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 venerdì 26 agosto 2016

CAPO D’ORLANDO

Nelle pagine di Sergio Palumbo, vecchi e nuovi miti dello Stretto

di Tiziana Santoro


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Si è appena concluso, con successo, l’Incontro con lo scrittore, saggista e giornalista Sergio Palumbo, nella nitida cornice di Villa Piccolo di Capo D’Orlando. Estimatori e curiosi hanno avuto libero accesso al confronto letterario promosso dalla Fondazione “Famiglia Piccolo di Calanovella”. Per l’Occasione il giornalista Alberto Samonà ha intervistato l’illustre collega, il quale ha presentato al pubblico le sue ultime fatiche letterarie: “D’Arrigo, Guttuso e i miti dello Stretto” (2016) e “Tre regni, tre racconti” (2015), Ed. Le Farfalle. Nella prima Opera, Palumbo svela, attraverso carteggi di D’Arrigo e Guttuso risalenti al 1949, il comune intento da parte degli artisti di reinterpretare i miti classici e le leggende popolari dello Stretto, secondo un’ottica neorealista. L’impegno comune, sostiene Palumbo, muove dalla volontà di riscattare gli umili lavoratori del Sud-Italia, eroi moderni dell’età post-fascista. Ad avvicinare D’Arrigo e Guttuso, è stata, sicuramente, l’influenza morale di Vittorini e l’ideale dell’intellettuale impegnato, posto a servizio della società.

Il giornalista messinese sostiene che Stefano D’Arrigo ha iniziato a scrivere il celebre romanzo “Horcynus Orca” proprio nel 1949, quando si trovava nei pressi dello Stretto di Messina e teorizzava insieme a Guttuso un progetto, che sintetizzasse letteratura e pittura in un rinnovato “realismo sociale”. Proprio tra il 1949 e il 1950 – sottolinea Palumbo – Guttuso, a Scilla, ritraeva battute di caccia al pescespada e la fatica dei pescatori a lavoro. Diversa è l’ispirazione dell’Opera “Tre regni, tre racconti”, in cui l’autore guarda alla realtà, al dettaglio con piglio realistico, ma lascia che le vicende sfumino nella fiaba, nel sogno e nella leggenda. Al centro di tutto, è ancora la Sicilia, una Sicilia che si dissolve nel mito e che vive attraverso descrizioni particolareggiate e riportate con una scrittura nitida, che tiene il lettore, continuamente, sospeso tra sogno e realtà. Ne “Il segreto del raggio verde”, il protagonista è il barone Casimiro Piccolo di Calanovella, una figura onirica, che dipinge con “acquerelli magici” personaggi surreali. In “Visione al castagno dei cento cavalli”, si snoda una leggenda medievale che vede una bella regina, prigioniera sotto le falde dell’Etna.

Rivive, in “La sirena dalla coda rossa”, una fanciulla vittima di un sortilegio e costretta a vagare inquieta tra le sponde delle isole Eolie. Il tempo e lo spazio della narrazione sono, spesso, quelli dell’irrealtà, ma affiora qua e là il legame del giornalista e scrittore con la sua Isola. Del legame di Palumbo con la Sicilia si scorgono descrizioni puntuali, squarci di paesaggi insiti nell’esperienza e nella memoria dello scrittore. Vagano sospese, in una dimensione di sogno, figure femminili che affiorano dai ricordi dell’autore, ritratti, appena accennati, che appartengono ad una realtà intima e personale, a cui Palumbo accenna con pudore, senza svelarne il vissuto.


 


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