mercoledì 16 novembre 2016
IL MESSINESE SHAKESPEARE
Se ne discute tra i siciliani in Irlanda: “Mizzica, Eccellenza”, “Civis messanaensis sum!”
di Enzo Farinella
Se
Shakespeare dovesse o potesse tornare, credo che si presenterebbe così al primo
banco della nostra dogana, venendo da una Nazione che ha creduto opportuno non
aprire i suoi confini al resto del mondo e che, adesso, soffre rimuginando il
suo Brexit. Crediamo e applaudiamo al gesto dell’amministrazione di Messina
che, l’8 agosto 2011, ha conferito la cittadinanza onoraria post mortem
a questo grande genio. Proprio, mentre si discuteva di Brexit tra giornalisti
europei AEJ a Kilkenny nella Repubblica d’Irlanda, giorni fa, sbirciando la
carta geografica sullo schermo e posando gli occhi su Stratford on Avon dall’altra
parte del Mar d’Irlanda, ci si chiedeva fino a che punto al grande Regno Unito,
impegnato a custodire con orgoglio e gelosia il suo essere di Nazione
imperiale, tanto da siglarlo con il suo clamoroso Brexit, piacerà sentire che
Shakespeare possa non essere britannico? Potrebbero gli inglesi ammettere che
il loro “superautore” non sia inglese doc? Potrebbero accettare di distaccarsi
da un simile genio?
Nel
400° Anniversario della scomparsa di William Shakespeare
(1564-1616), il più importante scrittore in lingua inglese ritenuto, generalmente,
come il più eminente drammaturgo della cultura occidentale, ancora le domande
suddette non hanno trovato risposte soddisfacenti. Il suo “Mizzica” della Commedia “Much ado about Nothing” (“Molto rumore per nulla”), ambientata
proprio a Messina, con personaggi messinesi e con espressioni, tipicamente,
siciliane rimane come un monumento siciliano e messinese, in particolare, che
nessuno, finora ha potuto abbattere. E poi, ci sono i suoi 37 drammi, di cui
ben 15 ambientati in Italia. Come spiegare i tanti titoli e nomi italiani: “Romeo e Giulietta”, “Otello, Due signori di Verona”, “Sogno di una Notte Di Mezza Estate”, “Il mercante di Venezia”, “Molto
rumore per nulla”, “La Bisbetica
Domata (padovana)”, “Misura per misura”, “Giulio Cesare”, “Il Racconto dell’Inverno – La Tempesta” (che inizia a Milano),
ecc.? Ci si chiede… come mai un cittadino di Stratford on Avon potesse avere, a
quei tempi, una tale conoscenza specifica di località italiane, di nomi propri
di persone e famiglie?
Il
programma TV-RAI2, “Voyager”, del 25
luglio scorso, ha discusso questo problema, affermando che Shakespeare sembra
proprio essere uno di noi, anche se tanti critici propendono per la sua
nazionalità inglese. Ci sono studiosi i quali sostengono che William
Shakespeare sia proprio Michelangelo Florio, nato a Messina il 23 aprile 1564 (stessa
data di nascita per il William di Stratford), da Giovanni Florio, medico, e Guglielmina
Crollalanza, nobile siciliana. Il prof. Martino Juvara da Ispica, nel 2002,
pubblicò un Volume intitolato “Shakespeare era italiano”, in cui
riprese varie tesi esposte nel tempo, arricchendole con alcuni particolari
inediti, frutto delle sue ricerche. In particolare, avrebbe chiarito il mistero
del nome “Shakespeare” che, secondo lo studioso ispicese, sarebbe la traduzione
in inglese di Guglielma Crollalanza: William Shake-speare (scrolla lancia).
Secondo
Martino Iuvara, docente di Letteratura Italiana all’Università di Palermo, la
chiave del mistero sta proprio nell’anno di nascita di Shakespeare. In quell’anno,
secondo le biografie ufficiali, William sarebbe nato a Stratford da John
Shakespeare e Mary Arden, stessa data di nascita di Michelangelo Florio
Crollalanza, figlio di Giovanni Florio e Guglielma Crollalanza, secondo quanto
sostiene Iuvara e anche studiosi dell’Università di Southampton. Causa le
credenze religiose del padre, un pastore calvinista in pericolo nella Sicilia
dominata dall’Inquisizione, Michelangelo, o Shakespeare, non più al sicuro,
venne prima mandato in Valtellina e poi a Milano, Padova, Verona, Faenza
Venezia e Treviso, dove comprò casa, chiamandola Otello: un’altra coincidenza
che la casa potesse avere il nome di una fra le più note sue tragedie.
