MALTA
Una questione da costruire
di Fra Mario Attard
Ho
avuto la grazia di leggere il messaggio di Papa Francesco per la 52a Giornata mondiale delle
comunicazioni sociali. Il tema di questo messaggio, per questo anno 2018,
è: “La verità vi farà liberi” (Gv 8,
32). Ma su quale verità ci stiamo parlando? Certamente, non è quel tipo di
verità che crea sensazionalismo. Neanche su quella di “svelare la realtà” per,
appunto, renderle pubblica senza essere responsabilmente tutelata. Nel
giornalismo serio, l’importante non è il volere di creare audience a tutti i
costi e senza scrupoli. Infatti, secondo Papa Francesco, svelare una cosa per
poi lasciarla così, senza custodirla in un modo responsabile è, in se stesso,
una grave irresponsabilità. Scrive il Pontefice: “La verità non è soltanto il portare alla luce cose oscure, ‘svelare la
realtà’, come l’antico termine greco che la designa, aletheia (da a-lethès, ‘non
nascosto’), porta a pensare”.
Invece,
la verità è intrinsecamente collegata con “la vita intera”. In altre parole,
come ben spiega il Santo Padre Argentino, “la
verità è ciò su cui ci si può appoggiare per non cadere. In questo senso
relazionale, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può
contare, ossia ‘vero’, è il Dio vivente. Ecco l’affermazione di Gesù: ‘Io sono
la verità’ (Gv 14,6). L’uomo, allora,
scopre e riscopre la verità quando la sperimenta in sé stesso come fedeltà e
affidabilità di chi lo ama. Solo questo libera l’uomo: ‘La verità vi farà
liberi’ (Gv 8,32)”.
È,
in questo senso, che ogni giornalista serio e doveroso, consapevole della sua “propria
missione, ha il compito … di ricordare che al centro della notizia” ci sono “le
persone”. È proprio per questo fatto, per l’ampio rispetto delle persone, che
il giornalista deve avere la coscienza di “informare è formare, è avere a che
fare con la vita delle persone”. Il Papa continua a spiegare che è esattamente
a causa di questo che il giornalista deve possedere “l’accuratezza delle fonti
e la custodia della comunicazione [come] veri e propri processi di sviluppo del
bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace”. E questo fa
più senso quando uno inquadra queste osservazioni con la visione del
giornalismo che, per Papa Francesco, è “un giornalismo di pace”. Vale a dire “un
giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a
tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che
non hanno voce”, “un giornalismo … che si impegni nella ricerca delle cause
reale dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il
superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo
impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della
violenza verbale”.
Il
vero giornalista è il difensore della verità e il nemico numero uno del fake
news, ossia delle “notizie falze”. L’esperienza ci insegna che la “logica del
serpente” distrugge e non porta dei buoni frutti. Ecco perché il Papa afferma
che “dai frutti possiamo distinguere la
verità degli enunciati: se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono
rassegnazione o se, invece, conducono a una riflessione consapevole e matura,
al dialogo costruttivo, a un’operosità proficua”.
Il
messaggio di questo anno si conclude coi punti di discernimento, derivati dalla
popolarissima preghiera francescana, che ogni giornalista deve domandare a se
stesso, prima di pubblicare qualcosa per noi lettori. In quello che pubblicherò,
seminerò il male che si insinua e non crea comunione o seminerò la capacità di
togliere il veleno dai nostri giudizi? In quello che pubblicherò, parlerò degli
altri come fratelli e sorelle o gli presenterò come estranei o, peggio, come
nemici e diavoli? In quello che pubblicherò, seminerò parole carichi di bontà
o, invece, parole colmi di odio? In quello che pubblicherò, seminerò rumore o
far crescere la cultura dell’ascolto? In quello che pubblicherò, creerò
confusione o armonia? In quello che pubblicherò, seminerò ambiguità o porterò
chiarezza? In quello che pubblicherò, seminerò esclusione o condivisione? In
quello che pubblicherò, seminerò sensazionalismo o sobrietà? In quello che
pubblicherò, seminerò superficialità o porrò degli interrogativi veri? In quello
che pubblicherò, seminerò pregiudizio o susciterò fiducia? In quello che
pubblicherò, seminerò aggressività o porterò rispetto? In quello che pubblicherò,
seminerò porterò falsità o verità?
Signore,
facci crescere, come lettori, nel tuo spirito del discernimento profondo e
attento a smascherare ogni logica del serpente. Nello stesso tempo, aiuta i
nostri fratelli e sorelle giornalisti a educarci a discernere, a valutare e a
ponderare i desideri e le inclinazioni che si muovono dentro di noi per salvaguardare
la verità che costruisce e non distrugge le persone. Quella verità che non solo
denuncia il male ma, e sopratutto, aiuta il peccatore a essere trasformato nel
bene che vince il male che lo attacca. Amen.
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