MESSINA
Le Cinque giornate di Messina: un itinerario per ricordare
di Tiziana Santoro
L’Associazione
“Sicilia ai siciliani”, il prossimo 7 settembre alle ore 17.00, propone un
iter-guidato che da Cristo Re si snoderà attraverso più tappe per ricordare
l’impresa delle “5 Giornate di Messina”. Il percorso si concluderà con la
Cerimonia di commemorazione al Pozzo dei “Camiciotti”. Gli interessati potranno
rivivere – attraverso il racconto di esperti, storici e appassionati – le
imprese dei rivoluzionari messinesi che, il 7 settembre del 1848, dopo 9 mesi
di eroica resistenza, capitolarono stremati dai bombardamenti borbonici.
L’Evento di portata storica è troppo spesso ignorato dai manuali di storia
nazionale che, più volentieri, ascrivono alle pagine del Risorgimento italiano
le Cinque giornate di Milano, giacché il moto rivoluzionario messinese è,
maggiormente, riconducibile alla storia dell’indipendentismo siciliano e ad una
politica di autogoverno.
La “Rivolta di Messina”, maturata in seguito allo
sfruttamento delle risorse, in un contesto d’insofferenza verso il severo
governo borbonico, raggiunse il culmine nelle cinque giornate che si
protrassero dal 3 al 7 settembre del 1848. Il popolo insorto, con pochi mezzi,
aveva attirato coaguli di forze spontanee; persino donne e ragazzi estranei
all’arte della guerra erano intervenuti e, con impeto, avevano limitato le
forze borboniche nella roccaforte della Cittadella. Questo primo successo era
frutto dell’iniziativa del comitato di pubblica sicurezza dei patrioti che, in
collaborazione con l’amministrazione della Città, aveva costituito un esercito
via via più organizzato. I messinesi rifiutarono, stoicamente, la proposta di
tregua dei soldati borbonici che, con forza, avevano fatto irruzione nel
Monastero femminile di Santa Chiara, rinunciarono ai vantaggi proposti dai
nemici e preferirono lottare ad oltranza per liberare l’intera Sicilia dal
malgoverno borbonico. Il re Ferdinando II, deposto il generale Cardamona, era
determinato ad umiliare Messina. I rivoluzionari, tra cui Francesco Munafò,
Antonio Lanzetta e Rosa Donato, costrinsero l’esercito borbonico nei Forti. Una
volta asservita la Calabria, re Ferdinando II inviò nella Città dello Stretto
un contingente di 24.000 soldati, guidati dal comandante-principe Satriano e
dal tenente generale Carlo Filangeri.
Le forze nemiche disponevano di 450
cannoni e dell’apporto dei mercenari svizzeri a fronte di un esercito formato
da 6.000 unità. Per cinque giorni, incessantemente, la città di Messina fu
bombardata per mare e per terra dall’esercito borbonico, ma non accennava alla
resa. I rivoltosi si riappropriarono dei villaggi di Gazzi, Contesse, Borgo San
Clemente e relegarono i borboni dietro Fiumara Zaera. La controffensiva delle
truppe regie, il 7 settembre successivo, fu impietosa: persino l’ospizio di
Collereale, il Convento della Maddalena e l’Ospedale furono presi d’assalto,
molti quartieri distrutti. Nel cuore dei messinesi rimarrà indelebile la
resistenza eroica dei Camiciotti: giovani del 10° battaglione. I rivoluzionari,
avvolti nei loro camicioni blu, con indosso i calzoni grigi e le mostrine
rosse, fieri della coccarda tricolore che adornava il loro copricapo, si
trovarono accerchiati dall’esercito borbonico all’interno del Monastero dei
Benedettini.
I Camiciotti, stretti nel cortile di Santa Maria Maddalena,
scelsero di gettarsi nel pozzo, piuttosto che cedere le armi ai nemici. È,
proprio, qui che si concluderà il salto nel passato, presso i ruderi del pozzo,
oggi custoditi nel cortile della Casa dello Studente, dove una corona d’alloro
renderà omaggio agli eroi: Antonino Bagnato, Carmelo Bombara, Giuseppe
Piamonte, Diego Mauceli, Nicola Ruggeri, Pasquale Danisi, Giovanni Sallima e ai
loro compagni rivoluzionari. Mentre la città bruciava e interi quartieri
crollavano, per altre 8 ore le truppe di Filangeri bombardarono la città
indifesa. Il console inglese Barker, insieme ai consoli di Grecia e Baviera,
denunciò la crudeltà dei soldati borbonici che oltraggiarono le donne e i
vecchi, facendo razzia di ogni bene.
Le forze navali di Francia e Inghilterra,
non riuscendo più ad offrire riparo al popolo, invano chiedevano a Filangeri
una tregua per la popolazione. Un articolo del “Times”, del 13 ottobre del
1848, ritraeva la Città distrutta: il Palazzo del Comune, il Monastero della
Maddalena, il Santuario di Montalto, la Chiesa dei Benedettini e buona parte
degli archivi e del patrimonio architettonico locale erano stati rasi al suolo
per volontà di “Re bomba”. Tutti coloro che vogliono rivivere l’epopea del
“Risorgimento isolano” possono contattare l’Associazione “Sicilia ai
siciliani”.
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