Michelangelo studiò a Venezia, Padova e Mantova; poi, viaggiò molto in
Danimarca, Grecia, Spagna e Austria. Pare che, attraversando l’Europa, egli si
fosse innamorato di una giovane di nome Giulietta, relazione contrastata dai familiari,
che avrebbero portato la ragazza al suicidio.
Durante
questi viaggi, Michelangelo strinse anche amicizia con Giordano Bruno che
conosceva i conti di Pembroke e, sotto il loro patrocinio, nel 1588, il 24enne
Michelangelo raggiunse l’Inghilterra. A Stratford, la signora Crollalanza aveva
un cugino il cui figlio, di nome William, era morto prematuramente. Sembra che
Michelangelo abbia preso il nome proprio da questo cugino, ma potrebbe anche
aver semplicemente tradotto esattamente il nome e il cognome della madre. Nel
suo Saggio “Shakespeare era italiano”, Iuvara cerca di dare risposte anche ad
altre domande: come poteva il figlio di un guantaio – come la storia della
letteratura tramanda – possedere l’immensa cultura classica che Shakespeare
dimostra? Fra le storie da lui narrate e Stratford non ci sono legami e questo
ha fatto sospettare che, in realtà, le origini di William Shakespeare non siano
quelle che vengono riportate nei libri di letteratura. Non c’è nulla che unisca
la sua vita e le sue opere alla cittadina inglese di Stratford on Avon. E poi,
perché mai Shakespeare avrebbe dovuto farcire la sua Commedia “Much ado about
Nothing” con espressioni tipicamente siciliane tipo “mizzica”? Ci sono
troppi “mizzica” nelle opere di
Shakespeare che ci fanno affermare che è siciliano. Questa commedia richiama il
detto “Tantu trafico ppi nenti”,
scritta da Michelangelo Florio, nel 1579.
Inoltre,
Florio avrebbe scritto e pubblicato, nel 1583, il Volumetto “I secondi frutti”
che contiene molte citazioni e proverbi, presenti nell’“Amleto” di molti anni dopo. Poco più di 50 anni prima del Juvara,
la teoria dell’origine messinese di Shakespeare era stata riproposta nel 1950
dal prof. Enrico Besta dell’Università di Palermo. In precedenza, il 4 febbraio
1927 un giornalista romano, Santi Paladino, scrisse un articolo sul Giornale “L’Impero”,
dal titolo “Il grande tragico Shakespeare
sarebbe italiano”. Paladino affermava che Shakespeare era lo stesso Florio,
Michelangelo, figlio di Giovanni Florio e di Guglielmina Crollalanza, basandosi
sul ritrovamento del suddetto volumetto
del calvinista Michelangelo Florio. Su questa sua tesi pubblicò due Libri, nel 1929 e nel 1955: “Un italiano autore delle opere
shakespeariane”. Altre singolari circostanze. Nei registri scolastici di
Stratford non compare il nome di nessun William Shakespeare e neanche i
registri del club che Shakespeare frequentava lo menzionano, mentre invece, in
questi elenchi figura Michelangelo Florio. Non trovandosi documenti relativi
alla vita di Shakespeare, eccetto l’atto di battesimo, avvenuto il 26 aprile
1564 in cui si legge: “Gulielmus, filius Johannes Shakspere”, il periodo che va
dal 1585 al 1592 è definito dagli studiosi come lost years (“anni perduti”).
A
Stratford, Shakespeare ebbe, finalmente, modo di dedicarsi a scrivere per il
teatro e qui hanno inizio i suoi giorni di gloria. Da buon siciliano,
naturalmente, avrebbe mantenuto il suo accento che non tutti capivano. All’inizio,
non sempre riusciva ad esprimersi in un inglese corretto, ma con l’aiuto del
cugino letterato, che tradusse i suoi scritti dall’italiano all’inglese e della
moglie, sposata quando aveva 28 anni, superò le difficoltà iniziali. Poi, s’impadronì,
perfettamente, dell’inglese, coniando addirittura migliaia di nuovi vocaboli e
arricchendo in maniera straordinaria la propria produzione letteraria. La
precarietà dell’esistenza, il crollo dei potenti, la denuncia che la corruzione
e il potere dell’oro comportano, l’amore nelle sue varie forme, sono stati
scandagliati da Shakespeare nei suoi vari drammi non solo per far divertire la
gente, ma anche per insegnare qualcosa. In essi, viene evidenziata la dignità
suprema della persona umana come fondamento di una società più giusta e
solidale, per la quale vale la pena vivere e lavorare, per una migliore Unione
Europea che rimane il progetto politico più affascinante, più coraggioso e più
importante che si sia mai visto in questi ultimi secoli.
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