Giovedì
4 ottobre abbiamo celebrato la festa di San Francesco d’Assisi. Il Poverello è,
probabilmente, il santo più conosciuto e più popolare nella storia cristiana,
ma, nello stesso tempo, egli può anche essere descritto come il santo meno
compreso. Nella fase iniziale del suo processo di conversion, Francesco si
allontanò per sempre da suo padre, Pietro, quando il vecchio Bernadone tentò di
dissuadere Francesco dalla sua vocazione. Nonostante il suo amore naturale per
la vita Francesco abbracciò il celibato e la povertà letterale. Esso rimase per
tutta la sua vita un figlio obbediente della Chiesa istituzionale con tutti i
suoi difetti e peccati. E, Francesco, si mostrò sempre di essere il capo duro
ed esigente di un nuovo movimento impegnativo nel mondo cattolico. Tutte queste
dimensioni dell’Uomo di Assisi confliggono con la comprensione popolare
tradizionale e assai superficiale del Poverello. In poche parole, questo Santo
del XIII secolo ha un messaggio serio e appuntito per noi che viviamo otto
secoli più tardi.
Non
c’è un esempio migliore di rilevanza di San Francesco per i nostri tempi che i
nuovi dettagli ed interpretazioni di un famoso incidente nella sua vita: la
lunga visita del Santo al sultano Malik al-Kamil durante la quinta crociata che
ha avuto luogo dal 1217 al 1221. È ben noto il fatto che le crociate,
cominciate in 1095, sono state considerate “guerre sante” dai capi della
Chiesa. Iniziate da una serie di Pontefici romani, il loro obiettivo era quello
di recuperare i santuari cristiani in Medio Oriente che erano caduti nelle mani
dell’Islam. Francesco d’Assisi, tuttavia, aveva una visione molto diversa della
guerra in generale e delle crociate in particolare. Egli stesso aveva
assaggiato l’amarezza della lotta armata nella giovinezza della sua vita,
quando fu un soldato di Assisi per combattere contro la confinante Perugia.
Questa disavventura di breve durata finì in totale fallimento, malattia e
prigionia per Francesco. Infatti essa dimostrò l’inizio della sua conversione
alla vita evangelica, compreso la sua missione di esprime pacificamente il
messaggio evangelico.
Nonostante
la chiamata di Papa Innocenzo III nel 1213 per il mondo cristiano per
prepararsi a un’altra crociata, quattro anni prima che fosse effettivamente
lanciata, Francesco non predicò mai una volta o scrisse a favore dell’iniziativa
del Papa. Questo di per sé è notevole dato il fatto che il Santo di Assisi era
conosciuto per essere un figlio fedele della Chiesa, il “Vir catolicus, Totus
apostolico (l’uomo interamente cattolico, apostolico). In aggiunto alla sua
resistenza “passivamente aggressiva” alla guerra, un conflitto considerato
dalla Chiesa come giusto e “santo”, non è sorprendente che Francesco avrebbe
agito per mitigare gli orrori di ciò che un’Altra crociata avrebbe
inevitabilmente produrre. L’azione che ha preso è stata sorprendente, audace e
pericolosa. Nel 1219, due anni dopo l’inizio del conflitto, salpò dall’Italia
verso l’Egitto, attraversò la linea dall’esercito cristiano fino a quella dei
musulmani e si avvicinò al loro capo, il sultano Malik al-Kamil.
Recenti
studi hanno dimostrato che il sultano Malik al-Kamil stesso ha voluto
incontrare Francesco per motivi della pace. Difatti, dopo che aveva tentato
diverse aperture ai capi militari cristiani, il delegato del Papa ed il
cardinale Pelagio Galvani e queste sue proposte furono, costantemente, respinte
il sultano rivolse al Poverello. Sembra che ci siano prove convincenti che
al-Kamil vide in questo santo uomo dall’Occidente un possibile alleato per
raggiungere la pace. Francesco, dopo tutto, si avvicinò al Sultano con il suo
consueto saluto: il Signore ti dà la pace. In più, il santo rifiutò di prendere
i doni d’oro, d’argento e gli indumenti di seta a lui offerti dal capo
musulmano. Con questo gesto eroico, Francesco dimostrò che lui non era lì per
nessun guadagno personale. Fin dall’inizio del loro incontro sembrava di
esistere un rapporto di rispetto tra i due uomini. Infatti, il sultano permise
a Francesco di rimanere nel campo musulmano per la gran parte dell’anno, anche
se i crociati cristiani posero l’assedio alla vicina città di Damietta, facendo
sì che il popolo del sultano soffrisse immense sofferenze e privazioni.
