mercoledì 16 novembre 2016
RECENSIONE
Erri De Luca: “Vado sempre fuori tema”
di Tiziana Santoro
 Lo
scrittore Erri De Luca incontra il
suo pubblico presso la Libreria “Feltrinelli” di Firenze. L’occasione è la presentazione del romanzo “La
natura esposta”. L’autore non racconta la sua opera e sceglie, volutamente,
di “andare fuori tema” per sfiorare, con le sue argomentazioni, l’ispirazione
profonda della sua ultima fatica letteraria senza rivelare troppo. Erri De Luca
intrattiene il pubblico, parlando della differenza tra storia e racconto e del
rapporto che intercorre tra la vita e la scrittura. Ebbene – sottolinea lo
scrittore napoletano – la storia è più grande del racconto che è la forma.
Rivela ai presenti che, mentre procede all’attività di scrittura, racconta a se
stesso la storia svolta ed accaduta. Il gusto letterario è – per De Luca –
recuperare nella storia ciò che è andato perso. L’autore non cambia i connotati
alla storia, ma ingrandisce i particolari, recupera ciò che nella narrazione
andrebbe perso. La storia è per De Luca come una pozza d’acqua marina che si
deposita tra gli scogli, la cui acqua sale verso l’alto ed evapora. Proprio
quel residuo salino – precisa lo scrittore – è la scrittura. Questo approccio
consente allo scrittore di superare un sentimento d’inadeguatezza verso il
presente.
Le
storie di De Luca sono vita accaduta una seconda volta, con maggiore intensità.
Questa intensità – insiste De Luca – è tutta nel dettaglio osservato e
ingrandito. L’esempio a cui guarda è la Scrittura Sacra, di cui apprezza l’intensità
dei particolari. Per entrare nella storia e coglierne il significato profondo,
dobbiamo – sottolinea De Luca – orientare la nostra immaginazione. Egli guarda,
ancora una volta, dentro ai testi sacri e sottolinea che Giuseppe, ritratto
nell’iconografia come un anziano, piuttosto doveva essere giovane. Si deduce
perché Giuseppe “abbracciava l’inverosimile”, attraverso un coinvolgimento
emotivo: l’amore per Maria, accettava una verità intollerabile da sopportare.
Se guardiamo alla politica – prosegue l’autore – è preferibile la menzogna alla
verità, perché gli uomini hanno bisogno di rassicurazioni. L’autore fa notare
che stiamo assistendo al “suicidio delle democrazie”, le quali preferiscono
guardare indietro, piuttosto che accettare la verità. Non è un caso – precisa
De Luca – che chi afferma la verità, spesso è additato e condannato a morte.
Giuseppe – approfondisce De Luca – è come la terra che abbraccia la pianta e la
nutre. Giuseppe è un giovane del Sud che si reca al Nord, in Galilea, per
cercare lavoro e si assume la responsabilità di proteggere la famiglia che ha
scelto. Ripensando alla Bibbia, De Luca si sofferma a riflettere sulla formula “e
disse” e sull’efficacia della parola che “fa avvenire il mondo”. L’autore sottolinea
che l’annuncio della gravidanza di Maria è un annuncio fatto a voce e che sono
le parole la causa dell’effetto della creazione.
A
questo punto, lo scrittore si sofferma sul racconto della crocefissione, la
quale avveniva su corpi nudi per recare ai condannati maggiore umiliazione. Se
Michelangelo e Donatello scoprivano le nudità del Cristo, la Controriforma
aveva imposto di coprirle. Nel Romanzo “La
natura esposta”, uno scultore avrà il compito di restaurare la statua di
Gesù crocifisso, rimuovere il drappo e recuperare, attraverso la ritrovata
nudità, la dimensione del sacrificio originario. Così, l’artigiano accosta la
sua sofferenza a quella del figlio di Dio e riscopre in sé la compassione. In
questa storia – confessa con orgoglio partenopeo Erri De Luca – c’entra un po’
di Napoli. Il protagonista, infatti, si reca al Museo Archeologico della Città
campana per ammirare i capolavori dell’arte pre-cristiana. Lo scrittore ricorre
a questo pretesto per elogiare i filosofi presocratici, i quali usavano la
conoscenza per rassicurare gli uomini. A seguire, lo scrittore cita una
poetessa russa che, alla legge dell’attrazione celeste, ha contrapposto quella
dell’attrazione terrestre.
Newton,
infatti, si era interrogato sulla caduta della mela e non sulla forza che l’aveva
condotta sul ramo. Successivamente, De Luca si sofferma a confrontare la nostra
lingua, ricca di significati e sfumature, con quella ebraica, che utilizza un
unico suono e non presenta sinonimi; egli avverte contro “l’abuso delle libertà”
nelle traduzioni. Ne è un esempio l’espressione “tu donna partorirai con dolore”, la quale non sottintende
colpevolezza, né subordinazione della donna, giacché la traduzione corretta e
corrispondente è “fatica” o “sforzo”. La storia narrata nel romanzo è la variante rispettosa di una
storia della tradizione popolare che narra la commissione fatta da un re ad un
umile sarto. Il re, visto il suo lavoro, gli intima di fare di meglio se vuole
avere salva la vita. Un amico del sarto, un vecchio saggio, gli consiglia di
scucire l’abito e di ricucirlo come prima. Infine, il re lo loda per il suo
lavoro. Stranito, l’artigiano chiede spiegazioni al vecchio saggio. Questi
risponde che la prima volta aveva cucito con orgoglio e la seconda con il
tremito. Allo stesso modo, lo scultore, protagonista del romanzo di De Luca, aveva portato a termine il suo compito.
Sottolinea lo scrittore che oggi guardiamo più ai risultati e alle
gratificazioni personali, invece, conta più “il come”, perché è esso che
nobilita il fine. De Luca conclude asserendo che sentirsi inadeguati è l’unico
modo per portare un compito a termine e con successo.
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