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 sabato 25 febbraio 2017

MESSINA

Lo spettacolo “Polvere” alla Sala Laudamo

di Angela Saccà


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È in scena lo spettacolo “Polvere”, di Saverio La Ruina, autore e interprete insieme all’attrice Cecilia Foti da martedì 21 febbraio fino a domenica 26 febbraio alla Sala Laudamo di Messina, retrostante al Teatro Vittorio Emanuele. È stato prodotto da “Scena Verticale” con il contributo del Comune di Castrovillari e grazie pure al “White Dove” di Genova. Mi ha colpito, particolarmente, oltre per la bravura degli attori, per l’originalità della trama e per la delicatezza e profondità con cui viene trattato il tema della violenza di genere, nell’aspetto, soprattutto, dell’abuso psicologico e del maltrattamento, oltre che l’aspetto della violenza sessuale e la violenza domestica, subita nella sofferenza a volte pure isterica della donna e nell’indifferenza dell’uomo (“Tanto facciamo l’amore e passa tutto”. Tutto si dimentica poi, secondo il fidanzato).

Pure il tema dell’amore viene affrontato dall’uomo come amore brusco, sbrigativo, ma anche totalizzante, coercitivo, morboso, esclusivo, malato. Qualsiasi problema deve essere discusso solo in coppia, la coppia è bastante a sé, pure quando la compagna propone aiuto esterno, oltre che l’uomo solleva sempre problemi alla donna sin dall’inizio della relazione sia per come si comporta con gli altri fuori dalle mura domestiche sia per come si comporta in casa: pure lo spostare una sedia o incontrare in strada per caso un amico del fratello scatena ira e insulti dell’uomo contro la donna. La donna, invece, affronta il tema dell’amore in chiave romantica, ideale, l’amore vero, puro, parla di alcuni ex che le volevano bene e la trattavano con affetto.

Le botte sono la parte più fisica del rapporto violento di coppia; l’uccisione della donna la parte conclusiva. Ma c’è un prima, immateriale, impalpabile, polvere evanescente che si solleva piano intorno alla donna, la circonda, l’avvolge, ne mina le certezze, ne annienta la forza, il coraggio, spegne il sorriso e la capacità di sognare. Una polvere opaca che confonde, fatta di parole che umiliano e feriscono, di piccoli sgarbi, di riconoscimenti mancati, di affetto sbrigativo, talvolta brusco da un’operatrice di un Centro antiviolenza.

Già dall’inizio della loro relazione, qualsiasi racconto e confidenza della donna rappresentata vengono messi in discussione dall’uomo. Pure storie di vita delicate e piene di sofferenza della donna vengono affrontate dall’uomo con poca sensibilità, anzi con superficialità, qualsiasi fatto viene frainteso dall’uomo in senso negativo e la donna viene denigrata pesantemente e trattata senza rispetto alcuno. Anzi, l’uomo attribuisce, persino, delle colpe alla donna per alcuni fatti accaduti e contribuisce ad aumentare l’angoscia interiore della donna.

L’“amore” dell’uomo per la donna è soffocante, persecutorio, la donna si annulla in questa relazione, perde di vista le sue amicizie, i suoi hobbies, deve cambiare il suo modo di vestire, di farsi le sopracciglia, deve, persino, cambiare l’arredamento abituale di casa sua. Viene denigrata dal fidanzato pure per le sue caratteristiche fisiche, modi di fare ed abilità canore per esempio. La donna si auto convince pure che il suo compagno ha ragione e si annulla per lui. Non può neppure contrariarlo, pena la sua ira, anzi deve sempre accondiscenderlo per “amore”. La donna non è consapevole che sta vivendo un amore “malato”.

In realtà, l’uomo dovrebbe farsi curare per problemi psicologici, pure per cambiare pregiudizi sulle donne acquisiti già dall’educazione e modus vivendi, e i rapporti di potere della famiglia d’origine e dall’adolescenza coi compagni di scuola, oltre che dall’aver frequentato, in precedenza, donne da più facili costumi e spinte magari più grandi di lui e già fidanzate o sposate.

Adesso, invece, sta vivendo un amore “malato” con una donna che non lo merita. È una signora seria e riservata e gli ha insegnato cosa vuol dire un abbraccio o amare, anche se nella relazione con lui ha perso di vista se stessa e ciò non è giusto e salutare.


 


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