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 sabato 16 marzo 2013

SALUTE E BENESSERE

IL MOBBING

di Ester Miano


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Il mobbing è una forma di terrorismo psicologico esercitato, con intenzione di lesività, sul luogo di lavoro, in maniera sistematica e reiterata da una o più persone allo scopo di isolare, emarginare ed espellere il soggetto ritenuto “scomodo”.

Conosciamo diverse tipologie di mobbing, quali:

Mobbing orizzontale: la condotta mobbizzante è posta in essere dai colleghi;

Mobbing verticale: le vessazioni derivano dai superiori gerarchici;

Mobbing ascendente: più raramente, è finalizzato a mettere in discussione l’autorità di un superiore;

Doppio mobbing: si ha quando il mobbizzato riversa in famiglia tutti i problemi e le ansie accumulate a lavoro e mobbizza i componenti della sua famiglia con la conseguenza, quasi certa, di una crisi familiare;

Bossing: si ha quando il mobbing è voluto e pianificato dall’azienda per eliminare un dipendente scomodo;

Mobbing sessuale: si ha quando il comportamento vessatorio ha sfondo sessuale, è, però, una cosa diversa dalle molestie sessuali, non è mirato a possedere, sessualmente, la vittima, ma ad escluderla;

Mobbing strategico o pianificato: l’azienda, con azione programmata e premeditata, intende effettuare un ridimensionamento o un ringiovanimento degli organici;

Mobbing emozionale o relazionale: Sensu strictu: deriva da un’eccessiva esaltazione di sentimenti di rivalità, gelosia, diffidenza tra colleghi;

Mobbing senza intenzionalità dichiarata: caratterizzato dalla presenza all’interno dell’azienda di sentimenti di conflitto, tali da portare i colleghi a tutelare la propria posizione gerarchica, considerata in pericolo.

Diversi possono essere i disturbi fisici da esso causati, come eruzioni cutanee, abbassamento delle difese immunitarie, disturbi tiroidei, cardiaci, gastrici e digestivi, intestinali, della sfera sessuale e dolori osteo-articolari.

Oltre a quelli psichici, come, manifestazioni pisco-somatiche, agitazione ed irrequietezza, sindromi ansiose, depressione con fissazioni sul problema, abuso nei consumi di caffè, sigarette, analgesici, alcol, oltre a disturbi comportamentali ed alterazioni della personalità, che in alcuni casi inducono al suicidio.

Provoca seri danni alla professionalità in senso soggettivo: “vulnus” alla dignità e alla personalità del lavoratore determina un risarcimento, indipendentemente, dall’esistenza di un danno patrimoniale.

In senso oggettivo: pregiudizio, a carattere patrimoniale, alle occasioni, alle chances di progressione di carriera o di migliore collocazione.

Danni morali, come sofferenza, collegata alle lesioni dell’integrità psico-fisica, come patema d’animo connesso ai vari trattamenti cui viene sottoposta la vittima in seguito all’evento lesivo, come offesa alla dignità, alla reputazione, all’identità personale ed al turbamento dell’esistenza.

Danno biologico, consistente nella “menomazione dell’integrità psico-fisica della persona in sé considerata, in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nel suo ambiente di vita e aventi rilevanza, non solo economica, ma, anche, biologica, sociale, culturale ed estetica”.

A tutela del lavoratore ricordiamo art. 2; 32; 35; 41 della Costituzione Italiana – Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo (New York, 1948); Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (Roma 1950); Carta sociale Europea (Torino, 1961); Carta Comunitaria dei Diritti Fondamentali dei Lavoratori (Strasburgo, 1989); Carta di Nizza (Nizza, 2000); Risoluzione del Parlamento Europeo (settembre 2001).

Concludo con una citazione: “Nulla è, così, insopportabile all’uomo come essere in pieno riposo.. senza faccende, senza svaghi, senza occupazione. Egli sente, allora, la sua nullità, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua impotenza, il proprio vuoto”.


 


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