RECENSIONE
Solo bagaglio a mano: l’elogio dell’essenziale di Gabriele Romagnoli
di Tiziana Santoro
Giornalista e
scrittore, Gabriele Romagnoli rimane impressionato da un articolo letto sul
“Financial Times”. Stando alle testimonianze, la Corea del Sud vantava un
numero spropositato di suicidi, tanto che alcune aziende, come la “Samsung” e
“Allianz”, avevano pensato di offrire ai loro dipendenti un “giorno da morti”,
chiusi in una bara, per scoraggiare gesti estremi e indurli a rivalutare la
vita. Romagnoli atterra in Corea e decide di fare anche lui la “bizzarra”
esperienza. Così, nasce “Solo bagaglio a mano”: “un piccolo manuale di
resistenza umana”, “il prologo alla creazione di una nuova specie: più leggera,
mobile, che sfugge a ogni schema”, “che rivoluziona. Una generazione capace di
scegliere sempre la libertà, di consumare solo il necessario”. Quello
affrontato da Romagnoli, steso in una bara di legno, è un percorso di
riflessione che guarda alla vita più che alla morte, un allenamento, una
preparazione e un antidoto alle separazioni, ai cambiamenti, alle idee
preconfezionate, ai luoghi comuni, agli insuccessi. Un inno alla vita, ma anche
un nuovo cannocchiale attraverso cui mettere a fuoco solo ciò che conta,
realmente. Quella di Romagnoli è una scrittura razionale, lucida e puntuale,
che si destreggia entro la metafora della vita/viaggio con tutte le sue
complessità.
Lo scrittore è immerso nelle problematiche sociali del suo tempo,
nella sensibilità di chi vive e si destreggia con le aspettative, le ambizioni
personali, la superficialità delle relazioni, la rigida gestione dell’essere
entro i limiti del tempo e dello spazio. La grande valigia, diventa, così,
metafora di tutto ciò che nella vita di ognuno è “fuori misura”. Nel corso del
racconto, Romagnoli esorta al rispetto di poche e semplici regole, necessarie
per vivere in libertà. Il bagaglio a mano – sostiene l’autore – rivela il superfluo,
contiene ciò che, realmente, vogliamo e che ci occorre. Il bagaglio deve essere
“leggero, maneggevole, veloce”. L’interno del bagaglio, funzionale e ricco di
scomparti per reperire, rapidamente, ciò che ci occorre e di zip per preservare
ciò a cui teniamo. “Nel bagaglio a mano” di Romagnoli non c’è posto per le
illusioni, per le aspettative, per i sensi di colpa, per le ambizioni
verticali, per i ricordi e il senso di possesso. La parola d’ordine è
“disfarsi” e nutrire la consapevolezza di aver avuto abbastanza: “Se hai avuto
abbastanza, prenditi la vita e portala a spasso, per mano, con tutto l’amore
che resta”. Insomma, un Libro che è un vero e proprio elogio alla vita e un
prontuario di consigli utili e di esortazioni: “Impara a vivere come una farfalla:
non scava terre, non arreda nidi, non ha casa. È libera e leggera. È libera,
perché è leggera”.
Prosegue Romagnoli, “Realizzare la sineddoche di se stessi è
un obiettivo virtuoso. Significa tendere ad uno, autoridursi nello spazio,
concedersi meno tempo: essere, non ingombrante”. Ma soprattutto, occorre
rendersi “bersagli mobili”, senza incancrenire la propria esistenza, non
limitarla al tempo, allo spazio, perché muoversi significa ampliare la propria
visione, lasciare che le certezze crollino, perché le cose umane (anche le
parole e le emozioni) sono relative, mutano in base ai tempi e alle latitudini.
Trovano spazio, nel Racconto di Romagnoli, i limiti della nostra società che ha
finito per confondere “gli amici” con “i contatti” e allevare generazioni di
disoccupati disposti a barattare “affetti, stimoli, fiducia e libertà” con
l’eredità accumulata dai genitori per loro. Tra le avvertenze da tenere in
conto vi è quella di “vivere una vita per volta”, operando scelte ad ogni
bivio, preferendo allo psicanalista che lavora sui traumi “uno speleologo di
felicità sepolte”. Tuttavia, se accumulare – in un ottantennio – appena 46 ore
di felicità e 228 per l’igiene personale ci sembra poca cosa, ammonisce
Romagnoli: “pensiamo anche a come regalare a qualcuno 47 ore di felicità”,
dedicandoci un po’ alle persone che amiamo. In un Racconto che non lascia
spazio alle certezze, l’unica certezza è che “si sposa la vita in ricchezza e
in povertà” e che “siamo sempre pronti per rinascere”.
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