Mentre
Francesco rifiutò i doni offertigli da al-Kamil, lo fece portare con sé alla
sua partenza un corno d’avorio, lo strumento usato per chiamare il Salat, cioè
il tempo musulmano di preghiera di cinque volte al giorno. Questa pratica islamica
colpì, particolarmente, il santo. Inoltre, alcune delle preghiere scritte di
Francesco dopo 1221, in un certo modo sono in parallelo ai nomi ben noti, 99 in
tutto, che si trovano nel corano per il Divino. Tra i nomi attribuiti alla
Divina Maestà uno si trova il Compassionevole, il Sovrano, il Santo, il
Pacifico, il Possente. Anche Francesco chiama Dio l’Altissimo, il Re del cielo
e della terra, il Buono, il Tutto Bene, il Supremo Bene, l’Amore, La Saggezza,
L’Umiltà, La Resistenza, il Riposo, La Pace, La Bellezza, La Dolcezza, la
Nostra Grande Consolazione, La Vita Eterna.Chissà
forse (e questo è il più probabile), nelle sue numerose conversazioni con Malik
al-Kamil Francesco abbia ricordato la direttiva che Gesù dà nel Vangelo di
Matteo: Se, dunque, presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo
fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare
e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo
dono (Mt 5,23-24). Sicuramente, i musulmani erano contro i cristiani perché
quest’ultimi rifiutavano in continuazione ogni iniziativa di pace. Come
rappresentante della Chiesa cristiana, Francesco ha, sicuramente, sentito il
peso di “essere un nemico” per i musulmani e prese nella preghiera e il digiuno
a La Verna come risposta davanti a questo rifiuto.
Questa
esperienza del nostro Santo del XIII secolo ci sfida direttamente oggi. A causa
di circostanze con cui siamo tutti così familiari, una vera “islamofobia” ci ha
afferrato il nostro cuore in Occidente. Dal momento che i tragici eventi dell’11
settembre 2001 (9/11) e i diversi attacchi terroristici sparsi per tutta l’Europa
e gli Stati Uniti sono avvenuti, anche gli stessi nomi, il modo di vestire, l’aspetto
fisico e le usanze medio-orientali delle persone provenienti da questi luoghi,
scintilla dei sentimenti di disagio, diffidenza, insicurezza e paura in molte
persone occidentali. San Francesco sfida direttamente questa mentalità malata. La
sua vicinanza fisica, emotiva e spirituale al mondo dell’Islam e la sua chiara
accettazione di tutto ciò che è buono in questa tradizione religiosa si pone
come un esempio per il nostro mondo, sempre più diviso come è tra “loro e noi”.
Per
di più, il Santo di Assisi ci fa mettere in profonda riflessione prima di
giudicare chi è il nemico oggi. Mentre gli eventi del 9/11 stanno come orrendi
atti di terrorismo e violenza contro esseri umani innocenti, ora, diciassette
anni, dobbiamo chiedere se noi in Occidente non siamo altrettanto nemici.
Specialmente nel brutal modo in cui ci di trattiamo a vicenda. Sicuramente, San
Francesco avrebbe molto da dire se stesse vivendo tutto questo oggi in prima
persona. La sua esperienza ed esempio di fronte a uno scenario simile
stranamente simile al nostro, è che lui visse nel suo tempo, cioè la quinta
crociata, ci domanda profondamente. Naturalmente, l’esempio di Francesco con il
sultano si applica non solo ai nostri punti di vista e le azioni verso la gente
islamica. Tutti noi nutriamo pregiudizi di ogni genere. Spesso vediamo gli “altri”
nel nostro mondo come sospetti, temibili e minacce. La nostra mente impaurita
vede con diffidenza gli “altri” a causa della loro razza, religione,
orientamento sessuale, classe, o perfino cultura. La sfida che Francesco pone
davanti a noi mentre ci apprendiamo i fatti del suo contatto, dialogo e
amicizia con Malik al-Kamil ci avrebbe consapevolmente superare ogni ostacolo
che ci mettiamo tra noi e le persone che non sono come noi.
Abbracciamo,
dunque, l’atteggiamento di Gesù Cristo stesso nei confronti di tutti e tutto.
In altre parole, quell’atteggiamento santo che proprio San Francesco abbracciò,
che è quello di uscire da se stesso verso l’incontro con lo straniero, il nuovo
arrivato e quelli che noi ancora non conosciamo. Francesco approverebbe molto
questa intuizione. L’ha vissuta in prima persona! Oh! Signore, fa di me uno
strumento della tua pace:
Dove
è odio, fa ch’io porti amore,
dove
è offesa, ch’io porti il perdono,
dove
è discordia, ch’io porti la fede,
dove
è l’errore, ch’io porti la Verità,
dove
è la disperazione, ch’io porti la speranza.
Dove
è tristezza, ch’io porti la gioia,
dove
sono le tenebre, ch’io porti la luce.
Oh!
Maestro, fa che io non cerchi tanto:
Ad
essere compreso, quanto a comprendere.
Ad
essere amato, quanto ad amare
Poichè:
Se è: Dando, che si riceve:
Perdonando
che si è perdonati;
Morendo
che si risuscita a Vita Eterna.
Amen.