Gremita la
chiesa della Sacra Famiglia, a Padova, per le esequie di Giovanni Schiavon, l’imprenditore
edile travolto non dai debiti, ma dai crediti per circa 200 mila euro, che non
gli hanno più consentito di portare avanti la sua azienda, in piena difficoltà
finanziaria. Con un colpo di pistola, nel suo ufficio, ha dato fine alla sua esistenza,
non avendo più la forza di proseguire in una vita angustiata da molteplici
difficoltà.
Una commozione
immensa, il solito caso di un imprenditore che in due righe, scritte su un
foglio alla famiglia, ha riassunto tutta la sua disperazione con un “Non ce la
faccio più”.
Abbandonato,
anche, dalle banche che, anzi, hanno “infierito” perché non hanno voluto
trovare, per il proprio cliente, una soluzione capace per non farlo giungere al
tracollo finanziario e, dunque, all’estremo atto.
“Vorrei trovare il coraggio per dire qualcosa,
ma ho il cuore, completamente, vuoto. Ciao Papi!” – così, ha esclamato in
chiesa la figlia Flavia, trafitta dal dolore, tra le lacrime.
Il parroco,
nell’omelia, ha sintetizzato, così, sulla disperazione dell’uomo che “ha trovato solo porte chiuse”.
“È il sistema che l’ha ammazzato – ha
detto carico di rabbia, all’uscita dalla chiesa, un imprenditore edile – siamo in un meccanismo che stritola e che
non funziona più. Bisogna mettere mano al patto di stabilità: io avanzo 120mila
euro da un’azienda che mi ha pagato con assegni protestati e 200mila euro da un
comune della provincia di Venezia che non so quando mi pagherà.
Come si fa ad andare avanti così?”.
è questo il 55°
suicidio in Italia per il medesimo motivo, anche, se in pochi, sino ad oggi, ne
hanno parlato e tanti altri imprenditori sono, già, quasi sull’orlo del
fallimento.
Sappiamo tutti
che non è il solito “sereno” Natale e.. mentre c’è, ancora, chi riesce a
mandare in onda immagini di italiani intenti a comprare gli ultimi regali prima
della “festa” per le vie ricche delle città, tanti lavoratori rimangono privi
del proprio lavoro e del proprio stipendio, perché vittime di licenziamenti.