – prestato
il proprio servizio a questo ente nell’interesse della comunità, con le stesse
difficoltà che si hanno come quando si governa una barca piena di buchi in
mezzo ai morosi.
Giuseppe
Previti
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