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 sabato 20 settembre 2014

VITTIMA DELLA MAFIA

24° Anniversario dell'uccisione di Rosario Livatino – Giudice “Ragazzino”

di Rosario Lo Faro


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Tra le tantissime vittime della mafia che, già, nei primi del Novecento, soccombevano sotto i colpi di criminali senza scrupoli, è doveroso ricordare il giudice Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990, mentre si recava al tribunale di Agrigento, proveniente da Canicattì, dove vi nacque il 3 ottobre del 1952. Laureatosi col massimo dei voti e lode in giurisprudenza, all’età di 22 anni entrò in magistratura e, grazie alla sua determinazione e coraggio, si impegnò, attivamente, in inchieste sulla mafia dell’agrigentino, di Porto Empedocle e di Palma di Montechiaro.

Il “giudice ragazzino”, così fu denominato per la sua giovanissima età, venne trucidato dagli ‘stiddari’, uomini appartenenti ad un’organizzazione mafiosa e il cui nome veniva affidato a coloro i quali, appunto, “dormivano sotto le stelle”. Gli esecutori dell’omicidio furono condannati all’ergastolo. I loro nomi, Paolo Amico, Domenico Pace, Giovanni Avarello e Gaetano Puzzangaro, vennero individuati grazie al super testimone Pietro Ivano Nava, di Sesto San Giovanni, che vide la disperata fuga a piedi del giudice nella campagna dove uno dei sicari lo raggiunse sparandogli, ancora, per finirlo. Il 16 ottobre 2001 la Cassazione confermò la condanna all’ergastolo per Salvatore Gallea e Salvatore Calafato accusati di essere i mandanti dell’omicidio.

Un processo canonico, istituito dalla curia di Agrigento, è, ancora, in atto e lo stesso Papa Giovanni Paolo II lo definì martire della giustizia e, indirettamente, della fede. Grande onore a questi italiani che hanno creduto ad una giustizia vera e patriottica, consapevoli di condurre battaglie verso un sistema che, certamente, li avrebbe condotti alla morte. La cosa certa è che il loro credo ha lasciato un segno indelebile alla lotta per la libertà sociale dell’individuo.


 


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