MESSINA
Rotary Club Stretto di Messina: un’analisi dal baraccamento all’ArisMe
di Redazione
Un
discorso ad ampio raggio su “un argomento
interessante, attuale e di disagio sociale”, ha dichiarato il presidente
del Rotary Club Stretto di Messina, Giuseppe Termini, che, con il prefetto
Fabio Pagano, ha introdotto la riunione dedicata al tema “Baraccamento e
sbaraccamento: il punto sulla situazione a Messina”. Un’analisi storica,
sociale e politica quella illustrata durante la serata, aperta dall’esperto di
storia patria, Andrea Bambaci, che ha fatto un excursus sulle baracche a
Messina: da originari ricoveri provvisori destinati ai sopravvissuti di
catastrofi naturali, sono diventate, soprattutto dopo il terremoto del 1908,
strutture che caratterizzano il tessuto urbano della nostra Città. I tentativi
di sbaraccamento passarono attraverso la realizzazione di case popolari e alloggi
economici, “ma le attuali baracche –
ha precisato il relatore – sono casette
abusive in aree periferiche,
differenti da quelle post-terremoto. La storia delle baracche a Messina
continua”.
Così,
come continua il disagio sociale che, legato alle condizioni di marginalità, è
stato evidenziato dai dati esposti dal direttore Inps Messina, Marcello
Mastrojeni, relativi al reddito di inclusione: oltre 16 mila istanze presentate
e più della metà solo a Messina; richieste provenienti anche da stranieri e,
soprattutto, da uomini rispetto alle donne, che incontrano maggiori difficoltà
di impiego. Per quanto riguarda la storia politica delle baracche cittadine, l’arch.
Maria Canale, già dirigente comunale che vanta un’esperienza ventennale sul
tema risanamento, ha spiegato i passaggi chiave di una questione irrisolta. “La legge regionale 10/1990 è stata un
fallimento perché in 29 anni, nonostante
i 500 miliardi stanziati, sono stati assegnati solo 750 alloggi contro le 3
mila baracche censite e oggi ne
restano più di 2 mila. Una sconfitta”, ha affermato sottolineando le cause
di una situazione di stallo. Eccessivi paletti difficili da superare, la
lentezza burocratica, ma anche il frazionamento di competenze tra Comune e
Iacp, sono aspetti che hanno frenato o bloccato le operazioni, ad eccezione di
alcuni casi, comunque insufficienti per risolvere il problema.
Da
anni, una pagina buia per Messina, ma adesso la svolta potrebbe essere la
recente istituzione di ArisMe, creata dal sindaco, Cateno De Luca, e suggerita
da un disegno di legge dell’avv. Marcello Scurria, nominato presidente della
stessa agenzia. “La legge del ‘90 è un
fallimento, ma voglio guardare avanti
per mettere la parola fine a questa vicenda che sembra distante da noi e,
invece, è a pochi passi”, ha
affermato Scurria, in riferimento ai circa 10 mila messinesi che vivono in
condizioni di disagio. “È finito il tempo
degli alibi”, ha aggiunto il presidente di ArisMe, deciso a cambiare
radicalmente rotta: non si costruirà più dove esistono le baracche per non
creare ghetti. Si procederà, innanzitutto, con l’acquisto di alloggi dal
mercato immobiliare dal quale “pensiamo
di poter recuperare – ha spiegato
Scurria – almeno 700 abitazioni, ma ne servono 2.300”.
L’idea,
però, è un progetto pilota che sfrutti il patrimonio edilizio (circa 2.200
alloggi) del Comune, da riqualificare con i 43 milioni di euro che la Regione
dovrebbe inviare a breve e altri 30 milioni rimodulati: “Vogliamo far diventare Messina un esempio e, utilizzando le nuove
tecniche di bioarchitettura, vogliamo
costruire, su uno o due piani, case in legno che in Europa sono fiore all’occhiello. Sono previsti 50 cantieri nel
2019, 100 nel 2020 e altri 100 nel 2021 per avere così circa 1.500 alloggi in tre anni”. Un programma ambizioso, da
verificare, ma “entro cento giorni capiremo se sarà possibile. I tecnici sono
favorevoli e – ha concluso Scurria – questo
cambierebbe il volto della Città”.
Conclusioni affidate all’assistente del Governatore, Pippo Rao, ex assessore al
risanamento nella giunta Buzzanca: “Guardo
con speranza a chi si propone di chiudere una lunga e ingiustificata fase della
Città”.
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