CASTROREALE
“U Signuri Longu” in processione
di Paolo Faranda
Tra le tante feste
religiose, che si svolgono durante l’anno in Sicilia, merita di essere
ricordata quella che si svolge a Castroreale, cittadina della provincia di
Messina, durante la “Settimana Santa” (mercoledì e venerdì) e nel mese di
agosto, il 23 e il 25 di ogni anno. La Festa, unica al mondo nel suo genere,
richiama un elevato numero di fedeli e amanti delle tradizioni locali, creando
non poche difficoltà logistiche alla gestione dell’Evento. Il miracoloso
simulacro del Santissimo Crocefisso, a grandezza naturale, è di cartapesta, è
opera di un anonimo plastificatore siciliano del XVII secolo ed è custodito e
venerato nella Chiesa di Sant’Agata, situata nel centro storico del Paese, una
delle tante chiese, tutte meritevoli di essere visitate sia per i sontuosi
altari, sia per le opere d’arte in esse esistenti. Ad esso, è attribuita la
miracolosa liberazione della Città dal colera del 1854.
La Chiesa di Sant’Agata
conserva, tra altre opere degne di rilievo, l’importante “Trittico marmoreo
dell’Annunciazione” (1519) dello scultore Antonello Gagini, maestro, assieme ai
fratelli, della scultura statuaria e architettura del Rinascimento siciliano. Il Crocefisso, montato su un palo di cipresso
lungo circa 13 metri, viene inalberato e messo a piombo mediante una laboriosa
operazione su un pesante fercolo ed è portato in processione il pomeriggio del
23 agosto di ogni anno lungo le strette vie del centro storico nella Chiesa
Madre, all’interno della quale rimane esposto alla venerazione dei fedeli fino
al pomeriggio del giorno 25, quando viene restituito, sempre processionalmente,
alla Chiesa di Sant’Agata. L’attrazione maggiore della Festa è l’emozionante
trasporto della Vara, che tiene, per tutta la sua durata, col fiato sospeso i
presenti che da ogni parte accorrono ad assistervi. La Manifestazione religiosa
è accompagnata da luminarie, concerti bandistici, spettacoli folkloristici,
gare sportive e fuochi artificiali. Ma l’emozione più grande si prova
nell’osservare, attentamente, il simulacro, in modo particolare il volto di
Gesù crocefisso, sofferente e morto per riscattare tutti noi dal peccato
originale.
La sua vista e il contatto delle mani dei fedeli con il Simulacro di
Cristo suscitano sentimenti di profonda compartecipazione alle sofferenze di un
Uomo che ha sacrificato la propria vita per il bene dell’umanità. Solo
assistendo a questo rito è possibile comprendere i sentimenti che alla sua
vista si provano. Spesso molti fedeli si asciugano le lacrime che,
improvvisamente, solcano il loro volto. L’emozione è generale, tant’è che, a
differenza di altre feste religiose, questa si svolge in un religioso silenzio,
perché coinvolge tutti; tutti sentono la necessità di un, seppur breve, esame
di coscienza che, alla fine, suggerisce quel sentimento di amore universale che
deve accomunare gli uomini nel corso della loro esistenza terrena. È una Festa
che ricorda la passione e morte di Gesù, ma è anche la Festa dell’uomo che Dio
creò a sua immagine e somiglianza. Il Crocefisso è portato in Processione anche
durante le funzioni della “Settimana santa”, nei pomeriggi del mercoledì e del
venerdì di ogni anno. Ma perché i fedeli del luogo lo chiamano “U Signuri
Longu”? Il perché è presto detto.
Tutte le volte che il Crocifisso viene
portato in processione, viene issato su di un palo ligneo di cipresso lungo 13
metri, assicurato mediante un pesante canapo e inalberato attraverso un
complicato meccanismo di pertiche lignee su di una Vara di legno molto pesante
(circa tre quintali). La Vara, nel suo complesso, ha un peso di circa 950 kg.
ed è portata a spalla da 16 uomini. A manovrare le forcine delle pertiche, ci
sono degli esperti “maestri di forcina” che permettono al simulacro di muoversi
bene tra le strette strade dell’antico Paese che, spesso, sono in discesa.
Secondo un’antica tradizione, i portatori erano quasi tutti contadini, i
forcinari artigiani del legno o assimilati. Durante la Processione, la Croce
sembra muoversi, lentamente, sui tetti delle case. Un plauso va, naturalmente,
agli abili esperti che, con grande devozione, compiono le delicate manovre.
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