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 giovedì 2 gennaio 2014

BIOETICA

Un impegno per la vita

di Barbara Cortimiglia


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Pubblicato, su una delle riviste più prestigiose del mondo scientifico “Journal of Medical Ethic”, un articolo choc con un inverosimile titolo: “Aborto dopo la nascita, perché il bambino dovrebbe vivere?”.

Gli autori di questo scioccante articolo, due bioeticisti tra l’altro italiani, sostengono che sia il feto che il neonato sono solo persone potenziali senza alcun interesse, pertanto, è lecito l’aborto post-nascita.

Essi ritengono che uccidere un neonato sia, eticamente, ammissibile in quelle circostanze in cui lo è, anche, l’aborto, cioè a dire, se i potenziali genitori per motivi psicologici, economici, sociali, sono a rischio, sussistono motivi morali per non imporre oneri finanziari e psicologici indebiti a coloro che sono persone in senso stretto (i genitori), questo autorizzerebbe l’uccisione del neonato, soprattutto, nei casi di evidente disabilità del nascituro, in quanto privo di valore morale, non ancora definibile “persona”. Da qui nasce la questione della Bioetica, quando una persona è definibile individuo umano a pieno titolo? Il concetto di persona è stato, variamente, inteso ed elaborato nella storia del pensiero filosofico, per alcuni si definisce persona un individuo concreto dotato di una certa natura ontologica, ossia una sostanza individuale di natura razionale, la quale si manifesta in una serie di capacità, funzioni; per altri a prescindere dalla loro natura ontologica, sono chiamate persone quelle capaci di autocoscienza, razionalità, capacità di comunicazione e di riflessione. I Comitati di Bioetica, che nascono per discutere e riflettere su questi importanti argomenti, sostengono che essere persona è il possedere la natura razionale e il semplice possesso della natura umana e l’identità personale sussiste sin dalla fecondazione. Tornando all’articolo sopra citato, per i potenziali genitori è necessario trovare un equilibrio tra i benefici e i costi probabili ai quali si va incontro, consentendo agli stessi di scegliere le circostanze nelle quali diventeranno i tutori di persone potenziali.

Un senso sociale di persona viene riconosciuto anche ai neonati, ma non è ancora così forte. Lo status del neonato muta in quello del bambino piccolo una volta che vi sia un impegno nel crescerlo.

La prima reazione di fronte alla lettura dell’articolo dei due bioeticisti italiani, è quella di sgomento e induce, una bioeticista come me, inevitabilmente, a fare delle riflessioni sulla bioetica: la Bioetica nasce, negli anni ‘70, in virtù dell’esigenza di porre un ponte tra le scienze biologiche e le scienze morali, un’esigenza che nasce sulla discussione di problemi di natura etica sorti sulla scia dei traguardi scientifici, condannando in un certo senso il modo di rapportarsi della scienza ai più importanti problemi umani. I principi sui quali si fonda la Bioetica sono l’autonomia della persona, che deriva dal libero consenso di coloro che sono coinvolti, di beneficenza e non malevolenza, ossia conseguire il bene ed evitare il male. La sete di conoscenza può portare gli studi scientifici ad imboccare una strada che risulta essere in contraddizione alla promozione della qualità della vita dell’uomo, mettendo, così, a repentaglio la vita stessa dell’essere umano.

Lo scienziato non può non considerare questioni di ordine etico, il progresso non deve, sicuramente, essere arrestato, ma è bene utilizzare, saggiamente, quello che la ricerca scientifica mette a disposizione, ossia lo scienziato deve assumersi il compito di guardare con i suoi mezzi al futuro, di prevedere le conseguenze a lungo termine delle sue scoperte. Un’etica che guidi l’agire umano e che impedisca alla potenza della scienza di diventare una sventura per l’uomo; pertanto, lo scienziato deve avere una responsabilità prospettica, farsi carico della previsione delle conseguenze delle proprie azioni.

La ricerca scientifica ha fatto passi da gigante si pensi ad esempio alle nuove tecniche di rianimazione, la bionica, i trapianti di organi,le tecniche di procreazione assistita ed in merito a quest’ultima la produzione di embrioni in eccedenza che vengono prima crio-conservati e poi abbandonati e lasciati morire, questi sono gli argomenti di cui si occupa la bioetica clinica, essa discute sulla liceità di queste pratiche.

Ma la Bioetica affronta anche questioni riguardanti la liceità di metodi come quelli dell’aborto, l’eutanasia, ossia pratiche tese al controllo della vita, della morte perché risulta sempre più difficile accettare di morire di fronte ai traguardi tecnologici a cui è giunto l’uomo.

Nascono così i Comitati di Bioetica tesi a garantire un corretto esercizio professionale nel campo della biomedicina e della medicina clinica la cui finalità e priorità è la promozione di una cultura della salute e della vita.


 


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