mercoledì 27 settembre 2017
GUERRE
335 Anni di un conflitto mai combattuto
di Alessandro Maria Raffone
In
linea teorica, se qualcuno ti dichiara guerra, visto l’atto estremo a cui si
arriva lo dovresti sapere, ma la Storia ci insegna che per gli Stati non sempre
è così. Il conflitto di cui ci occuperemo oggi vede coinvolti un arcipelago
inglese, le Isole Scilly, e La Repubblica delle Sette Province Unite
(attualmente, Regno di Olanda). Uno scontro atipico perché non ha provocato
alcun morto, neppure dei danni sono stati dichiarati dalle parti in causa. È caduto
quasi subito nel dimenticatoio, tanto che giuridicamente è durato
trecentotrentacinque anni, dal 30 marzo 1651 al 17 aprile 1986, anno in cui è
stata firmata la Pace.
Le
Scilly sono un gruppo di cinquantotto isole, con una superficie complessiva di
poco più di sedici chilometri quadrati, che insieme all’isolotto francese di
Ouessant costituiscono il confine geografico e politico tra il Canale della
Manica e l’Oceano Atlantico. Si trovano a quarantacinque chilometri di distanza
dalla costa della Cornovaglia e solo sei di esse sono abitate: St. Mary,
Tresco, St. Martin, Bhryer, St. Agnes e Gugh, raggiungendo (dati del 2014,
tratti da wikipedia) poco più di duemila abitanti. Le Scilly hanno un ruolo di
fondamentale importanza geopolitica perché chi le controlla, controlla in buona
sostanza il passaggio più diretto tra l’Oceano Atlantico e il Mar Baltico. Il
conflitto tra le Isole Scilly e i Paesi Bassi fa parte dell’ultima fase della
Seconda Guerra Civile inglese, conosciuta anche Rivoluzione Inglese, che vide
contrapposti le forze realiste, fedeli a Carlo I Stuart, ai parlamentaristi,
guidati da Oliver Cromwell.
Durante
la prima parte della guerra civile, durata complessivamente dal 1642 al 1651,
le Sette Province Unite avevano deciso di non prendere posizione tra le parti
in lotta perché per loro, che avevano ottenuto l’indipendenza dall’Impero
Spagnolo anche grazie all’appoggio inglese, l’amicizia di Londra era
geopoliticamente ed economicamente troppo importante. Fu soltanto dopo l’avvenuta
esecuzione di Carlo I, avvenuta il 30 gennaio 1649, e la conseguente
istituzione della Repubblica Unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda che gli
olandesi passarono dalla parte di Cromwell e dei parlamentaristi. La guerra non
era ancora finita perché anche se Carlo I era morto vi erano ancora i suoi
figli e numerosi monarchici che non si erano ancora arresi.
Uno
dei capisaldi monarchici, fedeli al nuovo sovrano Carlo II, furono proprio le
Scilly, sede di una base navale importante per il controllo dei traffici
commerciali nello Stretto della Manica, in rivolta contro Londra già dalla
cattura di Carlo I, nel 1648. Carlo II aveva scelto come governatore di questo
arcipelago John Granville, in sostituzione di Anthony Buller fedele, invece al
Parlamento. Con Granville, iniziarono gli attacchi alle navi commerciali e da
guerra delle Sette Province Unite, considerate giuste prede belliche a causa
del loro appoggio al nuovo governo repubblicano. Furono così tante le navi
affondate che gli olandesi inviarono alle Scilly l’ammiraglio Maarten
Harpertszoon Tromp per richiedere alle forze realiste di pagare i danni che
avevano loro provocato. La richiesta venne formulata il 30 marzo 1651, ma non
venne accettata da Carlo II.
Visto
che all’epoca quasi tutta l’Inghilterra era sotto controllo dei parlamentari,
la conseguente dichiarazione di guerra venne rivolta specificatamente alle
Scilly, in qualità di territorio monarchico. Prima che gli olandesi attuassero
i loro propositi di rivincita fu il parlamentarista Robert Blake che, nel
giugno 1651, conquistò le Scilly, ponendo così termine alla minaccia realista
alle navi e ai beni delle Province Unite. Lo stato di guerra tra olandesi e l’arcipelago
non fu concluso da nessuna delle due parti, quasi come se non fosse mai stato
formulato. Fu solamente nel 1986 che Roy Duncan, storico e rappresentante al
Parlamento Britannico delle Isole Scilly, riuscì a risolvere il lungo
conflitto.
Visto
che tutti sulle isole ritenevano che la cosa fosse soltanto una leggenda
popolare, Duncan decise di chiarire definitivamente la questione inviando una
richiesta di chiarimenti all’ambasciata olandese di Londra. Non solo l’ambasciata
confermò che la dichiarazione di guerra era realmente avvenuta, ma che,
tecnicamente, il conflitto non era ancora terminato. Duncan decise allora di invitare
l’ambasciatore olandese in Gran Bretagna, Rein Huydecoper, sull’isola più
grande delle Scilly, St. Mary, per firmare insieme il Trattato di Pace che
ponesse fine ufficialmente al conflitto ininterrottamente più lungo della
Storia.
La
Pace fu stipulata il 17 aprile 1986. Giuridicamente da alcuni storici, per
esempio Graeme Donald, è stata posta la questione se considerare formalmente
corretta la definizione di dichiarazione di guerra alle Isole Scilly, perché
all’epoca dei fatti come del resto oggi, questo arcipelago non era indipendente
e quindi non poteva e non può essere riconosciuto come Stato Indipendente a cui
dichiarare guerra.
Un
paradosso giuridico – Allora, poniamo una sorprendente ma
ovvia questione giuridica: si può considerare valido il trattato? Ma,
soprattutto, è formalmente corretta la ‘dichiarazione di guerra’ alle Isole
Scilly, se all’epoca dei fatti, come del resto oggi, l’arcipelago non era
indipendente e quindi non poteva e non può essere riconosciuto come Stato
Indipendente?
L’Autore
Dottorando all’Università
della Basilicata, napoletano, Alessandro Maria Raffone è un giovane,
promettente, storico: autore di svariati articoli e di una monografia, conta
numerose collaborazioni scientifiche e iniziative di divulgazione (anche sul
Web), di livello nazionale e internazionale. La serietà con le quali si applica
agli aspetti religiosi della Storia, e l’amore per la sua città, ci hanno
spinto a chiedergli per Spiritualità e Cultura un ‘pezzo’ sugli Ordini
Cavallereschi a Napoli: sappiamo che le convergenze di situazioni e intenti con
gli Ordini siciliani attrarranno l’interesse dei nostri lettori. La complessità
del tema e (al solito) la ristrettezza dello spazio imponevano però una
selezione: si è scelto il paradigma costituito dall’ Ordine dello Spirito Santo al Retto Desiderio, altamente
significativo per la vocazione penitenziale. Ma auspichiamo che, in futuro,
l’autore voglia proseguire con noi il suo discorso.
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