MESSINA
Giacomo Rotondo costruì… “una strada senza nome”
di Armando Russo
Da
Mortelle in poi, sorpassati i lidi, gli accessi al mare sono chiusi dai cancelli
delle ville costruite negli anni sessanta; tutti meno uno, una strada larga che
scende dritta verso il mare. Una strada senza nome. Forse è per questa ragione che
nessun operatore ecologico del Comune si reca mai sul posto. Stat rosa pristina
nomine, e se il nome non c’è, la strada non esiste. Devono pensarlo anche i
bagnanti stagionali, che per ritrovare il percorso verso la strada che non ha
nome marcano il territorio con i loro rifiuti. I residenti, perché la zona è
abitata, si organizzano da soli: muniti di guanti e sacchetti, fanno dei turni
per la pulizia volontaria.
La
strada senza nome ha una storia, che s’intreccia con la storia di chi l’ha
costruita: Giacomo Rotondo, un padre di famiglia e un lavoratore. La sua storia
è oggi raccontata dalle figlie Antonella e Patrizia, perché lui ha concluso il
suo viaggio nel febbraio del 2002. Nel 1964, Giacomo vive in una casetta in
campagna, in Contrada Serri, insieme alla moglie Caterina. La strada che passa
da quelle zone è poco sicura e in una fredda e piovosa sera d’inverno un automobilista
finisce in un canalone. Giacomo, nonostante abbia la febbre alta, si veste e
sotto la pioggia battente va a prestare soccorso, traendo in salvo il malcapitato.
Dopo qualche anno, Giacomo decide di costruire una casa più grande su un
terreno non lontano, situato a valle della S.S.113, poco dopo il tredicesimo
chilometro, da dove un viottolo sterrato conduce a terreni ancora da spianare e
bonificare. Giacomo inizia la costruzione della casa, ma non ha dimenticato l’automobilista
caduto nel fosso e così si dedica anche alla realizzazione di una strada di
accesso, larga e sicura, che serva anche le altre case nel frattempo sorte sui
quei terreni.
Giacomo
costruisce la strada ponendo sul fondo grandi pietre e coprendole con ghiaia e cemento;
non ha frequentato il liceo, ma ripercorre ugualmente i passi di una scienza
antica, quella che secoli prima aveva permesso ai romani di costruire strade
solide e sicure che collegavano il punto di partenza a quello di arrivo con il
tragitto più breve possibile. Anni dopo, su quelle pietre che garantiscono la
solidità della strada nonostante il fondo sabbioso, viene gettato un manto di
asfalto. La strada è di uso pubblico, ma resta senza nome.
La
richiesta di intitolare questa strada a chi l’ha costruita è stata respinta dal
Comune di Messina, nonostante il parere favorevole del consiglio di quartiere.
La delibera della commissione per la toponomastica non spiega le ragioni del
rifiuto: però, è significativo che in mezzo a tante proposte accettate, dove i
candidati avevano qualifiche illustri (musicista, scrittore, prefetto) sia stata
respinta quella in memoria di un persona che a suo merito poteva vantare solo
il titolo di cittadino. Giacomo Rotondo non era un personaggio illustre: però
era un “civis”, un cittadino attivo che ha costruito una strada, sulla quale oggi
tutti possono passare.
Intitolare
una strada serve a ricordare l’identità culturale e la storia di una comunità. Essere
cittadini, nel senso pieno della parola, lavorare per migliorare il luogo dove
si vive, per far stare bene la propria famiglia, ma al tempo stesso condividere
anche con gli altri i frutti del proprio lavoro, fa parte della nostra identità
culturale storica e speriamo che continui a fare parte anche di quella futura;
per questo è bene ricordarlo alla memoria collettiva.
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