IL TACCUINO DI NUCCIO FAVA
Umanizzare la politica per fronteggiare i grandi rischi del nostro tempo
di Nuccio Fava
La
notizia più importante è l’annuncio del via alla santificazione di Giorgio La
Pira, singolare e straordinaria figura di politico, sarebbe giusto dire anche
di politico, per chi è personalità ricca di tanti aspetti significativi. Giurista
insigne e politico d’ispirazione cristiana, ha militato sino alla fine nella
Democrazia Cristiana di Moro, di Zaccagnini e di Fanfani, amico di poeti, di
artisti, soprattutto dei giovani e delle persone più bisognose e sofferenti. Nella
sua Firenze, promosse già negli anni sessanta i famosi Incontri del
Mediterraneo, mettendo a confronto Arabi e Israeliani, intellettuali del campo
socialista, dominato allora dall’URSS, dando vita ad un sorprendente dialogo in
piena guerra fredda e di rigidezza ideologica molto forte tra oriente ed
occidente. È stato grande amico del premio nobel Quasimodo e anche di Salvatore
Pugliatti, giurista e musicologo illustre, per lunghi anni rettore dell’Università
di Messina, dove La Pira coprì la prima cattedra di diritto romano, prima di
trasferirsi nell’Ateneo fiorentino. Tra i protagonisti principali dell’Assemblea
Costituente, promotore del dialogo tra tutte le componenti dell’Assemblea, fu
particolarmente vicino al socialista Lelio Basso e al comunista Concetto
Marchesi. Del resto, fu ricevuto da Krusciov al Cremlino, riuscendo a
dilazionare un incontro per poter andare a messa. La sorpresa dei dirigenti del
PCUS non impedì in alcun modo che la richiesta fosse esaudita e che il
professor La Pira potesse seguire la messa domenicale nella chiesa di San
Giorgio.
Personalmente,
ebbi modo di incontrarlo proprio all’uscita della messa a Roma nella Chiesa di
San Filippo Neri che ricordava sempre simpaticamente citandone la frase rivolta
ai ragazzi dell’oratorio “State buoni se potete”. Evidentemente l’affetto per
San Filippo, amico di Ignazio di Loyola, che promesse la costruzione della
Chiesa del Gesù, a due passi dalla vecchia sede della Democrazia Cristiana, e
con alle spalle via degli Astalli, incrocio permanente di stranieri in cerca di
aiuto anche alimentare, è solo un piccolo elemento per inquadrare la figura del
professore e la sua singolare capacità di entrare immediatamente in contatto di
dialogo profondo con tutti. Chissà come avrebbe sopportato una stagione civile
e politica come l’attuale e quali iniziative avrebbe messo in campo per
umanizzare i rapporti e favorire in ogni modo il dialogo e la comprensione
reciproca tra lontani e diversi.
Angosciato
dalla guerra, specie nel periodo del conflitto in Vietnam, si recò ad Hanoi a
incontrare Ho Chi Minh e proporre un piano di superamento del conflitto, con la
inevitabile divisione del paese in nord e sud Vietnam, soluzione provvisoria
per favorire la successiva unificazione che si realizzò qualche anno dopo.
Furono, però, necessarie ancora morti e distruzioni disumane, e la progressiva
crescita – anche negli USA – di movimenti, specie di giovani, nelle università
americane, e poi in tutta Europa, per arrivare infine agli accordi di Evian,
che videro protagonista il segretario di stato Kissinger, il quale si avvalse,
si potrebbe dire, anche delle idee ispiratrici di Giorgio La Pira.
Era
di una delicatezza e rispetto per ogni interlocutore davvero non comune, e
sapeva trarre cose positive in ogni situazione, anche la più difficile. Seppe “costringere”
De Gasperi ed Enrico Mattei a non chiudere la Pignone di Firenze, riuscendo a
convertirla in modo permanente e con risultati più che positivi ancor oggi. La
Pira non teneva conto solo dei dati economici e della idoneità di una impresa a
stare con guadagni nel mercato, come ancora oggi si dice nella nostra società
globalizzata, ma anche degli aspetti umani di lavoratrici e lavoratori,
mettendo al centro la condizione delle loro vite e dei loro redditi in rapporto
alle situazioni delle rispettive famiglie.
