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 giovedì 18 agosto 2016

RECENSIONE

Il Gabbiano di Richard Bach

di Alfonso Saya


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Teresa Mammana, nota letterata messinese, è riuscita, senza essere in possesso della lingua spagnola e con l’ausilio di un vocabolario, a tradurre nella nostra lingua un Capolavoro della letteratura contemporanea che porta il titolo de “Il Gabbiano di Richard Bach”. È riuscita nell’intento raggiungendo, così, l’obiettivo che si era prefissa. Ed ha esultato come il gabbiano al suo primo volo. Ha tradotto una favola bellissima che contiene un messaggio forte e chiaro, un messaggio evangelico: “Non si vive di solo pane!”. Il Romanzo, difatti, sottolinea ciò che conta davvero nella vita. Il “volo del gabbiano” non è altro che una metafora, il distacco, cioè, dalla dimensione orizzontale, dal mondo terreno, per abbracciare la dimensione verticale della vita, intesa nella sua vera e propria accezione, come cammino di perfezione, come un tirocinio per imparare a volare, superando i limiti, i condizionamenti, attraverso l’abnegazione ed il sacrificio, poiché senza lotta continua e incessante non si raggiunge la meta, non s’impara a volare, non si può gustare “l’ebbrezza del volo”, non si può scoprire la bellezza di librarsi nel cielo…; si vivacchia, si sopravvive.

La trama di questo capolavoro della letteratura contemporanea, difatti, narra la vicenda di un gabbiano di nome Jonathan (Giovanni), completamente, diverso da tutti gli altri uccelli che vivono con lui, non si cura solo di procurarsi il cibo per sopravvivere, ma ha la passione del volo e si allena, costantemente, per diventare sempre più perfetto e per questo motivo è escluso dagli altri ed è costretto a vivere “nelle scogliere solitarie”. Vi è l’analogia con il “Brutto anatroccolo” che diventa “cigno”, raggiunge cioè la perfezione. In questa bellissima favola, si cela, dicevo, il profondo significato della vita che è una continua ricerca della libertà che non è fuori, agostinianamente, ma dentro di noi (“Noli fore exire in te ipsum redi, in interiore homine abitat veritas”). Appunto, si dice che ciascuno di noi ha un “gabbiano nascosto”, è, alla ricerca continua, ripeto, della libertà che risiede nella verità, “nel Figlio del Gran Gabbiano”, cioè nel Figlio di Dio, in Gesù Cristo (“Io sono la Verità che vi renderà liberi!”).

L’uomo è inquieto, non sa adagiarsi nel vuoto, nella banalità, nel qualunquismo dilagante, nella noia esistenziale che attanaglia e tarpa le ali e vuole spiccare il volo come il gabbiano che si sente diverso dal branco, scopre la bellezza di librarsi nel cielo a differenza dei suoi compagni ai quali interessa solo poter volare per procurarsi il cibo e vivacchiare. È un libro bellissimo, profondo… . È un inno a non mollare mai, a credere sempre, nei valori della vita, capaci di far volare quel gabbiano che è celato nel nostro cuore.


 


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