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 venerdì 3 agosto 2018

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Giuseppe Giannetto – Ass. La Sicilia ai Siciliani: Applicare lo Statuto Siciliano

di Redazione


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In merito all’iniziativa degli onorevoli Catalfamo e Amata, riguardo la modifica dello Statuto Siciliano finalizzata all’eliminazione della condizione di svantaggio dovuto alla insularità sono “costretto” a fare qualche osservazione. Pur ritenendola apprezzabile, per lo spirito d’intraprendenza dei parlamentari, ritengo non possa essere certamente risolutiva e, pertanto, invitiamo gli onorevoli più che a impiegare il loro tempo a modificare lo Statuto a “iniziare” ad applicarlo con i relativi decreti attuativi, soprattutto per quanto riguarda la parte economica definita dagli art. 36, 37,38. Infatti, una soluzione normativa che voglia davvero essere definitiva può avere senso soltanto intervenendo sul dettato Costituzionale o meglio reintroducendo interamente l’art. 119, modificato in maniera inusitata nel 2001.

Fino a quella data, infatti, era puntuale il riferimento all’insularità, le isole venivano considerate realtà svantaggiate dal punto di vista geografico, economico e sociale, pertanto compito dello Stato era quello di promuovere iniziative di valorizzazione e destinare specifici incentivi. Una delle conseguenze della riforma dell’art. 119 è stata che le Isole non hanno più avuto un trattamento specifico che tenesse conto della loro peculiarità e fragilità, con negative incidenze certamente in tema di trasporti e commercio, ma non solo. Di conseguenza, nonostante i trattati comunitari e internazionali riconoscano il principio di insularità, gli abitanti delle isole continuano ad avere uno svantaggio strutturale e infrastrutturale che impedisce di avere pari opportunità con il resto dei connazionali e dei cittadini europei pur non potendo usufruire di reali vantaggi legati alla pseudo continuità territoriale, dissacrata ormai da FS che ha quasi smobilitato i trasporti pubblici nello Stretto.

La questione dell’insularità è stata affrontata più volte nel Parlamento europeo che, infatti, nel 1997, adottò una risoluzione per avviare “una politica integrata adeguata alla specificità delle regioni insulari dell’Unione europea” e poi, nel 1998, con il Trattato di Amsterdam, con il quale l’Europa riconobbe il principio “che è necessario ridurre il divario esistente tra i livelli di sviluppo dei vari territori e colmare il ritardo delle regioni meno favorite, come le isole”. Oltre non si è andati, nell’arco di più di dieci anni. L’Europa tiene conto delle variabili nel prevedere politiche destinate ad aiutare le isole, proprio seguendo il principio del Trattato di Amsterdam, ma ciò non basta e non è bastato agli Stati membri quando gli stessi hanno deciso di soccorrere con aiuti e provvedimenti specifici i territori isolani svantaggiati, a non cadere nelle maglie dei veti in materia di aiuti di Stato.

Ciò accade in considerazione della disciplina della concorrenza, elemento essenziale dell’integrazione europea, articolata su due aspetti principali: il controllo sul comportamento delle imprese in materia d’intese e concentrazioni; la limitazione degli aiuti di Stato ai produttori nazionali. Dunque, per l’Europa, la disciplina degli aiuti di Stato è prevalente rispetto a qualsiasi altro diritto. Qual è l’unico modo per abbattere l’ineludibilità degli aiuti di Stato e colmare, finalmente, i predetti svantaggi? La risposta è inserire il principio di insularità nella Carta Costituzionale, facendolo diventare parte di quell’identità costituzionale/nazionale sovraordinata ai trattati, e, conseguentemente, alla disciplina della concorrenza. In tal senso, vi è già in atto una proposta di Legge di iniziativa popolare per la modifica dell’articolo 119 della Costituzione che ha l’obiettivo di portare al centro del dibattito nazionale il tema dell’insularità e delle pari opportunità dei cittadini residenti nelle isole.

Il risultato che si intende raggiungere non riguarda solo eventuali regimi di vantaggio che compensino il grave e permanente svantaggio rappresentato dalla condizione di insularità, ma anche il superamento dei limiti rigorosi imposti dall’Unione europea, soprattutto nel regime degli aiuti di Stato che ha, sinora, inciso pesantemente anche nella individuazione di un modello di continuità territoriale adeguato alle esigenze degli abitanti delle Isole. Ribadiamo con forza che prima di pensare a modifiche dello statuto (pertanto, inutili) INIZIAMO AD ATTUARLO e di non tirarlo fuori solo per spot elettorali.

Giuseppe Giannetto – Ass. La Sicilia ai Siciliani


 


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