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 giovedì 16 agosto 2018

I TESORI DI MESSINA

La Vara: il racconto di un giovane tiratore

di Tiziana Santoro


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Il culmine delle celebrazioni rimane la festa dell’Assunta, durante la quale la Vara – o Bara – della Madonna sfila per le strade principali della città. Il carro votivo – costruito nel 1535 dall’architetto Radese e rivisitato negli anni con l’apporto di qualche variante – nella parte inferiore rappresenta la Tomba di Maria Vergine, intorno alla quale si trovano i 12 apostoli. Sopra le loro teste girano, in direzione opposta, il Sole, la Luna e gli angeli legati ai ferri. Al di sopra, stanno le nubi, il firmamento e il globo. Procedendo dal basso verso l’alto si incontrano un cerchio di serafi, cherubini, angeli e arcangeli. La macchina votiva si sviluppa in altezza quasi a voler sovrastare i palazzi e culmina in cima con un fantoccio che rappresenta il padre eterno col braccio alzato, nell’atto di protendere Maria per l’assunzione in cielo. Un tempo interpretata da bambini, attualmente, per ragioni di sicurezza, i figuranti sono stati sostituiti da fantocci, ma il carro è sempre trainato attraverso le funi dai devoti messinesi, che rinnovano ogni anno il loro voto di fede. Il fascino delle celebrazioni è sentitissimo dalla comunità locale e continua ad accogliere turisti che giungono da ogni parte del mondo per partecipare alla festa più rappresentativa della Città. L’importanza storica e socio-culturale dell’evento non è stata scalfita dal progresso e dall’evolversi del tempo e le nuove generazioni mantengono intatta la loro partecipazione. Lo comprendo bene confrontandomi con un giovane tiratore della Vara che chiamerò F.A.

Il nostro è stato un incontro casuale e amichevole, avvenuto mentre lui lavora al bar di un noto lido sulla riviera ed io mi trovo lì in vacanza con un’amica, intenta a bere il caffè e a godermi le bellezze e il fascino del nostro Stretto. Mentre io mi rilasso, F. è iperattivo: lavora e manifesta ai presenti il suo entusiasmo per la prossima celebrazione della festa dell’Assunta. Ci comunica che anche quest’anno sarà lì a tirare la Vara, posizionato come ogni anno dove è collocata la “corda montagna”. Vedere tanto entusiasmo da parte di un giovane, per una celebrazione così antica, mi incuriosisce e, così, lo convinco a concedermi un’intervista e a raccontarmi come vive la sua partecipazione all’evento. F. è un po’ geloso della sua privacy, però, alla fine, tra una battuta e l’altra inizia a raccontarsi. Ha compiuto 37 anni e tira la Vara da quando ne aveva 18. Quando gli chiedo la ragione di questa scelta, mi dice che in seguito a un’esperienza personale e che lo ha segnato molto ha fatto un voto segreto e che lo rinnova ogni anno, indossando il tradizionale vestito bianco con la cintura di stoffa azzurra che ricorda nei colori il manto dell’Assunta. F. mi spiega la complessità dell’organizzazione e l’impegno del “comitato Vara” che vigila ogni anno sulla realizzazione dell’evento. Mi racconta che i devoti, che rinnovano da più tempo il loro voto, sono vestiti di blu e si collocano sul ceppo, mentre gli altri sono posizionati lungo la “corda di mare” e la “corda di montagna” e hanno il compito di sincronizzarsi per trascinare il carro votivo, facendo particolarmente attenzione al momento della partenza da Piazza Castronovo e al momento della virata all’angolo tra il Corso Garibaldi e la Via I Settembre.

Chiedo a F. di raccontarmi un momento in cui ha vissuto la sua esperienza da tiratore in modo particolarmente emozionante. Ci tiene a precisare che ogni volta che rinnova il suo voto prova un’emozione e un coinvolgimento fortissimo, tuttavia, è particolarmente sensibile alla presenza di quei genitori che si recano alla processione portando con sé i figli disabili. In particolare, ricorda di essersi commosso quando ha tagliato un pezzo della corda benedetta con cui è stata trainata la Vara per donarla a un ragazzo diversamente abile. La commozione negli occhi del padre, scaturita dal suo gesto spontaneo, gli ha trasmesso un sentimento di profondo rispetto e fratellanza che lo accompagna tuttora. F. prosegue nel suo racconto e mi spiega che “il taglio della corda” è un “rito nel rito”, che ciascun tiratore ne porta sempre un po’ con sé per poterlo offrire in segno di protezione e fede ai membri della propria famiglia, agli amici, a chi ha bisogno di cura e speranza.

Quando chiedo a F. di spiegarmi come mai da 500 anni questo rito che si perpetua sempre uguale non smette di coinvolgere le nuove generazioni di giovani globalizzati, mi risponde senza esitazione che la Vara rimarrà a vita, altrimenti a Messina non è Ferragosto. Con questa affermazione, mi aiuta a comprendere quanto sia forte e indelebile nel tempo l’identificazione con la storia delle comunità locali che si sono succedute nei secoli e come il senso profondo delle radici, della storia e la dimensione sociale della comunità odierna sia ancora un valore fortemente trasmesso da una generazione all’altra. La Vara è una tradizione – prosegue F. – che Messina non può perdere, altrimenti non esisterebbe più la Città.

A seguire, gli domando come mai i fedeli si apprestano a trainare il carro votivo a piedi e a mani nude, quali siano le ripercussioni in cui possono incorrere e se ha mai assistito a incidenti gravi. F. chiarisce che trainare la Vara senza protezioni ancor più che un atto di fede, significa esprimere un atto d’amore verso l’Assunta e che purtroppo chi partecipa si espone sempre a rischi. F. mi racconta l’esperienza che ha vissuto circa due anni fa, quando un fotografo nel tentativo di fare un reportage è caduto sotto il ceppo della Vara in movimento, pur rimanendo fortunatamente illeso. F. chiarisce che mettere in piedi una macchina votiva della portata della Vara non può esentare i partecipanti da qualche imprevisto, tuttavia, mi spiega l’importanza che riveste l’amministrazione comunale che col suo operato può certamente contribuire a ridurre i rischi e a tutelare i suoi cittadini. Mi racconta che l’anno scorso è stato particolarmente difficile per i tiratori controllare la macchina votiva in movimento. A ostacolare il passaggio e a renderlo più rischioso, hanno contribuito la mancata potatura degli alberi, le cui fronde si contrapponevano al loro passaggio, inoltre, molti tiratori sono caduti perché nessuno ha provveduto a “grattare” le strisce pedonali in modo da renderle meno scivolose per la presenza dell’acqua.

Nonostante queste difficoltà che hanno procurato qualche incidente e destato preoccupazione, nessun devoto si è sottratto al suo voto. Per quest’anno, F. è più fiducioso nell’operato della V circoscrizione – quella a cui appartiene – e ritiene che tutte le misure di sicurezza necessarie per agevolare il passaggio della Vara siano state applicate, compresa la rimozione dei dossi stradali presenti sul corso Garibaldi. Ringrazio F. per aver soddisfatto ogni mia curiosità e per avermi raccontato la sua esperienza di “giovane tiratore” della Vara. In conclusione, gli chiedo se sente di voler aggiungere qualcosa al suo racconto. F. aggiunge solo che per lui la “Vara è unica e sola”, al termine, si congeda e augura un buon Ferragosto a tutti i messinesi.


 


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