DISLESSIA
Mio figlio va male a scuola, cosa posso fare?
di Gianluca Lo Presti
Accade, spesso, che una madre racconti
storie simili: “In prima elementare era
riluttante nella scrittura e lettura, ma attentissimo nelle spiegazioni, tanto
che nell’orale era bravo, ma non riusciva né a leggere né a scrivere”. Che
cosa succede? Come può essere che un bambino, anche, se molto sveglio e
intelligente, in tante cose possa avere così tante difficoltà nell’apprendimento
scolastico?Proviamo con una possibile risposta: la Dislessia. Ma che cos’è la Dislessia?Questa è un Disturbo Specifico dell’Apprendimento
(DSA) che coinvolge circa il 3-4% dei bambini.
Pensiamo ai cinque bambini che vanno peggio
a scuola. Il bambino con DSA potrebbe
essere colui che va male a scuola, nonostante non abbia problemi di vista o di
udito; non abbia problemi psicologici gravi; non abbia difficoltà nel contesto
famiglia e, soprattutto, che abbia un buon funzionamento intellettivo, ovvero, che
sia molto intelligente.Che fare? Di certo è meglio rivolgersi ad
uno specialista e, in questo caso, secondo l’“Istituto Superiore di Sanità”
trattasi di psicologi, neuropsichiatri infantili o logopedisti, ciò per
comprendere a fondo la situazione. In tal senso, vorremmo, però, sottolineare
ai genitori che il vero problema non è la dislessia, ma quando questa non viene
riconosciuta, in quanto i sentimenti d’inadeguatezza, da parte del bambino,
possono essere molto evidenti, sino ad arrivare, spesso, a mal di pancia per
non andare a scuola.
In Italia vi è un ottimo testo per
approfondire questo tipo di problematiche, ovvero, il libro Diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento
Scolastico, di Vio, Tressoldi e Lo Presti (ediz. Erickson).Nel testo vi sono raccolti gli indici
tipici, gli errori e le modalità per comprendere a fondo questo tipo di
problematiche.Ma cosa posso fare? La Legge 170 dell’8/10/2010
e Decreti Attuativi (MIUR 5669), indicano che è il caso di ridurre il carico di
lavoro, prevedere delle modalità di verifica che tengano conto della difficoltà,
l’uso di mappe concettuali e di modalità alternative (ma non diverse!) di apprendimento.
Facciamo un esempio. Un bambino che produce temi, eccessivamente, corti e
poveri di contenuto, si può provare ad interrogarlo, oralmente, per poi dargli
un voto sul prodotto scritto. Ciò in quanto la sua difficoltà è nel canale
scritto, ma non in quello verbale, in cui, spesso, hanno una mole di argomenti
che non ci aspettiamo, con particolari precisi ed accurati, pur avendo una
lettura lenta e gravi difficoltà ortografiche.
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