FONDAZIONE SANTA LUCIA
Ipermemoria autobiografica, studiati i meccanismi sulla capacità di ricordare
di Redazione
Ricordare
ogni giorno della propria esistenza e per di più ricordarne i dettagli è
impossibile per la quasi totalità delle persone. Sebbene molti siano in grado
di ricordare con accuratezza eventi ad alta connotazione emotiva (per es., il
proprio matrimonio, la nascita di un figlio, il primo bacio, la morte di una
persona cara), le giornate cosiddette “normali” vengono solitamente dimenticate
o lasciano tutt’al più solo un vago ricordo. Eppure, un numero molto esiguo di
persone riesce a ricordare con incredibile accuratezza giornate apparentemente
normali. Sono i soggetti dotati di ipermemoria autobiografica ora al centro,
per la prima volta al mondo, di uno studio di risonanza magnetica funzionale
(fMRI) per comprendere i meccanismi neurobiologici alla base di tale
straordinaria capacità di memoria.
Lo
studio, condotto sperimentalmente tutto in Italia presso la Fondazione Santa
Lucia IRCCS di Roma, coordinato da Valerio Santangelo, Simone Macrì e Patrizia
Campolongo e pubblicato sull’autorevole Rivista Proceedings of the National
Academy of Sciences of the United States of America, PNAS, ha coinvolto
numerosi centri di ricerca tra cui l’Istituto Superiore di Sanità, l’Università
di Perugia, l’Università della California-Irvine e Sapienza Università di Roma.
“Abbiamo monitorato otto persone con
ipermemoria, individuate dal gruppo di ricerca nella popolazione italiana a partire dal 2015, e 21 soggetti
di controllo con memoria normo-tipica – afferma il primo autore dello
studio Valerio Santangelo, dell’ateneo di Perugia e della Fondazione Santa
Lucia IRCCS –. La cosa straordinaria è che, oltre a ricordare il giorno della
settimana di una data lontana nel tempo (per es. ricordano che il 3 agosto del
2011 era un mercoledì!), sono anche in grado di dire come erano vestiti in
quella giornata, che cosa hanno mangiato, quale film hanno visto, etc. Ancora
più sorprendente è la completa assenza di
esitazione o di sforzi consapevoli quando tali soggetti devono richiamare alla memoria eventi che
hanno vissuto anche decine di anni prima”.
Durante
scansione fMRI, ai soggetti è stato chiesto di rievocare esperienze
autobiografiche relativamente recenti (ad es., “L’ultima volta che hai preso un
treno”) o remote (ad es., “La prima volta che hai baciato qualcuno”). Nell’arco
di 30 secondi, i soggetti dovevano premere un pulsante per indicare che avevano
rintracciato quello specifico ricordo in memoria (fase di “accesso” al ricordo)
e poi continuare a rivivere il ricordo quanto più possibile nel dettaglio (fase
di “elaborazione” del ricordo). “Come era
lecito attendersi – prosegue l’ultimo autore dello studio Patrizia
Campolongo, della Sapienza e della Fondazione Santa Lucia – i soggetti con ipermemoria autobiografica hanno rievocato un numero
maggiore di dettagli e con maggior vividezza rispetto ai soggetti di controllo. Sorprendentemente, le
differenze funzionali tra ipermemori e controlli sono state riscontrate unicamente nella fase di accesso al ricordo, ma non
di elaborazione dello stesso. Durante
la fase di accesso, i soggetti ipermemori hanno mostrato un incremento di
attivazione della corteccia
prefrontale mediale e della sua connettività funzionale con l’ippocampo,
soprattutto nel caso di ricordi remoti. Questi risultati sembrano mostrare che
l’ipermemoria consiste, principalmente, nella
capacità di accedere, tramite il circuito prefrontale-ippocampale, a tracce
mnestiche non accessibili invece ai soggetti di controllo, spiegando così la
maggiore capacità dei soggetti
ipermemori di riportare alla luce dettagli infinitesimi del loro passato”.
Questi
risultati permettono di aprire nuove frontiere di ricerca sulla memoria,
tradizionalmente studiata in termini di ipo-funzionamento in condizioni
patologiche. “Comprendere i sistemi neurobiologici alla base dell’iper-funzionamento
di memoria – conclude Simone Macrì, dell’ISS – fornisce di fatto importanti indicazioni su come intervenire (in
termini di stimolazione cerebrale) per ripristinare un funzionamento adeguato
dei sistemi di memoria in condizioni patologiche”.
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