MESSINA
Il mare Mediterraneo serba memoria del sembiante dell’altro da noi e del suo dolore. “Cuore mediterraneo”
di Redazione
Dal
7 all’11 agosto 2018, alla Camera di Commercio di Messina – nell’ambito della X Edizione dello spettacolare sbarco di
Don Giovanni d’Austria – si è tenuta un’esposizione di opere d’arte visiva di
25 artisti, messinesi e non. La collettiva d’arte contemporanea è stata organizzata
dal team di Mutualpass e ha potuto contare sull’apporto di pittori quali Piero
Serboli, Giuseppe Brancato, Mantilla, Stello Quartarone e Dimitri Salonia, solo
per citarne un quintetto fra quelli più quotati, oltre naturalmente l’arcinoto
Togo. Si è partiti dalla tematica del mar Mediterraneo, non solo vissuto e
concepito quale elemento naturale, ma centro di commercio e fulcro di
suggestivi miti, spazio di scontri di civiltà, religioni e popoli, ma anche di
fusioni e incontri.
La
nostra terra, proprio per la sua posizione e allocazione al centro del
Mediterraneo, ne costituisce baricentro e cuore. E, infatti, l’intitolazione
trae incipit da una mappa su 30 pergamene scoperta nel 1843 nel monastero
Sassone Benedettino di Ebstorf: tutta Europa l’aveva ammirata per le
suggestioni che evocava, con una rappresentazione ideale del mondo all’epoca
conosciuto, con Gerusalemme, terra santa in posizione centrale e più in basso,
con caratterizzazione certo stilizzata, una Sicilia in mezzo al mare con una
forma poetica di cuore. Tale mappa, riferibile a Gervasio, di cui si serba solo
la documentazione fotografica, fu distrutta nel corso della seconda guerra
mondiale. Il Mare Nostrum concepito quale “luogo culturale” ha visto
incrociarsi genti e lingue, e ai nostri giorni secondo una visione purtroppo
quasi imperante, non è più “infestato” dai pirati ma da novelli diversi da
perseguire e respingere, che per lo più sono vissuti come portatori di minacce
contro il mondo occidentale contraddistinto da un certo qual diffuso benessere
e omologato intorno a precipui valori/disvalori, con il terrore dei barconi che
galleggiano all’orizzonte.
Così,
i migranti sono sovente accomunati dalla sbrigativa terminologia di clandestini
e si dimenticano o si disconoscono anche volutamente le differenti
articolazioni di possibile riferimento, di profughi, rifugiati, richiedenti
asilo, vittime della tratta, minori non accompagnati, etc. Gli artisti hanno
declinato questa piaga attraverso tecniche e usi differenti di materiali e
colori, trovando, però, un comune denominatore in una visione non distorta
delle migrazioni, ove il cuore siciliano, da sempre aperto all’accoglienza e
all’accudimento, intuisce la tragedia nel suo profondo e se ne fa attore in un
processo di condivisione delle umane miserie. Installazioni, dipinti e sculture
hanno raccolto il testimonial di questo olocausto novello con rappresentazioni
artistiche che hanno evidenziato la pietas
che accomuna gran parte del popolo siciliano, per essere stato avvezzo ad
essere, anche nel suo recente passato, vittima dell’emigrazione per necessità
di affrancarsi dalla povertà.
Accanto
alla maggior parte di opere con tale sviluppo – ai nostri tempi di tragica
attualità, con il porto di Catania ove si è consumata con pesanti strascichi l’odissea
della nave Diciotto – altre si sono contraddistinte per una percezione del mare
Mediterraneo più mitica e leggendaria, ma sempre con pennellate e tecniche
appropriate, per delineare, con approccio equilibrato e empatico, come in un‘epopea,
la storia dei moti dell’animo umano in un tempo e uno spazio travalicanti i
confini territoriali della cronaca.
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