MALTA
La Quaresima... il riscaldamento dei nostri cuori
di Fra Mario Attard
 Più
leggo il messaggio di Papa Francesco per la Quaresima di questo anno, più mi
viene nel mio cuore questa relazione assai intima fra la Quaresima e il
riscaldamento del cuore. Sfortunatamente, i nostri cuori si sono raffreddati.
Intorno ai noi e nelle nostre rispettive società, troviamo quel senso triste “dell’amore soffocato”. Quando la carità
scarseggia, allora si rischia il raffreddamento umano e spirituale. Quante
persone, come dice il Papa nel suo messaggio, sono vittime della loro morbosa “avidità per il denaro”? Quando saremo
disposti e, soprattutto, umili, ad ammettere che il denaro è la maledetta “radice di tutti i mali” (1 Tm 6,10)? E
quando dio Mammona diventa il mio signore non è ovvio che la mia vita diventa
una desolazione intera? Non diventa poi una battaglia feroce e inumana contro
chi osa disturbare il mio conforto? Specialmente, il “bambino non ancora nato, l’anziano
malato, l’ospite di passaggio, lo straniero, ma anche il prossimo che non
corrisponde alle nostre attese”?
Come posso pretendere di vivere nella felicità quando mando via, a quel paese,
il nostro Signore Gesù Cristo stesso che incontro nei poveri che mi stanno
attorno?
Il
pauroso effetto del “trono di ghiaccio”,
secondo la descrizione dantesca dell’inferno, è anche visibile dal trattamento
barbaro dell’ambiente. Se, come dice il Pontefice, “la terra è avvelenata da rifiuti gettati per incuria e interesse; i
mari, anch’essi inquinati, devono, purtroppo, ricoprire i resti di tanti
naufraghi delle migrazioni forzate; i cieli… che sono solcati da macchine che
fanno piovere strumenti di morte”, come possiamo pretendere che la
benedizione di Dio resta su di noi? E, al di sopra di tutto, se la comunità
cristiana stessa si raffredda come il nostro mondo sofferente possa mai godere
della speranza che vince il male? Non è vero, come dice Francesco, che nelle
nostre comunità ecclesiali c’è il malessere della “mancanza di amore”? Cioè quel malore “dell’accidia egoista, il pessimismo
sterile, la tentazione di isolarsi e di impegnarsi in continue guerre
fratricide, la mentalità mondana che
induce a occuparsi solo di ciò che è apparente, riducendo in tal modo l’ardore missionario”?
Il
Papa, nella vicinanza alla gente, ci dà i suoi semplici ed efficaci
suggerimenti. Per far sì che prevalga l’amore su questo cancro spirituale ed
esistenziale che si chiama raffreddamento del cuore, occorre dedicare tempo
alla preghiera, l’elemosina e il digiuno. Per Papa Francesco, nella preghiera “permettiamo al nostro cuore di scoprire le
menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi, per cercare finalmente la
consolazione in Dio. Egli è nostro Padre e vuole per noi la vita”. Poi, ci
insegna il Papa, l’esercizio dell’elemosina “ci libera dall’avidità e ci aiuta a scoprire che l’altro è mio
fratello: ciò che ho non è mai solo mio”. Ed ecco il grido del Papa vicino
ai poveri: “Come vorrei che l’elemosina si tramutasse per tutti in un vero e proprio
stile di vita! Come vorrei che, in quanto
cristiani, seguissimo l’esempio degli Apostoli e vedessimo nella possibilità di
condividere con gli altri i nostri
beni una testimonianza concreta della comunione che viviamo nella Chiesa”.
Infine,
il riscaldamento dei nostri cuori avviene anche tramite il digiuno. Difatti, ci
dice il Papa, “il digiuno, … toglie forza alla nostra
violenza, ci disarma, e costituisce un’importante occasione di crescita. Da una parte, ci permette di
sperimentare ciò che provano quanti mancano anche dello stretto necessario e conoscono i morsi
quotidiani dalla fame; dall’altra, esprime la condizione del nostro spirito, affamato di bontà e assetato
della vita di Dio. Il digiuno ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo, ridesta la volontà di
obbedire a Dio che, solo, sazia la nostra fame”. Questo bellissimo
messaggio di Papa Francesco mi fa ricordare la splendida riflessione per la
Quaresima intitolata Il bene della carità, tratta dai “discorsi” del Papa San Leone Magno.
