RECENSIONE
In cammino verso noi stessi: sulla strada di Paulo Coelho
di Tiziana Santoro
 Il
“Cammino di Santiago” non è una
novità editoriale e Paulo Coelho non ha, certamente, bisogno di presentazioni,
tuttavia, se c’è un libro che merita un posto nelle nostre vite, oltre che sui
nostri scaffali, questo è proprio il capolavoro dello scrittore brasiliano. Il “Cammino di Santiago” è la guida che
tutti i viaggiatori dovrebbero consultare prima di affrontare il viaggio della
vita. L’equipaggiamento è presto pronto: “un
cappello per ripararsi dal sole e dai cattivi pensieri, un mantello per
preservarsi dalla pioggia e dalle cattive parole e il bastone per proteggersi
dai nemici e dalle cattive azioni”. Non serve altro, il cammino della
conoscenza è accessibile a tutti. Basta solo “rinascere di nuovo” e spogliarsi di ciò che appesantisce la nostra
vita, per accorgersi che – se osserviamo il mondo da un’altra prospettiva –
possiamo scorgere nuovi paesaggi. Il primo insegnamento da apprendere è che
dobbiamo essere più generosi verso di noi e che la paura, la mancanza di tempo,
la pace e la certezza, fanno da argine ai nostri sogni, perché sono pretesti
attraverso cui “neghiamo lo straordinario”
a noi stessi.
Il
viaggiatore dovrà essere disposto a compiere “il buon combattimento”: a lottare per realizzare i suoi desideri.
Il cammino sarà, allora, il pretesto per imparare a comunicare con il mondo
attraverso un nuovo codice e stabilire un equilibrio tra la parte illuminata e
quella oscura, che alberga dentro la natura umana. Gli unici linguaggi
necessari per giungere alla meta sono quello del cuore e quello della mente.
Solo, così, il viaggiatore riscoprirà: il cammino, la verità e la fede che
dimorano nel suo animo. Attraversando se stesso, il viaggiatore imparerà a
distinguere tra Eros, Philos e Agape. Quest’ultima, da sola, è la “manifestazione del grande amore”:
incarna la forma dell’entusiasmo e quando si dirige verso un’idea, conduce alla
vittoria finale. Dando significato alle nostre vite, Agape “scuote le stelle e muta il corso della
storia”, vince la morte e spinge l’uomo a compiere grandi imprese. Il
viaggiatore deve essere coraggioso, ma anche generoso: deve percepire l’importanza
dei viandanti che incontra, giacché “tutti
gli uomini sono un’immensa tela di cause ed effetti, dove ogni piccolo gesto
dell’uno si riflette nella vita dell’altro”.
Spesso
accade – durante il cammino – che come il corso dei fiumi, anche gli uomini
cambino i loro ideali e desiderino mutare la loro posizione. Per fare in modo
che Agape fiorisca, insiste lo scrittore, non bisogna avere paura di cambiare
la nostra vita. Infatti, l’obiettivo e “la
ricompensa”, benché bramati, non possono costituire una costante immutabile
né il fine del cammino, ma piuttosto il pretesto per interrogarsi su cosa farne
e su come impiegarli una volta ottenuti. La sola conquista possibile è “diventare maestri di se stessi” e “trasformare ciò che facciamo in ciò in cui
crediamo”. La pratica mistica del viaggiatore è un’esperienza accessibile a
chiunque: è come quando in sella ad una bicicletta si va (…), si cade e alla
fine si trova l’equilibrio perfetto, così, avviene il miracolo: la bicicletta
diventa “tu che vai”.
Il
“Cammino di Santiago” è il cammino
della vita: c’insegna sempre la maniera migliore per arrivare e ci arricchisce
mentre lo percorriamo. Tuttavia, il cammino di Santiago è quello che, più di
ogni altro, ci conduce verso noi stessi, verso la consapevolezza che “là dove sarà il nostro tesoro, si troverà il
nostro cuore”. Basterà seguire qualche accorgimento: saper ascoltare il
presente, comprendere che l’unico modo per prendere la decisione giusta è
sapere quale sia quella sbagliata e non temere mai la sconfitta, poiché, scrive
l’autore: “Colui che trebbia il grano,
deve farlo nella speranza di ricevere la parte che gli è dovuta”. Sulle
parole di Coelho viaggiate con fiducia “prudenti
come i serpenti e semplici come le colombe” convinti che “arriverete sempre al momento giusto nei
luoghi in cui siete attesi”.
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