Avrebbe
ritenuto insopportabile il modo in cui la politica continua a non voler
affrontare con razionalità e coraggio la questione epocale dei migranti e la
tragedia delle morti nel Mediterraneo, anche di donne e bambini. Mare
Mediterraneo che il “sindaco santo” amava tantissimo e considerava luogo
privilegiato di costruzione della pace, di amicizia e collaborazione reciproca
perla presenza di paesi sì diversi, ma chiamati ad una funzione comune di
umanizzazione e sviluppo, e tesi alla crescita giusta perché solidale. Lo ha
ricordato ieri Papa Francesco ricevendo un gran numero di migranti, appunto, e
incoraggiandoli a non disperare nonostante le sofferenze, le ingiustizie e i
dolori incontrati nel loro peregrinare e nell’umiliazione di essere respinti;
situazioni presenti anche nelle Scritture, nelle ingiustizie che Giuseppe e
Maria, con Gesù appena nato, subirono, non trovando posto in albergo ed essendo
costretti a rifugiarsi in una stalla. Questo esercizio di virtù e di capacità
di resistenza dolorosa non può però fare da alibi ai governanti e alla loro
incapacità egoistica di trovare una soluzione ragionevole e positiva, giungendo
addirittura a strumentalizzare il problema da molti punti di vista che rifiutano
di porre le basi di una nuova solidarietà e di una accettazione dell’altro in
senso positivo e non come fattore di paura, di timori e di insicurezza.
Lasciata
la politica La Pira si dedicò interamente allo studio e alla meditazione, una
scelta impegnativa di tipo monastico, nel Convento di San Marco in Firenze,
sempre disponibile alle richieste di interventi su temi di teologia e di
responsabilità del cristiano nella storia, senza sottrarsi mai agli impegni e
ai doveri verso il bene comune. Resta, quella di La Pira, una testimonianza di
altissimo valore e di straordinaria validità, molto lontana dalla teatralità
esibita dal nostro vicepresidente leghista che sventola il Vangelo in Piazza
Duomo a Milano e ostenta il rosario sul palco, strumentalizzando valori molto
più fondamentali di quanto egli stesso possa comprendere: un crescendo
sconcertante di protagonismo e di accanimento contro i migranti. Dopo i porti
chiusi, infatti, e dopo l’attacco generalizzato alle ONG, Salvini lancia una
sterzata per restringere il numero di accoglimenti dei migranti e intensificare
l’incremento dei controlli sulle spiagge per quei poveracci di venditori
ambulanti di magliette e cianfrusaglie varie sotto il sole e nella sabbia
bollente. Senza dire dell’aspetto più inquietante rappresentato da questo
assurdo pressing contro il presidente Mattarella che dovrebbe intervenire nelle
vicende giudiziarie di Bossi e della Lega, a fronte di decisioni della
magistratura giunte sino alla Cassazione.
C’è
in tutto questo un segnale di forte preoccupazione e di smarrimento sul futuro,
che provoca del resto già divisioni e potenziali scontri fra le forze della
maggioranza “del cambiamento” e all’interno dei pentastellati e dei leghisti.
Se non si trova urgentemente un criterio di ragionevolezza che dia un fermo
significativo alla presuntuosa arroganza di voler quotidianamente primeggiare
sui media e nel rapporto con l’opinione pubblica, giorni davvero difficili si
annunciano. Purtroppo, anche l’opposizione non pare sufficientemente consapevole
della gravità della situazione e soprattutto non più in grado di esprimere una
linea alternativa ragionevole e di dare un vero contributo, sempre dall’opposizione,
per spingere in direzione di un rinnovamento virtuoso e di un alleggerimento
delle tensioni e della confusione crescente. Speriamo che la direzione del
partito democratico si renda conto delle sue responsabilità e riesca ad
elaborare finalmente una linea in grado di dialogare con i cittadini elettori e
di confrontarsi con proposte alternative chiare e credibili con il governo e
con questa singolare maggioranza che si esprime con due capipopolo e un
presidente del consiglio che rischia di fare, più che l’avvocato, il notaio
della situazione.
In
questo senso, Giorgio La Pira e la sua possibile santificazione potrebbero
rappresentare uno stimolo formidabile per imboccare quelle via di riflessione
che, purtroppo, è rimasta finora del tutto assente sin dall’esito del recente
referendum costituzionale, del catastrofico esito delle recenti elezioni
politiche e fino alla disastrosa conferma del voto amministrativo con la
sconfitta in numerose città e regioni tradizionalmente considerate, non senza
una qualche superficialità, come roccaforti delle sinistre. Una forza politica
può anche estinguersi ma dovrebbe, in ogni caso, rappresentare davanti al paese
le ragioni della sua esistenza e quelle del proprio fallimento, con le
conseguenze di una responsabilità storica verso l’Italia e l’Europa.
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