MESSINA
“Senza Messina, il film su Caravaggio è un fallimento”: nota di Vittorio Sgarbi
di Redazione
“Ha ragione, una ragione assoluta al sindaco
di Messina. Non si può immaginare un film su Caravaggio senza un’attenzione
particolarissima all’epilogo della sua vita e della sua opera, che si compie,
appunto, a Messina, tra plauso e disperazione tra affermazione e persecuzione.
Il momento messinese di Caravaggio è cruciale. Perché Caravaggio sul finire del
1608, in fuga da Malta, va a Messina? Una scelta rischiosa, dal momento che
Messina era sede della rappresentanza più importante in Sicilia dei Cavalieri
gerosolimitani e dove, quindi, poteva essere facilmente individuato, arrestato
e rispedito a Malta, da dove era fuggito evadendo spericolatamente dal Forte
Sant’Angelo. E già era stato espulso dall’Ordine dei Cavalieri di Malta
giudicato ‘membrum putridum et foetidum’. In galera Caravaggio ci era finito
per una rissa, alla quale avevano preso parte sette cavalieri, un’altra
avventura. Messina era, all’epoca, una Città di centomila abitanti, grande
quanto Roma, e Caravaggio vi trova successo e onore, e vi lascia, oltre alla
drammatica e teatrale ‘Resurrezione di Lazzaro’, il suo quadro più importante,
sintesi di valori umani e religiosi: la ‘Natività’ per la Chiesa dei
Cappuccini. Una Natività povera, nella più alta interpretazione evangelica e,
singolarmente, pagata dal Senato di Messina mille scudi, tra i compensi più
alti di Caravaggio. Una delle tante contraddizioni di una vita tormentata e
disperata. Francesco Susinno, autore de ‘Le vite de’ pittori messinesi’, lo
definisce ‘uomo di cervello inquietissimo, contenzioso e torbido’, e che temeva
di essere tradito e consegnato alla giustizia. Tanto che ‘molte volte andava a
letto vestito e col pugnale al fianco che mai lasciava; per l’inquietudine dell’animo
suo più agitato che non è il mare di Messina’. E ancora: ‘Vestiva
mediocremente, armato sempre, che piuttosto sembrava uno sgherro che un
pittore. Soleva mangiar su un cartone per tovaglia, e per lo più sopra una vecchia
tela di ritratto’. Se in un film su una vita drammatica non entra un periodo
come quello di Messina, il film è certamente un fallimento”.
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