I TESORI DELLA CITTÀ DI MESSINA
‘U Pagghiaru, ‘U Cavadduzzu e L’Omu Sabbaggiu
di Lally Famà
U
Pagghiaru è,
principalmente, nella forma odierna, un albero della cuccagna, alto 4 metri,
piazzato su un palo alto 9 metri, nasce con l’aggiunta di rami di corbezzoli
che vengono messi attorno al tronco di acacia e che, successivamente, vengono
rivestiti con arance, limoni, mandarini e ciambelle di pane azzimo.
In cima viene collocata
una croce di due metri, che ne rappresenta il premio d’aggiudicare, anch’essa
addobbata con altre cibarie, quali salumi e salsiccia, oltre ad arance, appunto,
a forma di croce.
La sua origine risale all’XI secolo e fu introdotta dai padri basiliani che
portarono dall’Armenia l’uso di festeggiare la ricorrenza, nel giorno del
Battesimo del Signore, con riti solenni celebrati sotto un grande albero a
forma di capanna. Il giorno della festa dell’Epifania, il parroco del
villaggio di Bordonaro, dopo aver celebrato la Santa Messa, si avvia, seguito da una grande
folla di gente verso lo spiazzo dove è stato eretto U Pagghiaru.
Dopo la “scalata” al Pagghiaru, la tradizione centenaria
prevede la pantomima del “Cavadduzzu e l’Omu
sabbaggiu” che si effettua nel corso di alcune feste patronali e che è caratterizzato
da una serie di giochi pirotecnici che fanno da cornice alla scena che vede due
uomini, uno dentro un’intelaiatura di legno a forma equina e l’altro a
rappresentare un “uomo selvaggio”. I due combattono l’uno con l’altro e la
scena rappresenta l’antica lotta tra l’uomo e la natura.
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