CAPO D’ORLANDO
Nelle pagine di Sergio Palumbo, vecchi e nuovi miti dello Stretto
di Tiziana Santoro
Si è appena concluso,
con successo, l’Incontro con lo scrittore, saggista e giornalista Sergio
Palumbo, nella nitida cornice di Villa Piccolo di Capo D’Orlando. Estimatori e
curiosi hanno avuto libero accesso al confronto letterario promosso dalla
Fondazione “Famiglia Piccolo di Calanovella”. Per l’Occasione il giornalista
Alberto Samonà ha intervistato l’illustre collega, il quale ha presentato al
pubblico le sue ultime fatiche letterarie: “D’Arrigo, Guttuso e i miti dello
Stretto” (2016) e “Tre regni, tre racconti” (2015), Ed. Le Farfalle. Nella
prima Opera, Palumbo svela, attraverso carteggi di D’Arrigo e Guttuso risalenti
al 1949, il comune intento da parte degli artisti di reinterpretare i miti
classici e le leggende popolari dello Stretto, secondo un’ottica neorealista. L’impegno
comune, sostiene Palumbo, muove dalla volontà di riscattare gli umili
lavoratori del Sud-Italia, eroi moderni dell’età post-fascista. Ad avvicinare
D’Arrigo e Guttuso, è stata, sicuramente, l’influenza morale di Vittorini e
l’ideale dell’intellettuale impegnato, posto a servizio della società.
Il
giornalista messinese sostiene che Stefano D’Arrigo ha iniziato a scrivere il
celebre romanzo “Horcynus Orca” proprio nel 1949, quando si trovava nei pressi
dello Stretto di Messina e teorizzava insieme a Guttuso un progetto, che
sintetizzasse letteratura e pittura in un rinnovato “realismo sociale”. Proprio
tra il 1949 e il 1950 – sottolinea Palumbo – Guttuso, a Scilla, ritraeva
battute di caccia al pescespada e la fatica dei pescatori a lavoro. Diversa è
l’ispirazione dell’Opera “Tre regni, tre racconti”, in cui l’autore guarda alla
realtà, al dettaglio con piglio realistico, ma lascia che le vicende sfumino
nella fiaba, nel sogno e nella leggenda. Al centro di tutto, è ancora la
Sicilia, una Sicilia che si dissolve nel mito e che vive attraverso descrizioni
particolareggiate e riportate con una scrittura nitida, che tiene il lettore,
continuamente, sospeso tra sogno e realtà. Ne “Il segreto del raggio verde”, il
protagonista è il barone Casimiro Piccolo di Calanovella, una figura onirica,
che dipinge con “acquerelli magici” personaggi surreali. In “Visione al
castagno dei cento cavalli”, si snoda una leggenda medievale che vede una bella
regina, prigioniera sotto le falde dell’Etna.
Rivive, in “La sirena dalla coda
rossa”, una fanciulla vittima di un sortilegio e costretta a vagare inquieta
tra le sponde delle isole Eolie. Il tempo e lo spazio della narrazione sono,
spesso, quelli dell’irrealtà, ma affiora qua e là il legame del giornalista e
scrittore con la sua Isola. Del legame di Palumbo con la Sicilia si scorgono
descrizioni puntuali, squarci di paesaggi insiti nell’esperienza e nella
memoria dello scrittore. Vagano sospese, in una dimensione di sogno, figure
femminili che affiorano dai ricordi dell’autore, ritratti, appena accennati,
che appartengono ad una realtà intima e personale, a cui Palumbo accenna con
pudore, senza svelarne il vissuto.
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