GALATI MAMERTINO
Il ricordo dei Caduti a Galati Mamertino – Lettera aperta della giornalista Anna Franchina
di Anna Franchina
 Come
ogni anno, ci ritroviamo ancora innanzi a questo Monumento ai Caduti eretto per
ricordare, ma soprattutto per non dimenticare, il sacrificio per la conquista
non solo del suolo italico, ma ancor di più, per la conquista della pace. Dopo
102 anni dal primo conflitto (1915) e solo 78 anni dal secondo conflitto
mondiale (1939), continuiamo, pieni di buona volontà, a ricordare i tanti
soldati caduti, colpiti da proiettili e ordigni e amiamo riunirci nella nostra
bella Piazza San Giacomo per commemorarli.
Questa
giornata, organizzata dalla ormai storica Associazione “Reduci e Combattenti”,
il cui presidente Antonino Artale programma e dispone per tempo ogni
procedimento su come deve essere articolata, affinché tutto avvenga nella forma
più idonea per rendere onore ai martiri che persero la vita, vede la
partecipazione attiva delle Forze dell’Ordine, delle autorità civili e religiose,
della rappresentanza delle Associazioni, di cittadini e, soprattutto, vede il
futuro o ciò che lo rappresenta, i ragazzi delle nostre scuole, coloro a cui
viene affidato il testimone.
Un
testimone per una consegna di pace, e non solo pace, rifuggendo dalle armi in
pugno, ma pace anche dalla guerra di parole, parole che uccidono più dei
petardi e dei missili che oggi si paventano e che sono quelle che scatenano
odio e guerra, parole alle quali seguono azioni ignominiose e vili che
provocano dolore e morte. Ragion per cui è stato redatto dal MIUR – Ministero
Pubblica Istruzione – un comunicato per l’attuazione di un Piano Nazionale per
promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione al rispetto, per
contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento
di pregiudizi e disuguaglianze, secondo i principi espressi dall’articolo 3
della Costituzione Italiana.
La
Prima Guerra Mondiale, sin dal primo momento, assunse carattere di logoramento;
sono stati documentati veri e propri atti di eroismo e immane sacrificio da
parte dei nostri soldati sull’Isonzo, sulle cime del San Michele, sulle balze
del Monte Pasubio, rese anche da testimonianze di nostri compaesani o acquisiti
compaesani, comunque da un ceppo Nebroideo, per essere originario della vicina
Alcara Li Fusi, tra questi, il colonnello Salvatore De Maria, promosso in campo
prima da sergente maggiore a sottotenente e poi a colonnello, per avere guidato
tra il 21 e 22 maggio 1915, l’85° Reggimento di Fanteria, dove trovò una
resistenza inaspettata e imprevedibile; Salvatore De Maria che, nonostante la
ritirata, continuò a sparare contro il nemico per non lasciare allo stesso le
armi in campo, come riportato su WALL STREET INTERNATIONAL, dal nostro scrittore
mamertino Salvatore Giuseppe Vicario, con documenti inediti di prima mano.
Sulla
storica vetta del Pasubio, molti scritti sono stati rinvenuti anche attraverso
i diari di campo dei soldati e ufficiali, letti da numerosi storici italiani e
austriaci che considerano il sistema difensivo italiano dall’Adamello al Piave,
una roccaforte incrollabile, un pilastro della linea avanzata, ma dove si
ebbero perdite incalcolabili di vite umane. Una lotta cruenta da ambedue le
parti dove si registrarono atti di straordinario eroismo che ispirarono
numerosi canti e leggende.Numerosi
gli episodi del secondo conflitto mondiale riferiti direttamente dal nostro
amato direttore didattico Vincenzino Orlando, in particolare accaduti a
Cassino, per averli egli stesso vissuti personalmente quando tutti i soldati
dei due schieramenti erano sbandati durante la ritirata e non avevano più un
comando, né una guida e non sapevano se dovevano o potevano ancora fare fuoco
ovvero uccidersi a vicenda. E poi quanti ritratti sulle pareti della nostra
storica sede associativa che ricordano i nostri cari, sangue del nostro sangue
che non tornarono mai più, mentre chi fece ritorno dopo essere passato per l’inferno
di quelle sanguinose guerre, come tornò? E quale fu il prezzo pagato dagli
orfani o dai figli dei reduci e combattenti? E tra quelli ancora, ce ne siamo
in tanti, c’è anche chi vi parla.
Sono
i nostri padri e i padri dei nostri padri, siamo noi che dobbiamo volere la
pace con la volontà di compiere il nostro quotidiano dovere di buoni cittadini
per tutelare la pace. Noi ricordando questi tristi episodi ogni anno nel giorno
del 4 novembre vorremmo augurarci che non si ripetano mai più. Ma perché tutto
questo accada a ciascuno di noi viene chiesto di ricordare quale prezzo è stato
pagato per avere quella libertà di pensare, di agire, di camminare, partire e
rientrare senza che un regime totalitario possa impedirci di poterlo fare; e
poi ancora una considerazione, una sola, esiste la volontà, in ciascuno di noi,
di fare e non fare e solo la buona volontà potrà salvare il mondo. Rendiamo
onore, dunque, ai nostri soldati che portano un nome inciso in ogni lapide e
anche al povero milite ignoto! Solo attraverso la memoria potranno trovare la
pace e che la loro morte abbia avuto un senso attraverso la quale a tante
generazioni è stato possibile percorrere la strada della vita in piena libertà.
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