Nel
vangelo di Giovanni il Signore dice: “Da
questo, tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per
gli altri” (Gv 13, 35). E nelle lettere del medesimo apostolo si legge: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri,
perché l’amore è da Dio; chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non
ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Gv 4, 7-8). Si scuotano,
perciò, le anime dei fedeli, e con sincero esame giudichino gli intimi affetti
del proprio cuore. E se nelle loro coscienze troveranno qualche frutto di
carità, non dubitino della presenza di Dio in loro. Se poi vogliono trovarsi
maggiormente disposti a ricevere un ospite così illustre, dilatino sempre più l’ambito
del loro spirito con le opere di misericordia. Se, infatti, Dio è amore, la
carità non deve avere confini, perché la divinità non può essere rinchiusa
entro alcun limite.
Carissimi,
è vero che per esercitare il bene della carità ogni tempo è appropriato. Questi
giorni, tuttavia, lo sono in modo speciale. Quanti desiderano di arrivare alla
Pasqua del Signore con la santità dell’anima e del corpo si sforzino al massimo
di acquistare quella virtù nella quale sono incluse tutte le altre in sommo
grado, e dalla quale è coperta la moltitudine dei peccati. Dobbiamo prepararci
a celebrare il mistero più alto di tutti, il mistero del sangue di Gesù Cristo
che ha cancellato le nostre iniquità, facciamolo con i sacrifici della
misericordia. Ciò che la bontà divina ha elargito a noi, diamolo anche noi a
coloro che ci hanno offeso. La nostra generosità sia più larga verso i poveri e
i sofferenti perché siano rese grazie a Dio dalle voci di molti. Il nutrimento
di chi ha bisogno sia sostenuto dai nostri digiuni. Al Signore, infatti, nessun’altra
devozione dei fedeli piace più di quella rivolta ai suoi poveri, e dove trova
una misericordia premurosa là riconosce il segno della sua bontà.
Non
si abbia timore, in queste donazioni, di diminuire i propri beni, perché la
benevolenza stessa è già un gran bene, né può mancare lo spazio alla
generosità, dove Cristo sfama ed è sfamato. In tutte queste opere, interviene
quella mano che spezzando il pane lo fa crescere e distribuendolo agli altri lo
moltiplica. Colui che fa l’elemosina la faccia con gioia. Sia certo che avrà il
massimo guadagno, quando avrà tenuto per sé il minimo, come dice il beato
apostolo Paolo: “Colui che somministra il
seme al seminatore e il pane per il nutrimento, somministrerà e moltiplicherà
anche la vostra semente, e farà crescere i frutti della vostra giustizia”
(2 Cor 9, 10), in Cristo Gesù nostro Signore, che vive e regna con il Padre e
lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
Come
ci dice San Giovanni Paolo II, nella sua lettera apostolica sul santo Rosario,
Rosarium Virginis Mariae, il Rosario ci conduce alla carità. “È poi preghiera di pace anche per i frutti
di carità che produce. Se ben recitato come vera preghiera meditativa, il
Rosario, favorendo l’incontro con Cristo nei suoi misteri, non può non additare
anche il volto di Cristo nei fratelli, specie in quelli più sofferenti”
(nro. 40). Poi Papa Francesco, nell’udienza del 26 ottobre 2016, ci ha
insegnati che il Rosario “è una sintesi
della Divina misericordia. Nei misteri del Rosario, con Maria, contempliamo la
vita di Gesù che irradia la misericordia del Padre stesso. Rallegriamoci del
Suo amore e del perdono, accogliamolo negli stranieri e nei bisognosi, viviamo
ogni giorno del Suo Vangelo”. Completamente
incoraggiati da questi forti insegnamenti di due giganti Pontefici sul santo Rosario,
perché non riscaldare i nostri cuori e partecipare, a partire da domenica 18
febbraio, al santo Rosario recitato da Papa Francesco su Radio Vaticana tutti i
giorni alle ore 20.00? Non dimentichiamoci che il Rosario ci riaccende il fuoco
della carità nei nostri cuori!
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