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Giuseppe Giannetto – Ass. La Sicilia ai Siciliani: Applicare lo Statuto Siciliano
di Redazione
In
merito all’iniziativa degli onorevoli Catalfamo e Amata, riguardo la modifica
dello Statuto Siciliano finalizzata all’eliminazione della condizione di
svantaggio dovuto alla insularità sono “costretto” a fare qualche osservazione.
Pur ritenendola apprezzabile, per lo spirito d’intraprendenza dei parlamentari,
ritengo non possa essere certamente risolutiva e, pertanto, invitiamo gli
onorevoli più che a impiegare il loro tempo a modificare lo Statuto a “iniziare”
ad applicarlo con i relativi decreti attuativi, soprattutto per quanto riguarda
la parte economica definita dagli art. 36, 37,38. Infatti, una soluzione
normativa che voglia davvero essere definitiva può avere senso soltanto
intervenendo sul dettato Costituzionale o meglio reintroducendo interamente l’art.
119, modificato in maniera inusitata nel 2001.
Fino
a quella data, infatti, era puntuale il riferimento all’insularità, le isole
venivano considerate realtà svantaggiate dal punto di vista geografico,
economico e sociale, pertanto compito dello Stato era quello di promuovere
iniziative di valorizzazione e destinare specifici incentivi. Una delle
conseguenze della riforma dell’art. 119 è stata che le Isole non hanno più
avuto un trattamento specifico che tenesse conto della loro peculiarità e
fragilità, con negative incidenze certamente in tema di trasporti e commercio,
ma non solo. Di conseguenza, nonostante i trattati comunitari e internazionali
riconoscano il principio di insularità, gli abitanti delle isole continuano ad
avere uno svantaggio strutturale e infrastrutturale che impedisce di avere pari
opportunità con il resto dei connazionali e dei cittadini europei pur non
potendo usufruire di reali vantaggi legati alla pseudo continuità territoriale,
dissacrata ormai da FS che ha quasi smobilitato i trasporti pubblici nello Stretto.
La
questione dell’insularità è stata affrontata più volte nel Parlamento europeo
che, infatti, nel 1997, adottò una risoluzione per avviare “una politica
integrata adeguata alla specificità delle regioni insulari dell’Unione europea”
e poi, nel 1998, con il Trattato di Amsterdam, con il quale l’Europa riconobbe
il principio “che è necessario ridurre il divario esistente tra i livelli di
sviluppo dei vari territori e colmare il ritardo delle regioni meno favorite,
come le isole”. Oltre non si è andati, nell’arco di più di dieci anni. L’Europa
tiene conto delle variabili nel prevedere politiche destinate ad aiutare le
isole, proprio seguendo il principio del Trattato di Amsterdam, ma ciò non
basta e non è bastato agli Stati membri quando gli stessi hanno deciso di
soccorrere con aiuti e provvedimenti specifici i territori isolani
svantaggiati, a non cadere nelle maglie dei veti in materia di aiuti di Stato.
Ciò
accade in considerazione della disciplina della concorrenza, elemento
essenziale dell’integrazione europea, articolata su due aspetti principali: il
controllo sul comportamento delle imprese in materia d’intese e concentrazioni;
la limitazione degli aiuti di Stato ai produttori nazionali. Dunque, per l’Europa,
la disciplina degli aiuti di Stato è prevalente rispetto a qualsiasi altro
diritto. Qual è l’unico modo per abbattere l’ineludibilità degli aiuti di Stato
e colmare, finalmente, i predetti svantaggi? La risposta è inserire il
principio di insularità nella Carta Costituzionale, facendolo diventare parte
di quell’identità costituzionale/nazionale sovraordinata ai trattati, e,
conseguentemente, alla disciplina della concorrenza. In tal senso, vi è già in
atto una proposta di Legge di iniziativa popolare per la modifica dell’articolo
119 della Costituzione che ha l’obiettivo di portare al centro del dibattito
nazionale il tema dell’insularità e delle pari opportunità dei cittadini
residenti nelle isole.
Il
risultato che si intende raggiungere non riguarda solo eventuali regimi di
vantaggio che compensino il grave e permanente svantaggio rappresentato dalla
condizione di insularità, ma anche il superamento dei limiti rigorosi imposti
dall’Unione europea, soprattutto nel regime degli aiuti di Stato che ha, sinora,
inciso pesantemente anche nella individuazione di un modello di continuità
territoriale adeguato alle esigenze degli abitanti delle Isole. Ribadiamo con
forza che prima di pensare a modifiche dello statuto (pertanto, inutili)
INIZIAMO AD ATTUARLO e di non tirarlo fuori solo per spot elettorali.
Giuseppe
Giannetto – Ass. La Sicilia ai Siciliani
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