MESSINA
Lo spettacolo “Polvere” alla Sala Laudamo
di Angela Saccà
È
in scena lo spettacolo “Polvere”, di Saverio La Ruina, autore e interprete insieme
all’attrice Cecilia Foti da martedì 21 febbraio fino a domenica 26 febbraio
alla Sala Laudamo di Messina, retrostante al Teatro Vittorio Emanuele. È stato
prodotto da “Scena Verticale” con il contributo del Comune di Castrovillari e
grazie pure al “White Dove” di Genova. Mi ha colpito, particolarmente, oltre
per la bravura degli attori, per l’originalità della trama e per la delicatezza
e profondità con cui viene trattato il tema della violenza di genere, nell’aspetto,
soprattutto, dell’abuso psicologico e del maltrattamento, oltre che l’aspetto
della violenza sessuale e la violenza domestica, subita nella sofferenza a
volte pure isterica della donna e nell’indifferenza dell’uomo (“Tanto facciamo
l’amore e passa tutto”. Tutto si dimentica poi, secondo il fidanzato).
Pure
il tema dell’amore viene affrontato dall’uomo come amore brusco, sbrigativo, ma
anche totalizzante, coercitivo, morboso, esclusivo, malato. Qualsiasi problema
deve essere discusso solo in coppia, la coppia è bastante a sé, pure quando la
compagna propone aiuto esterno, oltre che l’uomo solleva sempre problemi alla
donna sin dall’inizio della relazione sia per come si comporta con gli altri
fuori dalle mura domestiche sia per come si comporta in casa: pure lo spostare
una sedia o incontrare in strada per caso un amico del fratello scatena ira e
insulti dell’uomo contro la donna. La donna, invece, affronta il tema dell’amore
in chiave romantica, ideale, l’amore vero, puro, parla di alcuni ex che le
volevano bene e la trattavano con affetto.
Le
botte sono la parte più fisica del rapporto violento di coppia; l’uccisione
della donna la parte conclusiva. Ma c’è un prima, immateriale, impalpabile,
polvere evanescente che si solleva piano intorno alla donna, la circonda, l’avvolge,
ne mina le certezze, ne annienta la forza, il coraggio, spegne il sorriso e la
capacità di sognare. Una polvere opaca che confonde, fatta di parole che
umiliano e feriscono, di piccoli sgarbi, di riconoscimenti mancati, di affetto
sbrigativo, talvolta brusco da un’operatrice di un Centro antiviolenza.
Già
dall’inizio della loro relazione, qualsiasi racconto e confidenza della donna
rappresentata vengono messi in discussione dall’uomo. Pure storie di vita
delicate e piene di sofferenza della donna vengono affrontate dall’uomo con
poca sensibilità, anzi con superficialità, qualsiasi fatto viene frainteso dall’uomo
in senso negativo e la donna viene denigrata pesantemente e trattata senza
rispetto alcuno. Anzi, l’uomo attribuisce, persino, delle colpe alla donna per
alcuni fatti accaduti e contribuisce ad aumentare l’angoscia interiore della
donna.
L’“amore” dell’uomo per la donna è soffocante,
persecutorio, la donna si annulla in questa relazione, perde di vista le sue
amicizie, i suoi hobbies, deve cambiare il suo modo di vestire, di farsi le
sopracciglia, deve, persino, cambiare l’arredamento abituale di casa sua. Viene
denigrata dal fidanzato pure per le sue caratteristiche fisiche, modi di fare
ed abilità canore per esempio. La donna si auto convince pure che il suo
compagno ha ragione e si annulla per lui. Non può neppure contrariarlo, pena la
sua ira, anzi deve sempre accondiscenderlo per “amore”. La donna non è
consapevole che sta vivendo un amore “malato”.
In
realtà, l’uomo dovrebbe farsi curare per problemi psicologici, pure per
cambiare pregiudizi sulle donne acquisiti già dall’educazione e modus vivendi, e i rapporti di potere
della famiglia d’origine e dall’adolescenza coi compagni di scuola, oltre che
dall’aver frequentato, in precedenza, donne da più facili costumi e spinte
magari più grandi di lui e già fidanzate o sposate.
Adesso,
invece, sta vivendo un amore “malato” con una donna che non lo merita. È una
signora seria e riservata e gli ha insegnato cosa vuol dire un abbraccio o
amare, anche se nella relazione con lui ha perso di vista se stessa e ciò non è
giusto e salutare.
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