mercoledì 28 novembre 2018
SCUOLA FORMAZIONE GIORNALISTI
Assisi. Frate Simone racconta la vita di San Francesco: Dalla Città alla periferia
di Tiziana Santoro
In
occasione della terza edizione della
scuola di formazione per giornalisti, dedicata a Giancarlo Zizzola e tenutasi
ad Assisi, frate Simone ha accolto i giovani giornalisti presso la Basilica di
San Francesco. Un’occasione unica per ammirare gli affreschi di Giotto in un’insolita
ora serale, quando i fedeli non affollano le navate e il clima intimo e
raccolto consente di riflettere su un’esclusiva interpretazione della vita di
San Francesco proposta da frate Simone. Egli trae spunto dagli studi
giornalistici incentrati sul rapporto centro/periferia per approfondire,
attraverso alcune tappe della vita del santo, tematiche di attualità legate
alla difficile coesistenza tra minoranze in città. Nel primo affresco – fa
notare frate Simone – Francesco è ritratto in Città mentre accogliere “l’omaggio
di un uomo semplice” che protrae un tappeto ai suoi piedi e gli prefigura un
destino di santità. Segue l’acuta osservazione di frate Simone che si dilunga
nel commento e fa notare che, in principio, Francesco era un giovane che faceva
vita da mercante, dedito solo ai suoi interessi economici. Francesco, rispetto
al suo interlocutore, ostenta un atteggiamento compiaciuto e di superiorità,
tipico di chi vuole diventare importante e prevaricare sugli altri. Egli è
legato alla vita terrena ed è concentrato sui suoi interessi.
Nel
secondo affresco, Giotto colloca Francesco fuori dalle mura della Città e lo
ritrae mentre dona le sue vesti a un cavaliere decaduto e divenuto povero.
Dalla prospettiva – evidenzia frate Simone – la testa del santo è posta su una
X che lo colloca al centro della rappresentazione. Francesco è sopraffatto
dalla compassione verso il cavaliere, però, il focus della sua esistenza è
ancora se stesso. Il racconto di frate Simone prosegue e indugia sul quinto
affresco. Dalla rappresentazione, si evince che l’azione di rinuncia ai beni
paterni da parte del santo ha ripercussioni sugli abitanti della Città: l’affresco
è diviso in due per far emergere la spaccatura sociale che la sua vocazione
causa in Città. Il santo rinuncia al suo status economico di mercante, all’eredità
e alla famiglia. Il suo atto di libertà va contro tutti i valori imposti dalle
logiche di profitto della società mercantile che abita e difende i suoi
privilegi in Città. Dall’altra parte della rappresentazione, in opposizione ai
mercanti e al padre di Francesco, si collocano il vescovo che lo accoglie e
sopra tutti la mano di Dio che indica a Francesco la strada da seguire. Nel
settimo affresco il Papa approva la “regola di Francesco” e la estende a tutti
gli uomini che popolano in Città affinché non litighino, non giudichino, siano
onesti nel parlare e miti con tutti.
Questa
regola – evidenzia frate Simone – è un modo di vivere la Città. San
Bonaventura, infatti, aveva chiesto al principe, ai mercanti e alle confraternite,
in qualità di rappresentanti dello Stato e della società civile, di cooperare
per far “funzionare le città”. Il presupposto – insiste frate Simone – affinché
le minoranze svantaggiate coesistano pacificamente nello stesso spazio urbano è
che si crei una prospettiva condivisa e incentrata sul presupposto “io ho
fiducia in te, in modo che tu ne abbia in me.” San Francesco, nel decimo
affresco, caccia i diavoli da Arezzo: la Città appare chiusa in se stessa
mentre imperversa la guerra civile. Francesco si colloca fuori dalla Città,
rimane ai margini raccolto in ginocchio e incoraggia Silvestro a spingersi
verso le porte per cacciare i diavoli con la forza della preghiera. Il santo
lancia un messaggio importante: vuole trasmettere che la pacificazione delle
città richiede l’impegno di tutti, che tutti devono assumersi la responsabilità
di contribuire al benessere e alla sicurezza della società. Così facendo
Francesco riveste il ruolo di operatore di pace per la comunità cittadina. Dopo
la cacciata dei diavoli, dalla crepa presente sul terreno emergono le persone
che riprendono la vita quotidiana e ricominciano a lavorare e cooperare. Frate
Simone, successivamente, individua la correlazione tra l’affresco 11 e il 14.
Nel
primo, è presente l’elemento fuoco che indica l’ardore con cui entrare in
Basilica, nel secondo è rappresentata l’acqua fatta scaturire dalla roccia per
abbeverare un povero mendicante. Francesco vuole ricordare agli uomini quanto
sia importante prestare attenzione alle altre persone. Nel 15° affresco,
infine, il santo predica agli uccelli, mentre i compagni lo aspettavano sulla
via. L’immagine di pace e concordia sottolinea che il rapporto tra Francesco e
la Città è mutato quando è mutato il suo rapporto con Dio e se stesso. La pace è
possibile nonostante la disuguaglianza tra gli uomini se questi si riconoscono
nell’immagine di Dio e nell’altro. Frate Simone, prima di congedare i giovani
giornalisti, afferma: “Quando esco dalla
Basilica devo essere convinto di essere più bello della Basilica. Se scopro questo, scopro il
segreto di Francesco ed entro nella vita con gli occhi di Francesco”.
Con
queste parole frate Simone invita i presenti a riscoprire la vera bellezza
nella Città, egli è fortemente convinto che l’estetica, la storia e la
prospettiva futura siano le tre direttrici per migliorare la coesistenza degli
uomini all’interno delle città e che lo stesso Giotto abbia voluto racchiudere
gli episodi di vita di Francesco all’interno di un colonnato prospettico aperto
verso l’esterno, quasi a voler creare una finestra aperta sul mondo, sulle
città. La dimensione storica è data dal fatto che oltre alla storia di
Francesco è rappresentata la Genesi, a testimonianza che la vita di Francesco
si inserisce dentro una “Storia di salvezza”. Nella parte sottostante alla rappresentazione
della vita del santo – riflette frate Simone – non è stato rappresentato nulla,
perché sia chiaro agli uomini che con la morte di Francesco nulla ha fine, che
la vita continua e che spetta alle nuove generazioni dipingere il futuro e
ipotizzare nuove prospettive.
Quando
Francesco pose la prima pietra della Basilica, prosegue frate Simone, scelse di
dislocarla in periferia, per farla diventare un nuovo centro, per creare un
luogo d’incontro tra i ceti sociali economicamente benestanti e i poveri che
vivevano ai margini. Il santo, in tal modo, ha saputo creare un presupposto per
avvicinare gli uomini e cambiare il volto della Città, inglobando la periferia
nel centro. A questo punto, l’analisi di frate Simone si arresta per dare
spazio alla riflessione. Le luci calano sugli affreschi e rimangono la
suggestione del vento che imperversa e fasci di luce che filtrano dal rosone
principale. Sui banchi della Basilica un gruppo di giornalisti siede immobile e
taciturno, raccolto in se stesso e investito di una missione di rinnovamento
culturale ed etico.
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