TAORMINA
Le rappresentazioni classiche in scena a Siracusa
di Redazione
Nell’incontro organizzato nella sala
congressi dell’Hotel Excelsior Palace di Taormina dalla Unitre (Università
delle tre età) e di cui è stato relatore lo stesso direttore dei corsi della
Unitre, il prof. Rosario Calabrese, è stata proposta un’analisi delle
rappresentazioni classiche in scena a Siracusa intesa a fornire l’input per una
riflessione sulla società d’oggi. Infatti, il tema dominante dei “Sette contro
Tebe” di Eschilo e de “Le Fenicie” di Euripide è il terrore della guerra, soprattutto
quando è una guerra fratricida. Le fanciulle tebane del coro temono le
drammatiche conseguenze dell’assedio: uccisioni, stragi, stupri, riduzione in
schiavitù, pulizia etnica. Per non andare troppo lontano nel tempo basti
pensare ai dolorosi fatti della guerra civile nell’ex-Jugoslavia o ancora alla
recente tragica aggressione di Aleppo da parte dei guerriglieri dell’Isis.
Nella
tragedia eschilea, campeggia la figura di Eteocle che, pur consapevole dell’ingiustizia
che arreca al fratello Polinice, che avrebbe dovuto succedergli sul trono di
Tebe, tuttavia nella moderna antitesi tra “ragion di stato” e “privato
cittadino”, ben volentieri accetta di soccombere, come stabilito dal fato,
purché la sua città, Tebe, sia resa salva. Ne “Le Fenicie” di Euripide viene, invece,
esaltato il generoso umanissimo sforzo di Polinice per addivenire a un accordo
ed evitare un conflitto dai prevedibili drammatici esiti; ma per il fratello
Eteocle, alla maniera degli eroi shakespeariani Riccardo III e Macbeth, il potere
è tutto e “l’ingiustizia più bella è per ottenere un regno”.
Nelle
“Rane”, il prof. Calabrese evidenzia come Aristofane tenda a mettere a
confronto i due tragici Eschilo ed Euripide, conferendo la palma al primo, il
solo capace di dare “buoni consigli” alla polis.
Ma il vero protagonista della commedia è il background costituito dalla drammatica
situazione socio-politica di Atene, che Aristofane non riconosce più come “città-faro
dell’Ellade”, ma come città nel degrado, in cui al potere vanno gli arrivisti, che
badano solo al proprio tornaconto personale, mentre i pacifisti soccombono ai
guerrafondai, che hanno interesse a fomentare il conflitto con Sparta ad
oltranza per occultare i mali della polis
di cui sono divenuti governanti. Insomma, Atene è allo sfascio…! L’unica ancora
di salvezza per Aristofane è che il governo della città sia affidato ai
migliori, qui impersonati dal maratonomaco Eschilo, perché solo gli uomini di
cultura possono salvare una società in cui la crisi dei valori e la corruzione la
fanno da padroni. Ma il sogno aristofanesco (“the dream” di greca memoria) di
un’Atene che possa ritornare quella dei vecchi aurei tempi, si dissolve nella
risata nostalgica e amara della sua commedia.
|